Perché sorprendersi della conversazione di Silvio Berlusconi con Barack Obama durante il vertice francese del G8. Il premier italiano non aveva scelta, anzi era terribilmente in ritardo. Al suo posto, avrei fatto lo stesso. A chi titola che “Berlusconi al G8 denigra l’Italia” e getta “fango sul paese”, chiediamo: i sette leader seduti con Berlusconi attorno al tavolo del summit, che idea avevano del premier italiano?
Grazie a Wikileaks, abbiamo letto i dispacci diplomatici americani, mentre agli altri leader sarebbe bastato dare un’occhiata al New York Times, al Guardian, Le Monde, Der Spiegel per sapere di Ruby, dei bunga bunga, fino a tutti gli altri processi dove il premier é imputato per reati gravissimi. Per non parlare di altri processi, in cui il suo braccio destro in affari e politica, il senatore Marcello Dell’Utri, é stato condannato nei primi gradi di giudizio per questioni di mafia…
Che cosa restava da fare a Berlusconi? Al suo posto, chiunque si sarebbe alzato puntando subito verso il piú potente della tavola rotonda, e facendo un segnale ai fotografi e alle telecamere, avrebbe parlato affinché tutti sentissero: in Italia c’é quasi una dittatura, con magistrati di sinistra etc etc .
Questo non per “imbarazzare” il paese, ma per “difendere l’onore” dell’Italia. Infatti, se ci pensate, in questo momento le opzioni sono due: o la penisola é governata da un crook che ha rapporti con ragazze minorenni mentre é probabilmente “tenuto per le palle” dalla mafia, oppure il governo italiano é ostaggio di una manciata di pm estremisti che da anni vogliono far fuori colui che gli italiani democraticamente si scelgono, per instaurare un regime controllato dai giudici.
Se il premier italiano fosse rimasto zitto e isolato nei suoi interlocutori la prima idea si sarebbe rafforzata: “Povera Italia, é rappresentata da un uomo da cui é meglio stare alla larga, farsi fotografare con lui puó essere pericoloso…”. Invece, lanciandosi verso un allibito Obama, costringendolo a farsi ascoltare, anche se per due minuti davanti alle telecamere, dicendo non piú con il solito sorriso ma con uno sguardo afflitto e da perseguitato, che la magistratura italiana é un pericolo, Berlusconi raggiungeva il suo obiettivo: se non convinco il mondo, almeno avró fatto vedere al mio popolo che ho difeso l’onore dell’Italia spiegando agli altri sette grandi perché riformeró la giustizia etc etc.
La supposta “gaffe” di Berlusconi in realtá era come sempre una mossa ben studiata a cui dare la massima esposizione.
Non sappiamo cosa abbia replicato Obama a Berlusconi. Forse non ha avuto il tempo di dire nulla, ma lo prossima volta che il Presidente USA lo incontrerá, potrebbe ricordare come proprio in questi giorni, a Washington, giudici della Corte Suprema come Anthony Scalia e Samuel Alito, insieme ad alti funzionari dell’FBI, accompagnati dall’ambasciatore d’Italia Giulio Terzi e dal consigliere per gli affari giuridici della sede diplomatica italiana Giannicola Sinisi, in una cerimonia hanno ricordato il giudice Giovanni Falcone ucciso dalla mafia 19 anni fa. La cerimonia si ripete da qualche anno a Washington. Come ci ha detto il giudice Sinisi, che lavoró a Roma nel 91-92 con il collega siciliano al ministero della Giustizia guidato da Martelli (Sinisi é poi stato anche sottosegretario agli Interni con Prodi e D’Alema, ndr), la professionalitá e l’eroismo di Falcone e Borsellino hanno lasciato un ricordo indelebile tra i ranghi delle forze dell’ordine e della giustizia americana. La struttura di collaborazione nella lotta al crimine organizzato instaurata da Falcone con l’Fbi e i magistrati americani, adesso é un esempio internazionale grazie ai successi e l’efficienza raggiunta.
Insomma, per Obama sará facile informarsi sugli uomini e le donne che compongono la giustizia italiana, di come quando sono un esempio per il resto del mondo e quando un problema per la democrazia. Silvio stia attento quindi quando riparla a Barack degli intrecci tra politica, giustizia e lotta alla mafia, perché gli americani in realtá sanno molto di piú di quanto lui possa immaginare.