Silvio, perdonaci, non sapevamo quello che facevamo. Da anni ti chiediamo di dimetterti, parte di quella mala razza di giornalisti che cerca di fiaccare la tua resistenza al potere, e non capivamo che in realtà tu non vedevi l’ora di andartene dal Palazzo! Ah, se solo tu avessi potuto!
Lo hai appena ammesso ai giornalisti stranieri, in un momento di debolezza, anzi di forza, durante una cena martedì sera a Roma. Li hai scelti uno per uno, quello del Wall Street Journal, quello del Guardian… e poi fidandoti di loro, gli hai rivelato "off the record" la verità: non ne puoi più, vorresti lasciare al più presto possibile il tuo posto ad Angelino sette ingiustizie, che per tutto quello che sta facendo per non farti condannare se lo merita. Lo hai confessato come fosse un armistizio, ti arrendi, basta, non mi sputtanate più così nei giornali di mezzo mondo, ormai più che a Silvio fate del male all’Italia, hai implorato. Silvio se ne va, hai continuato "off the record"… L’hanno spiattellata il giorno dopo, e non era in fondo quello che volevi?
Tu Silvio non ne puoi più, è anni che non ti diverti, anzi non ti sei mai divertito a pretendere di essere il capo del governo, con accanto ministri come La Russa. È dal ’94 che lo hai capito, il Presidente del Consiglio non ha poteri, deve mediare tra quei folli quaquaraquà che si sentono grandi uomini senza aver realizzato un millesimo di quello che tu hai costruito in una vita da imprenditore. Soprattutto hai compreso, troppo tardi però, che il tuo unico vero amico, Fedele di nome e di fatto, aveva ragione nel 1993, quando ti implorava di "non scendere in campo", di lasciar perdere la politica. "Se ti candidi in prima persona, avrai i magistrati addosso" ti diceva Fedele. E tu hai fatto di testa tua, ascoltando invece l’altro ex compagno di università, Marcelluzzu, che ti assecondava nelle paure dei "comunisti". Già, pare che anche Don Vito abbia detto che iddu, Marcelluzzu, per le p. ti teneva. Chissà che male sentirsi addosso quella presa per così tanti anni….
Ora non ne puoi proprio più e non vedi l’ora di essere libero da quei ricatti, da quella prigione di una politica sempre più meschina. A cena con i giornalisti forestieri hai persino confessato che avresti voluto dimetterti quando quel pazzo di Sarkozy ti ha costretto a tradire Gheddafi, che a te non aveva fatto nulla e anzi sotto la tenda ti aveva insegnato i segreti del bunga bunga. Ma niente, quando cerchi di andartene, ci sono quelli che ti trattengono da sotto. E invece Silvio tu vorresti goderti gli ultimi anni che ti rimangono, senza sottostare a quei processi infamanti. Già, se solo tu potessi allontanarti dal governo, magari quei magistrati assatanati mollerebbero l’osso.
Silvio, stai facendo proprio di tutto per trovare una via d’uscita, per farti cacciare, o meglio liberare, dagli italiani. Tre anni fa ti sei fatto scovare a quella festa di compleanno della minorenne Noemi, quasi come uno scolaretto irrequieto che non ne può più di star fermo nel banco in prima fila, e si abbassa i pantaloni davanti alla maestra per farsi espellere dall’aula. Niente, non è bastato. E allora hai continuato con i festini con le mignotte che hai persino fatto eleggere, fino alla storia strappa cuori di Ruby, con quella telefonata in questura "per la nipote di Mubarak" che più incosciente di così non potevi inventarti. E invece no, più menzogne spericolate produci, e più ti costringono a resistere. Coloro che in Parlamento senza di te non entrerebbero più neanche come pulitori di cessi, continuano a tenerti a galla, altrimenti sono destinati tutti nelle fogne. E tu ti senti soffocare, prigioniero di quel potere che non hai.
Così sei persino andato al tribunale di Milano, imparando a memoria la parte finale del film "Il Caimano", e l’hai recitata lì fuori, accusando i magistrati con le stesse frasi e pensavi, questa volta il Presidente della Repubblica non te l’avrebbe perdonata, adesso succede qualcosa. E invece nulla, sei sempre lì, prigioniero a Palazzo Chigi. Ma cosa dovrai fare ancora per riuscire a liberarti e a liberarci tutti?