Oggi siamo stati a Genova, colpita e forse un po’ barcollante dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi che l’ha rimessa anche mediaticamente sotto i riflettori sia per quanto riguarda la sicurezza che come città. Tutto questo non ferma però il turismo anzi, come nel caso della Costa Concordia, purtroppo, una meta per scatti e ritrovi giornalistici lo è diventata la zona di Sanpierdarena, località colpita dal crollo. La differenza tra cittadini e turisti si coglie nei volti delle persone, i genovesi sembrano quasi con gli sguardi bloccati nella zona colpita, con una domanda perenne nella testa, “se ci fossi stato io li in quel momento?”. La musica cambia notevolmente nella parte sud della città, come nella zona del porto antico dove Genova, come nell’antichità, ancora oggi rimane uno dei più grandi centri portuali europeo. Tutto questo porta ad avere un bacino di etnie molto ampio. Si passa dai ristoranti cinesi ai negozi indiani, pizzerie afgane ai locali genovesi e molto altro. La varietà come in tutte le società porta due estremi, l’unione o la guerra. Un paese civile come si definisce l’Italia tende ad unire più culture, ed è effettivamente quello che succede a Genova.
Il cibo che unisce
Non ci si può definire soddisfatti se una volta visitata Genova non si ha assaggiato la focaccia tipica, il pesto e il pescato del giorno fritto. Ad oggi 2019 quasi il 65% dei negozi alimentari e di ristorazione sono stranieri. Questo potrebbe minare la tipicità dei piatti della città, ma, delle persone intervistate durante la nostra permanenza in città, nella zono del porto antico, quasi l’80% ci indica lo stesso negozio per assaggiare la tipica focaccia genovese con il formaggio. Questo posto, che non vogliamo pubblicizzare per par condicio, viene gestito da ragazzi dell’est e all’interno della cucina troviamo un ragazzo siriano con un passato da pizzaiolo in Francia.
Luci e Chic-city
Genova rimane sempre umile e affianco alle minoranze, una città nel suo intento isolata, la definiva così il cittadino più illustre dei tempi, Fabrizio de André. Eppure, locali giovanili e posti di “città” arrivano pure a Genova tramite grandi catene di fast food o locali che ai tempi di Faber venivano definiti “per borghesi” che, però, rimangono un po’ arginati nelle zone più turistiche come il porto nuovo e l’Acquario, mentre luci e botteghe antiche invadono il centro storico, via Sottoripa e l’incrocio di via San Bernardo riportano alle parole di De André un pensiero passato quanto attuale ossia il ritrovo di universitari che si spingono forse troppo con l’uso dell’alcool ma rimanendo, forse non eticamente, nei limiti della legalità.
Turismo occasionale
Non è solo una meta per i lunghi viaggi o i commercianti del mediterraneo, ma il turismo occasionale la fa da padrona a Genova. Tutto il nord ovest italiano sa che se vuole risparmiare, vedere una città antica e andare al mare, la meta perfetta è Genova. Il turismo è parte fondamentale sia economica che passionale dell’andamento della città, meta ormai sempre più ambita per i giovani grazie ai collegamenti continui con le maggiori stazioni collegate alla città, e i sempre più frequenti weekend delle famiglie raccolgono un continuo ricambio generazionale che fanno amare e far diventare sempre più multietnica la città di Faber. Il ponte Morandi quindi è, a discapito dei genovesi, un altra metà che si aggiunge alle mille vie e carruggi da visitare nella “Città vecchia”, mantenendola comunque una città sempre ” frizzante” da visitare e che quindi porterà anche ad un aumento economico nel settore del turismo.