Il Palazzo del Quirinale non è l’unica dimora dei presidenti della Repubblica italiana: oltre al colle Capitolino, vi sono altre case che nel corso degli anni hanno ospitato i capi dello Stato. Castelporziano, a soli 24 chilometri da Roma, e Villa Rosebery a Napoli, due residenze spesso hanno fatto da sfondo alle attività istituzionali.
Ma al di là delle preferenze personali, non possiamo dimenticare le dimore del passato che hanno segnato la storia presidenziale e sono state usate anche per le vacanze, dalla Tenuta di San Rossore a Pisa a Palazzo Farnese a Caprarola, tra Viterbo e Roma.
Partiamo dal questo borgo della Tuscia e dal professore Nestore Narduzzi, docente di Economia politica all’Università di Perugia e assistente di Luigi Einaudi, che ospitò spesso il futuro Presidente della Repubblica e la moglie Ida nella sua casa di Carbognano nei pressi di Viterbo, tra il 1945 e il 1946.

In una di queste occasioni, il professore accompagnò gli ospiti a Palazzo Farnese di Caprarola. La residenza, commissionata al celebre architetto Jacopo Barozzi da Vignola, era stata realizzata per il “Gran cardinale” Alessandro Farnese il giovane, nipote di Papa Paolo III, desideroso di avere casa vicino a Roma. Il Palazzo, completato nel 1575, porta il nome della famiglia che a lungo esercitò la propria influenza sulla Città Eterna.
Affascinato dalla bellezza della residenza, Einaudi decise, al momento della sua elezione a Presidente della Repubblica, di utilizzarla come residenza estiva, optando per una palazzina nella parte alta del parco.

Lo Stato italiano acquisì la dimora, che all’epoca versava in uno stato di abbandono a causa delle devastazioni belliche. L’atteggiamento aperto e l’autorevolezza di Einaudi conquistarono il cuore della comunità locale, che lo accolse sempre con affetto insieme alla moglie e ai loro nipoti. Il sindaco di allora volle manifestare il suo apprezzamento conferendogli la cittadinanza onoraria.
Palazzo Farnese fu il palcoscenico di avvenimenti di rilevanza nazionale, tra cui l’accettazione delle dimissioni dell’ultimo governo di Alcide De Gasperi nel 1953 e la formazione del primo “governo del Presidente”, guidato da Giuseppe Pella. La nomina avvenne senza le consuete consultazioni. Quando qualcuno sollevò dubbi al riguardo, il Presidente rispose: “La Costituzione non parla di consultazioni e si affida al criterio del capo dello Stato. Il mio criterio mi dice che in questo momento è necessario un governo”. La sera del 15 agosto del 1953, Einaudi presentò ai giornalisti presenti a Caprarola il nuovo Presidente del Consiglio, Giuseppe Pella.

Dopo Einaudi, la tradizione di utilizzare questa residenza non fu proseguita dai successivi Presidenti. Emerse invece la Tenuta di San Rossore, un gioiello nascosto lungo la costa toscana tra le foci dell’Arno e del Serchio, a breve distanza da Pisa. Questo luogo, un tempo scenario delle vacanze reali, entrò a far parte del patrimonio della Presidenza della Repubblica nel 1956.
San Rossore, amata dai Savoia e in particolare da Vittorio Emanuele III e dalla regina Elena, era stato il rifugio estivo per la famiglia reale, che qui trascorreva lunghi periodi immersa nella bellezza della campagna toscana.
Il Presidente Giovanni Gronchi, nativo della vicina Pontedera, sviluppò un legame speciale con San Rossore. Dopo i fasti della dinastia reale, la devastazione della guerra e l’abbandono quasi decennale della tenuta, si adoperò per ridare vita e splendore a questo luogo.

La rinascita ebbe inizio con la costruzione della Villa del Gombo, un’architettura quasi sospesa nell’aria, sorretta da fasci di palafitte che si innalzavano dal terreno. L’edificio sostituì un vecchio casino di caccia risalente all’Ottocento, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale dai tedeschi. La villa, arredata con pezzi provenienti dal Quirinale, fu progettata dagli architetti romani Amedeo Luccichenti e Vincenzo Monaco, che crearono un ambiente in sintonia con il paesaggio circostante.
A San Rossore, Gronchi accolse con discrezione personalità internazionali, regalando momenti indimenticabili come la giornata trascorsa a pescare con il presidente Tito e la moglie Jovanka. Il periodo di splendore della villa però si concluse con il settennato di Gronchi, mentre i successivi Presidenti ne ridussero l’utilizzo. In seguito a un accordo firmato dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro e la Regione Toscana, San Rossore fu ceduta al patrimonio regionale toscano, ponendo così fine a un capitolo della storia presidenziale.

Lasciando alle spalle San Rossore e la costa toscana, ci addentriamo nella storica Villa Rosebery a Napoli, un’incantevole tenuta che fa parte dell’attuale dotazione presidenziale. La sua storia risale ai primi dell’Ottocento, quando l’ufficiale della flotta borbonica Giuseppe De Thurn iniziò a costruire una piccola villa circondata da un vasto parco.
Nel corso degli anni, Villa Rosebery ha cambiato diverse volte proprietà. Nel 1820, la residenza nel cuore del quartiere di Posillipo passò alla principessa di Gerace. Nel 1857 fu acquistata da Luigi di Borbone, comandante della Marina napoletana, e da sua moglie, Maria Januaria, sorella dell’imperatore del Brasile. Nel 1860, la residenza finì nelle mani di facoltosi lord inglesi, tra questi Lord Rosebery, che nel 1897 le diede il suo nome. Alla sua scomparsa, la dimora passò al governo britannico e successivamente fu ceduta allo Stato italiano, diventando residenza della casa reale dei Savoia.

Nel 1934, la principessa Maria Josè, moglie di Umberto di Savoia, vi diede alla luce la primogenita Maria Pia. Vittorio Emanuele III vi risiedette fino al maggio del 1946 quando, dopo l’abdicazione, partì in esilio a Alessandria d’Egitto dal porticciolo della tenuta.
Dal 1957, Villa Rosebery entrò a far parte della dotazione della Presidenza della Repubblica Italiana. La tenuta presidenziale di Napoli ha ospitato tutti i Capi di Stato italiani e ha accolto Presidenti stranieri.
Oggi, la Villa è aperta alle visite, per informazioni consultare:
https://palazzo.quirinale.it/residenze/visita_vrosebery.html
Concludiamo il nostro viaggio con una breve menzione della più celebre Tenuta di Castelporziano, situata a soli 24 chilometri dal centro di Roma.

Nel 1872, il ministro delle Finanze, Quintino Sella, acquistò la Tenuta per conto dello Stato Italiano con lo scopo di convincere il Re Vittorio Emanuele II, appassionato cacciatore, a trasferirsi da Firenze a Roma. Nei decenni precedenti, Castelporziano aveva accolto illustri ospiti, tra cui l’imperatore russo Alessandro II°, due papi: Gregorio XVI°nel 1845, Pio IX nel 1859 e Francesco, Re delle Due Sicilie, nel 1863. Attualmente, oltre ad essere scenario di vertici bilaterali e visite di Stato, la Tenuta è stata riconosciuta nel 1999 come Riserva Naturale dello Stato, soggetta a rigorose norme di tutela ambientale.

A partire dal 2015, la Tenuta ospita un centro estivo per disabili e un progetto dedicato agli anziani provenienti dai municipi capitolini e degli altri comuni laziali .
Su impulso del Presidente Mattarella, dal 2016 Castelporziano è aperta al pubblico, offrendo la possibilità di visite guidate seguendo le modalità indicate sul sito:
https://palazzo.quirinale.it/residenze/visitacastelporziano/prenotaCP.html
I Presidenti, durante il loro soggiorno a Castelporziano, risiedono a Villa delle Ginestre, apprezzata per la sua atmosfera accogliente e familiare. La tenuta rappresenta un’oasi unica lungo la costa laziale, protetta dall’espansione urbana di Roma e custode di un’incantevole bellezza naturale.