Ci sono diverse storie, qui in Alaska, legate agli animali e ai fenomeni atmosferici che portano messaggi agli uomini.
Pare infatti che in alcuni casi i corvi e le volpi siano tra i messaggeri più “attendibili” delle foreste del Nord. Ovviamente bisogna sapere ascoltarli e in questo i nativi Gwitch’in sono maestri.
Ho avuto anche io un’esperienza di questo tipo. Nel 2014, mentre mi trovavo nel villaggio Gwitch’in di Old Crow (sulle orme di Walter Bonatti), fui svegliato da un gruppo di corvi che assalirono letteralmente la mia tenda facendo un gran baccano.
Mentre ero intento a cacciarli, un nativo sdraiato su un quod mi avvertì: “ti stanno consegnando un messaggio ragazzo!”.
Pochi giorni dopo venni a sapere che mia madre si era rotta la gamba mentre lavorava in casa…quegli uccelli sembravano sapere.
Beh, crederci o no, ci sono anche altri segni inequivocabili che qui la natura manda all’uomo come avvertimento.
A Fort Yukon, dice la tradizione, il vento forte arriva solo durante il Carnevale, durante l’ice breakup (tarda primavera) e quando muore qualcuno.
Negli ultimi giorni c’è stato un vento tremendo. Gli anziani erano in attesa di brutte notizie, che sono arrivate presto. La seconda notte di vento ha portato un morto: un giovane investito da una motoslitta. Il vento in questione è comunque un’anomalia in questo periodo. Umidità, pioggia, tempeste e neve “bagnata” sono presenti negli Yukon flats da appena 8 anni.
Come vedrete nella nuova puntata di “Storie dall’Artico” il racconto affascinante dell’ex capo tribù Clarence Alexander nasconde un profondo senso di consapevolezza della morte e un forte legame con i messaggeri della natura.