Harlem è una delle zone di New York che più mi hanno sorpresa. Quando sono arrivata, ero convinta che fosse il posto malfamato che avevo visto al cinema e che, in effetti, era fino agli anni Novanta. Invece Harlem è molto di più. Non solo perché attualmente è uno dei quartieri più vivaci e divertenti di New York, ma anche perché è ricchissimo di storia.
Harlem non solo non è più il quartiere pericoloso che immaginiamo, ma non lo è neanche mai stato, nel senso che è stato molto di più e ci sono tantissime tracce della lunga storia di quest’area. In una città come New York che sembra vivere solo nel presente e che sembra priva di un passato è bello scoprire che una storia c’è e Harlem è proprio il posto giusto in cui andare a cercarla. Soprattutto, Harlem è il quartiere che meglio esprime la varietà e la vastità culturale di New York. Negli anni Venti è stato il cuore pulsante del jazz durante la Harlem Renaissance.
Ad Harlem si sono incrociate e mischiate tante e diverse culture che sono alla base del fermento multietnico di New York come quella afroamericana, quella italiana, quella ebraica, quella ispanica e latinoamericana. Insomma, è davvero il luogo ideale per respirare lo spirito autentico di New York e dei suoi abitanti e per coglierne le tante affascinanti contraddizioni.

Io consiglio di farlo a partire dalla Morris-Jumel Mansion che è la più antica casa di Manhattan (ve l’ho detto che Harlem è un posto ricchissimo di storia, no?) e che si trova in un punto super panoramico da cui avrete l’impressione di dominare l’intera città. Se ne avrete voglia potrete anche suonare una vostra personale serenata a New York, grazie al pianoforte che si trova nel giardino della Mansion e che è stato offerto da Sing for Hope, il programma che porta l’arte alle persone che ne hanno più bisogno.

Questa è un’iniziativa meravigliosa di cui vi voglio raccontare con calma al più presto, dandole lo spazio che merita. Per ora vi basti immaginare come sono rimasta letteralmente incantata ritrovandomi in questo giardino meraviglioso in capo a New York con un bimbetto che suonava quel pianoforte colorato. Un momento più poetico di un sogno.
La Mansion è stata costruita per volontà di Roger Morris e della moglie Mary nel 1765, con lo scopo di essere la loro villa estiva. Harlem è stata, infatti, per decenni il luogo delle vacanze dei newyorchesi facoltosi bianchi che con la bella stagione si spostavano in sontuose ville in mezzo al verde e in prossimità del fiume.

Ci sono ancora tante testimonianze dal punto di vista architettonico, tipo le bellissime ville di Convent Avenue tra cui quella dove è stato girato il film cult di Wes Anderson, I Tenenbaum.
La Morris-Jumel Mansion stessa, si trova all’interno di una sorta di piccolo villaggio d’altri tempi. E’ davvero impressionante arrivare oltre all’altezza di W 160 st in un tratto molto popolare di St Nicholas Avenue, salire le scalette quasi nascoste che portano alla piccola via pedonale Sylvian Terrace e ritrovarsi catapultati in un’altra epoca.

La Mansion è ricca di testimonianze storiche: mobili d’epoca, documenti, opere d’arte. C’è anche una stanza che è stata ribattezzata Washington War Room perché per qualche mese è stata il quartier generale di George Washington nel 1776 durante la Guerra d’Indipendenza.
Quello che però è davvero speciale di questo posto è che si sia trasformato in una cornice per una serie di eventi e mostre all’insegna dell’esaltazione delle differenze culturali e razziali che hanno attraversato quest’area e che tuttora si compenetrano.
Attualmente sono in corso due mostre proprio con questo intento:The fabric of emancipation e la personale dell’artista di origini messicane Andrea Arroyo intitolata Boundless – The women of the Mansion.

The fabric of emancipation è in collaborazione con Harlem Needle Arts e si tratta di una serie di interpretazioni della storia degli afroamericani attraverso opere in tessuto da parte di diversi artisti. Ci sono opere concettuali e veri e propri patchwork. Il tessuto è metafora ed espressione del tessuto sociale che sta alla base di Harlem. Per una volta viene data voce anche alla storia degli schiavi e dei tanti che spesso non sono stati raccontati nei libri di storia e che pure devono avere vissuto tra le mura della Mansion.
Boundless – The women of the Mansion invece è una personale esplorazione delle figure femminili che hanno attraversato Manhattan e in particolare Harlem da parte di Andrea Arroyo. Ci sono alcune opere che sono integrate nel parco ed altre che sono esposte nella sala ottagonale.

Alla mostra sono legati una serie di eventi tra cui quello che ha visto protagonista un’altra figura fondamentale della cultura di Harlem, la pianista Marjorie Eliot. Quello che rappresenta questa donna meravigliosa merita di essere raccontato con molta delicatezza e cura e prometto che cercherò di farlo presto presto.
Insomma, visitare la Morrison-Jumel Mansion è un buon inizio per iniziare a immergersi nello spirito di Harlem. Prossimamente vi parlerò di come entrare ancora più nel vivo di questo quartiere che personalmente trovo il più vibrante di Manhattan.