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February 21, 2016
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Sulla via Prenestina, il lago che resiste e Metropoliz

A Roma, tra stabilimneti e superstrade, un lago nato per errore e un museo che guarda all'altrove

Irene RanaldibyIrene Ranaldi
metropolitz
Time: 5 mins read

A Roma prendere un mezzo pubblico è sempre una avventura. Ci sarà uno sciopero? Ci sarà uno sciopero “selvaggio” non programmato? Una delle due linee della metropolitana sarà rotta? Poi se piove, è davvero finita. Tutti questi pensieri infausti mi assalgono mentre aspetto da 35 minuti il mio tram per via Prenestina, non piove e ho voglia di andare al Lago. Ebbene si, al lago, c’è un lago in piena città. Poi se il tempo mi basta, me ne vado anche al MAAM il Museo dell’Altro e dell’Altrove, nell’ex fabbrica di salumi Fiorucci.

Il tram non passa, ma il desiderio si…e si avvera pure. Inforco gli auricolari dell’ipod e salgo sul treno metropolitano dei musicisti Traindeville, appassionati sperimentatori di linguaggi e amanti degli impasti sonori dal sapore speziato all’insegna del folk rock.

metropolizLudovica Valori e Paolo Camerini hanno esplorato i suoni delle città del mondo dalle megalopoli come New Delhi e Bombay alle atmosfere incantate delle città sacre meno conosciute come Maheshwar (magico luogo sulle rive del fiume Narmada), senza dimenticare le proprie radici romane (compongono infatti anche brani in dialetto romanesco, oltre che in inglese, spagnolo e italiano). Nello stesso tempo, i canti delle tradizioni del mondo hanno sempre un posto di riguardo nel repertorio del gruppo: dal klezmer alla gypsy music alle canzoni latinoamericane, sempre con il minimo comune denominatore del viaggio, o dell’esilio, a seconda delle circostanze della storia. Suoneranno a New York il 10 marzo dalle allo Shrine e poi al Silvana 16 marzo.

Ma per ora sono ancora a Roma e io intanto sono arrivata alla ex fabbrica della viscosa, la seta povera, quella ricavata dai filamenti della cellulosa. La seta artificiale (che dagli anni Venti cominciò ad essere chiamata raion), derivata dalla cellulosa del legno, arrivava alla fabbrica sotto forma di fogli. Questi erano inseriti in un bagno di soda caustica e pressati. La sostanza ottenuta veniva lavorata dai disintegratori e lasciata poi per alcuni giorni in recipienti di maturazione. Dal sito Internet dell’archivio della fabbrica, che venne definitivamente chiusa e abbandonata nel 1954, si legge che la salute dei lavoratori risentiva profondamente del contatto con le sostanze utilizzate. L’inalazione di solfuro di carbonio, elemento indispensabile alla produzione di viscosa, fu all’origine di numerosi casi di solfocarbonismo professionale, una malattia che dava disturbi neurologici. Per alcuni operai tale intossicazione significò anche un percorso obbligato dalla fabbrica al manicomio di S. Maria della Pietà.

metropoliz
Foto: Archivio Fotografico Snia Viscosa

Dopo anni di abbandono, nei primi anni Novanta il proprietario dell’area fece pressioni per costruire sull’area un centro commerciale. Durante gli scavi per il parcheggio incontrarono la falda acquifera (forse il nome di via dell’Acqua Bullicante non è stato scelto a caso), che riprese possesso dello scavo illegittimo effettuato. Anche grazie all’acqua stessa, la situazione illecita venne alla luce e tutto si bloccò.

In questi vent’anni la natura, nonostante gli scheletri di cemento del centro commerciale siano ancora presenti, si è riappropriata di questo angolo di città: intorno al lago la vegetazione si scatena, diventando casa di animali protetti, a cominciare dai germani reali, mentre nel lago  si vedono pesci e libellule. E così nel caos di via Prenestina nasce il Parco delle Energie dopo anni di lotta degli abitanti e di vari gruppi di cittadini e associazioni. Il gruppo musicale Assalti Frontali dedica una canzone alla vicenda dal significativo titolo Il lago che combatte.

In queste zone di Roma che stiamo attraversando la parola chiave non è né gentrification né riqualificazione, ma è resistenza, ri-appropriazione di suolo sottraendolo al consumo e restituendolo alla socialità, è multi-cultura di quartieri che parlano mille lingue, è arte contemporanea e sperimentazione in luoghi abbandonati da anni a sconfitta e degrado.

metropoliz
Foto: Archivio Fotografico Snia Viscosa

Riprendiamo quindi via Prenestina, la via che collegava Roma all’antica città di Praeneste, l’odierna Palestrina. La via usciva dalla Porta Esquilina e raggiungeva la Porta Maggiore.

Arriviamo un po’ più in fondo, dove fino a più di 10 anni fa c’era una fabbrica di salumi Cesare Fiorucci e troviamo al suo posto un museo, il Museo dell’Altro e dell’Altrove, che nasce dall’occupazione nel settembre del 2009 dell’ex fabbrica. L’edificio era rimasto in disuso per 10 anni quando gli attivisti di diversi movimenti, guidati dai Blocchi Precari Metropolitani, si ri-appropriarono di uno spazio comunque abbandonato per permettere a 200 persone prive di casa e lavoro di avere un tetto. Da relitto di archeologia industriale, l’ex fabbrica ha preso vita e un nome: Metropoliz – Città Meticcia. Si sono stabilite all’interno 98 famiglie, 33 di etnia rom, 50 italiane ed altre di nazionalità latinoamericana, nord africane e mediorientali.

metropolizSuccede poi che nel 2011 si riaccende a Roma il dibattito politico sull’emergenza casa, sulle possibilità di cambio di metropolizdestinazione d’uso degli spazi per evitare nuove cementificazioni. I movimenti associativi di questa ex fabbrica presentarono una petizione per la riqualificazione dello stabile con il proposito di rendere “gli spazi residenziali in armonia con le necessità culturali e sociali della zona, per la realizzazione di uno spazio eco-compatibile”. La proposta è raccolta da due antropologi e filmmaker, Giorgio De Finis e Fabrizio Boni, che decidono di girare un film sul Metropoliz.

L’dea era di raccontare la realtà dell’occupazione dell’ex fabbrica attraverso una metafora: la fuga sulla luna. Metropoliz è infatti paragonato alla luna, perché la Luna è l’unico luogo veramente pubblico rimasto, dove non esiste la proprietà privata e dove è bandito l’uso delle armi.

Da lì a poco nasce il MAAM, Museo dell’Altro (città meticcia) e dell’Altrove (la luna) di Metropoliz. Ad oggi più di 300 artisti contemporanei hanno realizzato le loro opere negli spazi del MAAM che nel giro di poco tempo è diventato un progetto collettivo, un luogo di sperimentazione culturale aperto, una scommessa per ora vinta su un diverso e vitale utilizzo degli spazi delle nostre città.


Abbiamo iniziato questo nostro viaggio nei quartieri che cambiano a Roma e che sono o iniziano ad essere toccati dalla gentrification, seguendo la metafora del viaggio da Brooklyn al Bronx, a Coney Island, intrapreso dalla gang The Warriors nel film del 1979, diretto da Walter Hill. Dopo la via Casilina e la Prenestina, proseguiremo nei prossimi mesi per scoprire altri segreti della Roma che cambia.


ireneL’autore: Irene Ranaldi è dottore di ricerca in Teoria e Analisi Qualitativa presso la facoltà di Sociologia La Sapienza Università di Roma, e giornalista presso testate che si occupano di impresa sociale e cooperazione. Si interessa di temi riguardanti la sociologia urbana con un particolare focus su gentrification e trasformazioni dell’identità urbana. Nel 2015 ha fondato l’associazione Ottavo Colle di cui è presidente.

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Irene Ranaldi

Irene Ranaldi

Irene Ranaldi è dottore di ricerca in teoria e analisi qualitativa presso la facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma. È presidente dell’associazione culturale "Ottavo Colle" che promuove il turismo locale nei quartieri periferici delle città. È giornalista, ha svolto ricerche principalmente sul rapporto tra identità locale e mutamento sociale e ha pubblicato numerosi articoli in riviste scientifiche su temi riguardanti la sociologia urbana, con un particolare focus su gentrification e trasformazioni urbane e sul rapporto tra globalizzazione e città. È autrice di "Testaccio, da quartiere operaio a village della capitale" (Franco Angeli 2012), "Gentrification in parallelo. Quartieri tra Roma e New York" (Aracne 2014) e "Passeggiando nella periferia romana. La nascita delle borgate storiche" (Iacobelli 2018)

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