di Calogero Sbrillo di Bellot*
'I Miti e il Territorio nella Sicilia dalle mille culture. L'influenza di Caravaggio e dei Fiamminghi nella Pittura Meridionale'. Questo il titolo della mostra inaugurata a Salemi, presso il castello normanno-svevo. La mostra si protrarrà fino al 25 ottobre. Nel comunicato si legge che “l'iniziativa è promossa dall'associazione culturale 'Fiera Franca Ss. Salvatore', in collaborazione con il Comune di Salemi, e ha lo scopo di rappresentare un importante veicolo per la promozione della conoscenza dell'arte e la valorizzazione della cultura locale”.
“Il progetto – leggiamo sempre nel comunicato – segue un percorso culturale che va dal XVI al XVIII secolo, con l'esposizione presso il castello di Salemi, dove verranno messe in mostra alcune opere, per la maggior parte inedite, provenienti da collezioni private di tutta Italia. La mostra ha dato il via anche a una serie di eventi collegati che fino al 30 agosto allieteranno tutte le serate estive con spettacoli, balli, canti e percorsi enogastronomici”.
Questa mostra che ci riporta indietro negli anni ci consente qualche digressione su un luogo della nostra

Un’immagine del Teatro di Segesta
Isola ricco di storia e di cultura. Salemi è una cittadina della provincia di Trapani, immersa nella Valle del fiume Belìce (con l’accento sulla i e non Bèlice!, parola pronunciata male che ha preso piede in tv, nei giorni del terremoto del 1968, senza che ci sia mai stata la possibilità di rimediare a un errore di pronuncia!). La Sicilia, per definizione, è una terra ricca di storia. E Salemi, cittadina di quasi 11 mila abitanti, ne è uno dei tanti esempi. Visitandola saltano subito agli occhi le testimonianze arabe e medievali. Ma la sua storia è più antica e ci riporta agli elimi, un antico popolo della Sicilia occidentale di origini sconosciute. Tutt’oggi gli storici, quando si parla di elimi, non sono concordi. Forse una delle poche cose che mette d’accordo tutti (o quasi) potrebbe essere l’origine non greca di questo popolo: e questo, forse, spiegherebbe il perché gli elimi non amassero i selinuntini (non-amore, del resto, ampiamente ripagato da Selinunte…). Nei libri si legge che Salemi si trova nei luoghi dell'antica città elima di Halyciae. Alleata storica di Segesta, Salemi passerà sotto il dominio dei romani nel 272 avanti Cristo. La città si ‘sciropperà’ tra una dominazione e l’altra i ‘Secoli bui’, dai vandali ai goti, fino ai bizantini.
Nell’827 dopo Cristo in Sicilia arrivano gli Arabi. Una dominazione che lascerà segni ancora oggi visibili. L’odierna configurazione della cittadina risale in parte a quegli anni. E anche il paesaggio agrario deve molto alla presenza degli arabi: basti pensare alle arance, ai limoni, alle pesche, alle albicocche. E, ancora, agli asparagi, ai carciofi, al cotone e alle spezie: zafferano, il garofano e la cannella.
Ma accanto agli arabi, a Salemi, ci sono anche gli ebrei. Titta Lo Jacono de Malach, originario proprio di Salemi, nel libro Judaica Salem (Sellerio editore), ripercorre la storia degli ebrei in Sicilia. E parla, tra le altre cose, della Giudecca di Salemi, che era una delle cinquanta Giudecche che sorgevano in Sicilia prima dell' editto del 1492 con il quale Isabella la Cattolica cacciò gli Ebrei.
Con l’arrivo dei normanni in Sicilia, dopo l’anno mille (nel 1077) a Salemi viene edificato il castello. Da questo castello Garibaldi issò la bandiera tricolore proclamando Salemi “capitale d’Italia”, anche se per un giorno. Il risorgimento è il periodo più controverso della storia di Salemi e, in generale, della storia della Sicilia. Ancora oggi i libri di storia celebrano Garibaldi come “l’eroe dei due mondi”. Ma nei “due mondi” – in Sudamerica e in Italia, anzi, soprattutto nel Sud d’Italia – c’è chi descrive Garibaldi come un mercenario senza scrupoli che non esitò prima ad allearsi con i mafiosi siciliani dell’epoca e poi a consegnare la Sicilia ai Savoia, ovvero a una delle peggiori monarchie d’Europa.
Negli ultimi anni la storia italiana del risorgimento che ancora oggi viene insegnata nelle scuole sta cadendo a pezzi sotto l’onda di fatti tenuti nascosti o, addirittura, occultati. Molti di questi eventi sono rintracciabili negli atti parlamentari. Questo perché alcuni deputati eletti nelle regioni del Sud Italia protestavano contro le stragi perpetrate dai militari di casa Savoia. Ma queste denunce non hanno trovato riscontro tra gli ‘storici’ italiani, che hanno sempre preferito attenersi alle cronache officiali, fedeli alla legge non scritta che la storia, alla fine, la scrivono i vincitori, mentre il Sud d’Italia, dalla ‘presunta’ unificazione’ fino ai nostri giorni, è sempre stato popolato dai ‘vinti’ (senza bisogno di scomodare Giovanni Verga, basti pensare agli scippi di fondi operati negli ultimi anni dai governi nazionali ai danni del Sud: un abbandono del Sud sottolineato di recente dalla SVIMEZ e dallo scrittore Roberto Saviano).
A parte qualche scrittore meridionale che è riuscito a farsi conoscere e riconoscere – è il caso di Carlo Alianello con il saggio La conquista del Sud e con il romanzo L’eredità della priora – le stragi e i massacri operati dalle truppe savoiarde nel Mezzogiorno sono rimaste nascoste per quasi 140 anni. Solo negli ultimi dieci anni le verità su questi crimini, che non sono meno gravi di quelli nazisti, cominciano a riemergere dalle montagne di disinformazione costruite da storici di parte.
Forse uno dei fatti efferati di cui si è sempre parlato è l’eccidio di Bronte, ad opera di Garibaldi e Bixio (che era molto più delinquente dello stesso “eroe dei due mondi”). In epoca non sospetta se n’è occupato pure il cinema. Ma dei rapporti tra la mafia e Garibaldi si continua a tacere. E di questi rapporti – che ci sono stati – Salemi in particolare e la provincia di Trapani in generale rappresentano una testimonianza palmare.
Proprio in questa provincia della Sicilia, intorno al 1830, l’allora procuratore del Re a Trapani, Pietro Calà Ulloa – giurista, costituzionalista e storico – parlava dell’influenza nefasta e criminale di una “setta”: cioè della mafia, allora già attiva. Ed è a tutti noto che le province della Sicilia dove la mafia è fortemente radicata sono proprio Palermo e Trapani. Dove per radicamento s’intende la presenza non soltanto di ‘malandrini’ tra i ceti medio bassi, ma anche di una ‘borghesia mafiosa’ in grado di condizionare scelte che riguardano un intero territorio.
Oggi ricordiamo Salemi per la sua storia, per la sua cultura, per i monumenti. Ma negli anni ’60, ’70, ’80 e ’90 del secolo passato, in Sicilia, questa cittadina era legata a una famiglia particolare: i cugini esattori Nino e Ignazio Salvo, titolari della Satris, la società che si occupava della riscossione dei tributi per conto della Regione siciliana. La cittadina, anche allora, era bellissima: ma ad accorgersene erano in pochi, quasi che Salemi esistesse solo per raccontare della scomparsa di Luigi Corleo, suocero di Nino Salvo, rapito in circostanze misteriose. Si è parlato di un rapimento ad opera della mafia corleonese: una sorta di messaggio ai Salvo, legati alla vecchia mafia siciliana dei Bontade e degli Inzerillo. Anche se agli atti c’è un’altra storia mai, in realtà, approfondita: un’inchiesta portata avanti dall’allora vicequestore di Trapani, Giuseppe Peri, autore di un rapporto che ipotizzava un disegno politico-eversivo che vedeva insieme gli uomini di Cosa nostra e l'estrema destra. Sodalizio non nuovo in alcuni delitti di mafia. Una tesi, quella di Peri, caduta nel ‘dimenticatoio’.
Detto questo, godiamoci la Salemi di oggi: cittadina deliziosa a un tiro di schioppo da luoghi da visitare: da Selinunte a Segesta, da Gibellina nuova (ricostruita dopo il terremoto del 1968) a Mazara del Vallo, da Trapani a Marsala fino a Petrosino e via continuando con una provincia, quella di Trapani, che ai visitatori (ma anche ai siciliani) offre veramente tanto. Ne era convinto anche Vittorio Sgarbi, eletto sindaco di Salemi, ma spodestato con modi non proprio eleganti con la solita storia delle ‘infiltrazioni’ mafiose: cosa, questa, che Sgarbi ha sempre contestato.
Dopo queste digressioni estive tra storie e ricordi, ecco la mostra celebrata nel castello di Salemi. "L'arte è sempre un medium che ci porta ad immaginare percorsi alternativi – ci ricorda l’assessore alla Cultura del Comune, Giuseppe Maiorana -. Coinvolge tutti i nostri sensi e ci trasporta in un mondo a noi, spesso, non facilmente percepibile”. L’assessore parla della mostra che si può visitare a Salemi. “Un inedito percorso di collezioni private – dice ancora l’assessore -. E' un viaggio tra i paesaggi e le nature morte, tra storie e vite di santi, ma anche capricci dal sapore caravaggesco e fiammingo. Un'inedita, quindi, lettura di questo Mediterraneo grazie alla presenza e all'influenza di maestri come il Guercino, Abraham Brueghel, Giuseppe Maria Crespi, Lorenzo Lippi, Pietro Novelli o Pieter Paul Rubens. Un'occasione in più – conclude Maiorana – per condurre i nostri visitatori e viaggiatori tra le bellezze del nostro centro storico attraverso lo stupore dell'arte".
*Calogero Sbrillo di Bellot è un siciliano d'adozione (credo sia veneto, ma su questo punto è sempre evasivo) che torna in Sicilia ogni tanto. Ci conosciamo dai primi anni '80. Ha lavorato nel settore dei vini e a lui devo la conoscenza di splendidi vini bianchi. Ormai è in pensione e gira il mondo. Ma la Sicilia – che ha iniziato a conoscere dalla metà degli anni '70 del secolo passato, gli è rimasta impressa nella mente. Grande lettore di libri e di giornali, si è fatto sentire di recente chiedendomi se ero interessato a una sua collaborazione. Ho accolto con piacere la sua disponibilità. Così mi ha inviato un articolo precisando che non si tratta della recensione di una mostra. Ma lo scritto è interessante lo stesso.