Nel 1965 Walter Bonatti, famoso alpinista, esploratore e inviato della rivista Epoca, realizzò un affascinante reportage sulla sua traversata solitaria in canoa dei fiumi Yukon e Porcupine, sulle tracce dei cercatori d'oro, dei quali tanto aveva letto nei romanzi di London.
Dopo aver fotografato il Chilkoot pass vicino Whithehorse, si spostò per un sopralluogo nel Klondike, in attesa della fine dell'inverno. Ebbe quindi modo di vivere l'emozionante momento dell' ice breakup ( il 19 maggio 1965), andò in giro per le valli di Bonanza ed Eldorado scoprendo le numerose tracce della Gold Rush e cominciò a conoscere gli abitanti del posto.
Non appena il fiume divenne navigabile Bonatti partì in canoa da Whitehorse, si fermò per tre giorni a Dawson city, per poi proseguire fino a Fort Yukon (Alaska) . Da lì volò a Old Crow, nuovamente in Canada, e pagaiò, in appena quattro giorni, il fiume Porcupine, che lo ricondusse a Fort Yukon.
Uno dei motivi che mi hanno spinto fin qua è proprio il racconto di questo suo viaggio nel libro In terre lontane.
Ero curioso di vedere se i posti che ha visto e la gente con cui ha parlato quell'uomo sono ancora come li ha descritti quasi dopo cinquant'anni.
La mia ricerca è stata facile per i luoghi, meno per le persone, e focalizzata momentaneamente sulla città di Dawson, per la quale il grande alpinista spese tante parole di ammirazione.
La notte del 16 giugno Bonatti sbarcò in questa città sotto una pioggia torrenziale. Si accampò quindi sotto la chiglia del Keno, battello a vapore tirato in secca alcuni anni prima, che oggi è attrazione turistica, proprio su Front Street.
Il 19 giugno, fu invitato ad assistere a uno spettacolo tratto da un'opera di Robert Service, con tanto di ballerine di can-can a chiudere lo show. Probabilmente il luogo da lui indicato è il moderno Geerties, il casinò che fornisce da maggio a settembre tre spettacoli giornalieri di can-can e lap dance. Il vecchio teatro è stato invece ristrutturato recentemente e non è sicuro che fosse il teatro di cui narra Bonatti.
Dopo lo show, la festa continuò "tra fiumi di champagne" al Red Feather Saloon, che oggi è un museo per Parks Canada. Il Saloon è stato demolito e ricostruito per le sue decadenti condizioni. Allagato più volte dalle inondazioni degli anni successivi, il Red Feather Saloon è stato quindi rialzato di circa un metro, per evitare all'amministrazione il peso di ricominciare i lavori quasi ogni anno.
Nei tre giorni estivi spesi a giugno a Dawson, Bonatti era ospite di George Hunter, direttore della Klondike Bank, ormai rimpiazzata dalla CIBC. Gli Hunter sono ancora in città, ma George è scomparso da diversi anni. Anche Joe Langein, impiegato del "forestry" che lo portò in cima al Midnight Dome, è morto anni fa, dopo essere stato tra i protagonisti della creazione delle strutture destinate al turismo.
Eppure, mi dicevo, deve esserci qualcuno in giro che quella sera era al Red Feather Saloon.
Chiaramente non potevo fermare per strada tutti gli uomini e le donne con aspetto da settantenne, anche perché moltissimi si sono trasferiti qua dopo gli anni '60 e sarebbe stato un terno al lotto. Moltissimi uomini tra l'altro, erano impegnati per mesi e mesi nelle miniere di Bonanza e in tutto il Klondike, e non tornavano in città di frequente. Per chiudere il cerchio, tuttavia, mi serviva un testimone. Vani i tentativi di rintracciare i nomi da lui citati nel libro. I Pennington, i Castellarin, gli Hunter, nessuno di loro ha risposto al messaggio che ho lasciato alla segreteria telefonica o all'appello fatto alla radio locale.
L'altra sera ero al Kiac, Istituto di arte e cultura del Klondike, per vedere la mostra di un'artista locale. Me ne andavo in giro annoiato e, invitato gentilmente a prendere parte al rinfresco, ho sfruttato l'occasione per mangiare qualcosa che non fosse già stato chiuso in una scatola da quattro anni. La figlia dell'ex proprietario del Downtown Hotel, che avevo precedentemente contattato cercando tracce del nostro esploratore, mi ha avvicinato offrendomi del vino. Non aveva trovato notizie rispetto alla permanenza di Bonatti all'hotel di famiglia, ma affermava di conoscere una persona che, con molta probabilità, era in città nel 1965. Si trattava di Palma Berger. Di bella presenza, sui settanta anni, Palma stava bevendo del caffè in un angolo della stanza e non si aspettava minimamente di essere chiamata improvvisamente a ricordare il passato.
Sin dalle prime battute cercai di non darle troppe informazioni sull'aspetto di Bonatti. La memoria è un meccanismo molto dinamico e non volevo influenzare il suo ricordo, sostituendo informazioni mie alle sue dimenticanze.
Incredibilmente venne fuori questa frase: "Beh, sono passati cinquant'anni quasi, ma ricordo che questo esploratore italiano era davvero affascinante. Non parlava benissimo l'inglese, ma si faceva capire senza problemi e trattava tutti allo stesso modo. Era molto umile e sorrideva. Una mia amica era davvero entusiasta della sua presenza, sebbene si sarebbe dovuta sposare a breve…". Il ritratto della personalità era chiaro. Mancava una descrizione fisica. "Era alto più o meno come te, fisicamente era atletico, aveva i capelli neri e sorrideva sempre". Le mostrai allora una foto. Senza nessun dubbio o aiuto da parte mia esclamò: "Ma certo Bonatti!!".
Le raccontai allora la mia storia e quanto la sua testimonianza fosse importante per comporre un puzzle che richiederà ancora diversi mesi di lavoro. Essendo molto timida non ha voluto concedermi una foto, ma me ne ha promessa una via email.
Il mio lavoro per ora è terminato. L'anno prossimo, nello stesso periodo, ripeterò invece il viaggio di Bonatti tra Yukon e Porcupine, in canoa, da solo, per un documentario che ho cominciato a girare durante questo primo, emozionante, avvicinamento al Grande Nord.