Potremmo essere la generazione che assiste all’Armageddon, aveva detto Ronald Reagan al televangelista Jim Bakker mentre era in campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti. E la famiglia ebrea Graff lo aveva ascoltato poco convinta nel salotto scarsamente illuminato della casa di Queens. Era il 1980, il dodicenne Paul andava a scuola pubblica e cominciava a confrontarsi con la vita, la discriminazione di razza, classe, cultura.
“Armageddon time”, il tempo di Reagan, il tempo in cui si svolge la lotta finale fra il bene e il male, è il titolo del film che racconta la maturazione di Paul Graff, ovvero il regista James Gray che qui fa i conti con il suo passato, la sua famiglia, ma anche con un’America razzista e ingiusta.
“Avevo fatto due film uno dopo l’altro, The lost city of Z e Ad Astra – ha detto il regista alla presentazione al New York Film Festival – ero esausto, e ho cominciato a pensare a qualcosa di più intimo, personale. Mi piace raccontare le storie della mia famiglia ai miei figli e ho deciso di scrivere di quando ero un “jerk”, un vero idiota. Non è stato facile riuscire a liberarmi del rumore di fondo, arrivare all’onestà assoluta, rivelare quella parte di me con cui ero ancora a disagio. Ho cominciato a scrivere nel 2019, prima del Covid, prima di George Floyd, della guerra e tutto il resto.”
Armageddon time, con Anthony Hopkins, Anne Hathaway e Jeremy Strong, racconta l’amicizia di Paul, (Banks Repeta), e Johnny (Jaylin Webb), un ragazzino nero e povero che vive con la nonna malata. I due combinano guai e sognano in grande, si sentono eguali, ma non lo sono per la società, sono diversi per colore, ceto, possibilità economiche. I riferimenti alle diseguaglianze ancora presenti in America sono evidenti.
“Il capitalismo crea queste terribili diseguaglianze ed è facile puntare il dito, addossare le responsabilità sull’uno e sull’altro – ha spiegato -, la verità e che siamo tutti responsabili, tutti contribuiamo a questa società iniqua.” Nel film compare la famiglia Trump, dal padre Fred, sostenitore della Kew Forest School dove va il piccolo Paul, alla sorella dell’ex presidente, Marianne (Jessica Chastain) che spiega come il compito dei bambini bianchi privilegiati sia quello di diventare i leader della società, e forse anche Eric e Donald jr, i due ragazzini che disprezzano il ragazzo di colore.
“New York è l’espressione cinematografica della crudeltà insita nel sogno americano. C’è una assoluta mancanza di sentimenti qui, un capitalismo selvaggio di cui l’architettura è l’espressione più evidente. Tutti questi palazzi altissimi che servono a massimizzare le rendite immobiliari, permettono alle corporations di guardarci dall’alto in basso. Penso che il lavoro dell’artista sia trovare quello che c’è di sbagliato nel mondo e mostrarlo. Io ho cercato di farlo.”
“Armageddon time” uscirà nei cinema il 28 ottobre