Che la cosiddetta “questione rom”, un po’ come l’immigrazione, stia particolarmente “a cuore” al leader della Lega e attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini non è affatto una novità. Del resto, uno dei suoi slogan più noti, divisivi e apprezzati dai sostenitori – da cui è stata ricavata addirittura una versione delle sue tradizionali felpe – è “Ruspa”, che, tradotto, significa, senza troppi giri di parole: “Via agli sgomberi, tornate da dove siete venuti”. Così, quando qualche ora fa Salvini ha proposto “una ricognizione sui rom in Italia per vedere chi, come, quanti sono”, ossia “rifacendo quello che fu definito il censimento”, l’uscita incendiaria – dalle chiari implicazioni legali, etiche e storiche – non deve aver suscitato poi troppo stupore. Anche perché, a ben vedere, un “censimento” di quel tipo fu in effetti realizzato dall’allora titolare del Viminale leghista Roberto Maroni, tra il 2009 e il 2011: una – nei fatti – schedatura su base etnica che fece guadagnare all’Italia una sonora strigliata da parte di Nazioni Unite e Unione Europea. Non solo: a seguito di una causa intentata dall’Associazione 21 luglio, proprio il Viminale fu costretto a risarcire lautamente un rom vittima di tale “censimento”, mentre il Parlamento Europeo, il 7 settembre 2009, censurò nuovamente le identificazioni , soprattutto quelle che riguardavano i minori o i cittadini già in possesso di un regolare documento.

Proprio l’Associazione 21 luglio, che, dal 6 aprile 2010, lavora alacremente nel campo della lotta alle discriminazioni – in particolare a proposito della questione rom -, ha risposto alle parole di Matteo Salvini, citando il precedente “maroniano” e ricordando (sempre utile) l’articolo 3 della Costituzione italiana. Noi della Voce abbiamo contattato il presidente dell’Associazione Carlo Stasolla, una vita votata alla causa con impegno e passione, per fare un po’ di chiarezza su un tema controverso, costantemente bersaglio di semplificazioni e strumentalizzazioni mediatiche e politiche.
Presidente Stasolla, la “questione rom” è tornata prepotentemente agli onori delle cronache a causa delle affermazioni del ministro Salvini, che ha proposto di fare un “censimento” o una “anagrafe”. Un Ministro dell’Interno dovrebbe sapere che è illegale…
“Sicuramente lo sa, ma l’obiettivo del Ministro dell’Interno, come è stato nel passato, non è offrire risposte reali e sostenibili ai problemi, bensì, giorno dopo giorno, alimentare la xenofobia, provocare l’intolleranza, dividere il Paese”.
La destra, Salvini in primis, indica in Roberto Maroni l’ultimo titolare del Viminale che avrebbe “affrontato” con decisione la questione rom. Facciamo un fact checking.
“Sì, e lo fa proprio il giorno in cui Roberto Maroni è stato condannato a un anno per turbata libertà dal Tribunale di Milano. Forse non è un caso la scelta di alzare il polverone sulla questione rom. Non possiamo comunque dimenticare come Maroni sia stato Ministro dell’Interno in uno dei periodi più cupi della storia italiana per quanto riguarda la violazione dei diritti umani verso i rom. È stato lui, tra il 2008 e il 2011, ad inaugurare l’Emergenza Nomadi. Un triennium horribile fatto di violazione dei diritti umani e gravi violazioni dei diritti fondamentali. E’ da qui che nasce l’humus su cui si svilupperà Mafia Capitale”.
[Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) del 21 maggio 2008, l’allora Governo italiano dichiarò lo “stato di emergenza”, con particolare riferimento all’insediamento di “comunità nomadi” nelle regioni Campania, Lombardia e Lazio, perché, si diceva, tali insediamenti “ a causa della loro estrema precarietà” avrebbero determinato “una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali”. Per chi volesse approfondire, si rimanda a questo articolo].
Parliamo di numeri. Può darci un quadro più preciso del fenomeno, spesso dipinto in termini iperbolici ed emergenziali, cifre alla mano?
“La questione rom in Italia va ricondotta alla condizione di vita dei 26.000 rom che vivono in emergenza abitativa. Si tratta di un misero 0,04% della popolazione, di cui la metà bambini. 16.000 vivono in 148 insediamenti costruiti e progettati dalle Amministrazioni locali. Gli altri, perlopiù rumeni, in insediamenti informali”.
Lo scorso maggio il Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite ha “bacchettato” l’Italia, tra le altre cose, per la condizione dei rom presenti nelle baraccopoli, lamentando peraltro l’assenza di informazioni puntuali sul fenomeno da parte delle autorità italiane. Quali sono stati, a suo avviso, i principali errori degli amministratori locali e nazionali in questi anni?
“I peccati originali sono due: scarsa competenza in seno alla macchina amministrativa e un approccio fortemente improntato a garantire la sicurezza. Un mix che è alla base di ogni tentativo di superamento dei campi”.
Lo scorso maggio Virginia Raggi annunciò il suo “Piano” di superamento dei campi rom. A un anno di distanza, possiamo tracciare un bilancio?
“Con l’Associazione 21 Luglio lo abbiamo fatto con la realizzazione del rapporto “Il Piano di carta”, presentato proprio in Campidoglio il 30 maggio scorso. Le conclusioni parlano di un fallimento annunciato. Si tratta di un libro dei sogni staccato dalla realtà, privo di sostenibilità, caratterizzato dalla mancanza di ascolto e dall’illusione di azzerare le esperienze, anche fallimentari, del passato”.
[Citiamo da “Il piano di Carta”, che potete leggere qui: “Volendo utilizzare una metafora, il “Piano rom” del Comune di Roma è come un bel vestito colorato, ricco di lustrini, pizzi e merletti. Ma lo stilista che l’ha disegnato non conosce il corpo della persona che lo indosserà […]. Il Piano rom, nato con l’intento di superare i “campi” attraverso processi inclusivi, non tiene in alcun modo conto della specifica realtà presente negli insediamenti romani. La conseguenza è che il risultato delle azioni prodotte rappresenta un boomerang, con esiti opposti rispetto alle intenzioni iniziali”].
Il Contratto di Governo parla di rom, ma le soluzioni che propone sono forse riconducibili alla famosa “ruspa” di Salvini. Può dirci, sulla base della sua lunga esperienza, come a suo avviso bisognerebbe invece agire, per salvaguardare l’interesse di queste persone e del Paese intero?
“Occorre azzerare, nel bene e nel male, la dimensione etnica. Considerare i rom che vivono nei campi come semplici cittadini segnati dalla discriminazione e dalla povertà, per i quali attivare percorsi ordinari che mirino a dare lavoro e casa. Partire dalla fiducia è fondamentale”.
[Qui l'”agenda politica per le periferie dimenticate” compilata dall’Associazione 21 Luglio in occasione delle elezioni amministrative romane, documento che proponeva alle diverse forze politiche “i principi essenziali per mutare radicalmente le politiche verso gli abitanti delle baraccopoli e dei micro insediamenti presenti nella Capitale”].
Nel Contratto di Governo, tra le altre cose, si parla di allontanamento dalla famiglia disposto per quei bambini rom che non vanno a scuola. Cosa pensa in proposito?
“Già lo prevede la legge per qualsiasi cittadino. Ribadirlo per i rom non fa altro che aumentare lo stigma”.
Giorgia Meloni in queste ore ha rispolverato la sua battuta “se sei nomade devi nomadare”. Ma il nomadismo legato alla comunità rom è più che altro una leggenda. Sfatiamo un mito. Da dove nascono i campi rom?
“Quella del nomadismo è una favola urbana. Eppure i campi rom nascono negli anni Ottanta su sollecitazione di amministratori “virtuosi” che, per salvaguardare una presunta cultura nomade, decisero di progettare spazi all’aria aperta per persone ritenute incapaci di vivere all’aria aperta. Nessuno spiegò loro che si trattava di cittadini rom scappati dalla guerra dell’ex Jugoslavia che da 600 anni vivevano in casa…”.
Il pregiudizio e lo stereotipo, si sa, è duro a morire, soprattutto in un’epoca in cui la politica lo alimenta e lo strumentalizza a fini elettorali. Come si contrasta tutto ciò?
“Con lo studio, l’analisi, la ricerca. Ma oggi in Italia siamo attanagliati da una povertà culturale che rappresenta la prateria su cui si galoppano le invettive salviniane”.
Matteo Salvini in Europa e Donald Trump in America hanno vinto le elezioni – ad avviso di chi scrive – alimentando la paura e la diffidenza nei confronti dell’altro, del diverso, e a tratti evocando toni che appartengono ai tempi più bui della nostra storia. Pensa ci sia davvero un rischio tangibile di un ritorno, pur sotto nuove spoglie, del “fascismo”? Stiamo andando incontro a un’epoca in cui i diritti delle persone sono in serio pericolo?
“Viviamo un periodo di profonda e rapida trasformazione. Dipenderà solo da noi decidere quale futuro costruire. Sono ottimista, perché fiducioso nell’animo umano che sempre sa trovare una risposta per uscire dalle crisi”.
Discussion about this post