Per un pomeriggio l’Hudson è sembrato il Taro e il Bronx la sua valle. A New York sono arrivati in quasi 400 alla riunione annuale della Valtarese Foundation, tornata dopo un lungo periodo di assenza dovuto al covid.
A muovere l’anima dell’organizzazione, fondata nel 1991 da italo-americani con radici nella Val di Taro, è stata come sempre la beneficienza. Da una parte una raccolta fondi per portare attrezzature mediche negli ospedali, risorse nei centri anziani e donazione a varie associazioni di volontariato della regione. Dall’altra le borse di studio (quasi 200 quelle fornite fino ad oggi), assegnate a giovani che frequentano l’ultimo anno di scuola superiore negli Stati Uniti e in Italia.
Tante le personalità presenti all’evento Dinner&Dance, un pomeriggio intero di balli, cibo e socialità dove tutti avevano in comune l’affetto per Parma e la sua provincia. Originario di Borgo Taro, il consigliere regionale Matteo Daffadà è arrivato a New York insieme ai tre colleghi Francesca Marchetti, Nadia Rossi e Luca Sabattini. Con lui hanno volato verso gli Stati Uniti anche il sindaco di Borgo Taro Marco Moglia e il pittore Vittorio Ferrarini, che ha donato all’organizzazione uno dei suoi quadri.
“L’idea di essere partiti da una piccola comunità ed essere arrivati fin qui è incredibile – ha commentato Daffadà – L’oceano per noi non è un ostacolo: siamo riusciti e riusciamo tutti i giorni, a oltre 6.000 chilometri di distanza da dove siamo nati, a promuovere le nostre terre e diffondere la nostra cultura”. Un ricordo anche a Franco Brugnoli e Giuseppe Costella, sindaco di Borgo Taro dal 1972 al 1985, scomparso nel 2020 dopo aver contratto il coronavirus. “Sono sicuro che oggi sia qui insieme a noi”, le parole commosse del consigliere regionale.

Stupore e ammirazione anche nel discorso di Moglia, al primo viaggio a New York da quando è diventato primo cittadino. “Sono stato ad Ellis Island, l’isola in cui sbarcavano i migranti alle porte della città, e ho trovato negli elenchi il nome di mio nonno. Ho pensato a quanto gli Stati Uniti siano stati per i nostri cari una terra di speranza. Anche l’Italia, oggi, dopo essersi rimboccata le maniche, la è per tante persone”.
Durante l’inno di Mameli, suonato prima di dare il via alle danze, cantavano tutti. Un attaccamento alla nazione che nel caso degli italoamericani è stato doppio: per loro, mano sul cuore anche durante le note di The Star-Spangled Banner, l’inno americano.
Quest’anno, la Valtarese Foundation ha avuto il piacere di avere come ospite anche il Console Generale a New York Fabrizio Di Michele, arrivato nella Grande Mela due anni fa. “È la prima volta che partecipo a questo evento. Si pensa sempre che l’emigrazione italiana a New York sia tutta del sud. Spesso si parla di Napoli, della Calabria, o della mia Sicilia e la maggior parte delle comunità che visito arrivano proprio da quelle zone. È incredibile, invece, rendersi conto venendo qui di quanto i valtaresi siano presenti sul territorio: siete una bellissima realtà e sono felice di avervi conosciuti oggi”.
Dopo i pasti, spazio alla musica, con il gruppo in sala che ha coinvolto tutti i presenti suonando e cantando i grandi classici della musica italiana e americana. Dagli Abba agli Earth Wind and Fire, fino ad arrivare all’intramontabile “Romagna Mia” di Secondo Casadei, un valzer ballato con gioia anche da chi, quando fu incisa, non era ancora nato. Musica, spirito e comunità e beneficienza: per qualche ora la Val di Taro si è trasferita a New York.