Molti di noi hanno sentito parlare di reciprocità nei rapporti internazionali. Un principio che ha una funzione essenziale nelle relazioni internazionali tanto che proprio in forza di questo uno Stato farà beneficiare l’altro Stato soltanto di quei diritti che anch’esso gli conferisce.
Tale principio può servire da presupposto, come afferma il prof. Conforti, “sia dell’osservanza del diritto internazionale sia di atti di cortesia.” Tuttavia, questo non sembra essere la strada che si sta seguendo per quei tanti italiani che lavorano negli Stati Uniti d’America e che non riescono a farvi rientro nonostante gli americani possano tranquillamente recarsi in Italia.
Infatti, mentre l’Italia ha aggiornato la normativa dal 16 maggio scorso, permettendo gli spostamenti in entrata a tutti i cittadini americani senza l’obbligo di rispettare la sorveglianza sanitaria e l’isolamento fiduciario, con i voli Covid tested, l’amministrazione Biden non ha mostrato purtroppo la stessa reciprocità nei confronti dell’Italia e degli altri Paesi dell’area Schengen mantenendo il cosiddetto “Travel ban”, contenuto nella Proclamation presidenziale del 13 marzo 2020 e poi riemesso il 20 gennaio 2021.
Una situazione di disagio di cui mi sono fatta portavoce, sin dall’inizio, scrivendo al Ministro Di Maio e, assieme al Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo, Antonio Tajani, e al Vice Presidente della Camera dei Deputati, Andrea Mandelli, alla speaker del Congresso USA, Nancy Pelosi. Ho chiesto di permettere a queste persone che lavorano in USA e contribuiscono alla crescita dell’America di permettere di far ritorno alle loro famiglie ed al loro lavoro.

Si tratta di storie di persone la cui vita si trova in un limbo senza sapere quando sarà possibile tornare alla normalità delle loro attività in terra d’America, immagino le ansie per il lavoro lasciato in sospeso, per le aziende che sono senza la guida vigile di chi le ha tirate su, per i figli che devono tornare alle loro attività scolastiche e molti altri casi. Conscia di questo ho raccolto le sollecitazioni di circa 1300 professionisti bloccati in Italia o in USA che in una lettera si appellavano al Ministro Di Maio e sono tornata a scrivergli chiedendo «di attivarsi sul piano diplomatico affinché sia riconosciuta la condizione di reciprocità nelle modalità di rientro in USA per i nostri connazionali» bloccati in Italia.
Una bella iniziativa che va oltre le divisioni politiche per affrontare i problemi concreti e che dà forza alle richieste presentate. Un metodo che andrebbe usato anche in politica e nel Parlamento italiano.
Ormai, le vaccinazioni in tutta l’UE sono a buon punto e le condizioni pandemiche tra UE ed USA non sono distanti, tanto che anche durante il vertice USA-UE dello scorso 15 giugno a Bruxelles si parlò della necessità di permettere gli spostamenti tra le due sponde dell’Atlantico, ma sono rimaste solo parole mentre la vita e i disagi delle persone continuano come dimostrano le testimonianze di alcuni di loro che potete leggere. Chiediamo al Presidente Biden di darci una data certa sulla rimozione del Travel ban, fosse anche tra 1 anno o tra 1 mese, chiediamo una data certa per poter andare avanti e pianificare la nostra vita. Se non si dovesse fare ci spiegasse almeno il perché di questa punizione!

Testimonianze:
Dott. Gianmarco Capogna, Responsabile Progetti Internazionali Learn Italy. “Quando sono arrivato in Learn Italy pensavo di partire per un’esperienza di formazione negli USA a New York con un’Agenzia che, a Frosinone ma non solo, era particolarmente accreditata per questa opportunità. In realtà poi mi sono offerto, venendo da una precedente esperienza di progetti di formazione, di dare una mano con le application degli altri ragazzi. Quella che è nata come una collaborazione occasionale è diventato un percorso che è cresciuto e non si è più fermato. Oggi mi occupo del coordinamento di tutti i progetti internazionali spaziando tra formazione, didattica, Istituzioni partner e nuovi progetti. È un’esperienza mondiale a 360 gradi, non solo perché volo a New York ogni volta che il lavoro “chiama” ma, anche e soprattutto, perché i progetti di Learn Italy spaziano dagli USA alla Cina passando per l’Europa e, ovviamente, l’Italia dove stiamo lavorando per far conoscere il nostro bel Paese con percorsi di turismo culturale ed esperienziale che uniscano alla vacanza anche la scoperta della bellezza italica fatta di cultura, enogastronomia e luoghi dalla bellezza senza tempo. Da quell’estate di diversi anni fa, ora sono io, insieme a Learn Italy, a cercare nuovi stagisti e persone interessate ad iniziare una collaborazione con l’Agenzia.”

Sono Lucia, ho 33 anni di cui 10 vissuti in America. Il mio sogno a “stelle e strisce” coltivato già in tenera età si avvera nel 2010 tramite il “Cultural Exchange Program” Au pair in America. Un anno passato tra studio dell’inglese, il prendersi cura di 4 bambini italoamericani e il costruire nuove amicizie e scoprire culture e luoghi sconosciuti.
Terminata questa splendida esperienza si susseguono anni di contratti alle dipendenze di diverse famiglie diplomatiche in diverse città americane del Maryland,Virginia e Washington DC come nanny/tuttofare. A questo punto dopo 10 anni di America posso affermare che la mia vita è negli States dove risiedo,lavoro e pago le tasse e dove con tanti sacrifici mi sono costruita un futuro. Ma arriviamo ai giorni nostri. Sono rientrata dall’America a marzo 2020 per rinnovare il mio visto in scadenza e sono rimasta bloccata a casa dei miei genitori in Italia da fine agosto 2020 quando dal Consolato americano a Milano mi è stato comunicato che non mi avrebbero rinnovato il visto a causa del Travel ban. Preciso che non necessito di intervista per rinnovare il mio visto, ma la situazione dei Consolati americani in Italia è tragica dato che da un anno non vengono processati né rinnovati visti se non quelli facenti parte delle eccezioni al travel ban o che si qualificano per il nie.
Questo blocco mi stà creando problemi lavorativi, infatti rischio di perdere il lavoro oltrechè economici, dato che da più di un anno non percepisco lo stipendio e devo fare affidamento sulla mia famiglia, senza contare che tutte le mie cose sono rimaste in America ( la mia “vita” di questi ultimi 10 anni ). Mi è stata inoltre sospesa l’assicurazione sanitaria poiché sono fuori dagli States da diverso tempo ma non ho diritto all’assistenza sanitaria in Italia essendo iscritta all’AIRE. Poiché risulto residente in America dove appunto vivo, lavoro e pago regolarmente le tasse,non comprendo questa discriminazione tra visti che a questo punto risultano essere di serie A ( pochi ) e di serie B ( come nel mio caso ) e il diverso trattamento riservato a noi visa holders e gli americani che sono liberi di visitare la nostra bella Italia senza limitazioni.

Mi chiamo Leandra e sono ormai più di 15 mesi che sono bloccata in Italia, senza possibilità di entrare negli USA per via del Travel Ban che vieta l’ingresso ai cittadini provenienti dall’area Schengen da marzo 2020.
Vorrei fare una premessa, non stiamo parlando di voler andare in America per turismo ma per lavoro. Questa è la mia storia: a fine 2019 ho lasciato l’azienda italiana nella quale lavoravo da anni come Sales Manager Nord-Centro America dopo aver ricevuto una proposta per la posizione di Business Development Manager North and Central America da parte di un’importante realtà italiana che si occupa di macchinari per la gelateria e che ha sede negli Stati Uniti. Grazie alla mia esperienza pluriennale nel settore e la conoscenza approfondita del mercato nord americano e’ stato relativamente semplice richiedere ed ottenere il visto necessario per lavorare legalmente in USA, quindi dopo aver seguito tutta la trafila, ho finalmente ottenuto un visto E2 con validità 5 anni a fine gennaio 2020.
A febbraio inizio a preparare il mio trasferimento, lascio l’appartamento dove vivevo, spedisco le cose oltre oceano, sistemo tutta la parte burocratica in Italia, verso la caparra per l’appartamento dove sarei dovuta andare a vivere a Miami e prenoto il volo per marzo; tutto fantastico fino a qui, ero felicissima di iniziare questa nuova vita e non vedevo l’ora, nel frattempo il mondo viene travolto dalla pandemia e il giorno prima della mia partenza, gli Stati Uniti annunciano la chiusura dei confini e il Travel Ban. Li è partito il panico, avevo lasciato tutto e d’un tratto mi trovavo a non avere nessun tipo di certezza.
Tengo a precisare che in quel preciso momento io avevo accettato e firmato la proposta ma questa si sarebbe perfezionata solo nel momento in cui sarei arrivata negli States e avrei avuto il social security number per poter essere assunta. Sono caduta nello sconforto, da un lato c’era il mio datore di lavoro negli USA che mi tranquilizzava e dall’altro io non avevo un lavoro e non sapevo cosa fare vista la catastrofica situazione creata dalla pandemia. La mia fortuna e’ stata che l’azienda non volendo assolutamente rischiare di perdermi mi ha assunto in Italia in attesa che si sblocchi la situazione e io possa andare negli Stati Uniti. Da allora e per gli ultimi 14 mesi sto gestendo tutto dall’Italia con le tante complicazioni del caso, dalle 6 alle 9 ore di fuso orario, il che significa che non finisco mai prima di mezzanotte, il fatto di non avere una vita ne qui ne li, l’incertezza sul futuro e la difficoltà nel pianificare il futuro. Sono in un limbo e non ho idea di quando potro’ trasferirmi. Ho tutte le mie cose ancora negli scatoloni. Per quanto potessi capire la chiusura inizialmente, ora trovo sia eticamente ingiusto lasciare delle persone che hanno tutti i requisiti necessari per entrare nel paese senza una data certa, io sono anche vaccinata. Siamo in tanti nella mia stessa situazione e vogliamo solo poter tornare alle nostre vite.

Sono Elide Vincenti, ho 29 anni. Dopo i miei studi in Italia e all’estero, a Marzo 2019 è iniziata la mia avventura americana grazie a un Cultural Exchange Program per il quale sono stata selezionata dal Walt Disney World Resort. Sono partita per Orlando (Florida) con un visto Q1 della durata di 15 mesi per lavorare come rappresentante della cultura italiana all’interno del parco. A ridosso della fine del mio visto, a Gennaio 2020, ho ottenuto un colloquio con la Italy-America Chamber of Commerce Southeast con sede a Miami, associazione di imprenditori e professionisti, italiani e locali, ufficialmente riconosciute dallo Stato italiano, che opera per favorire l’internazionalizzazione delle imprese italiane e promuovere il Made in Italy nel mondo. Mi è stata dunque fatta una proposta lavorativa tramite la quale la Camera di Commercio avrebbe sponsorizzato un visto J1 Trainee della durata di 18 mesi, per il quale sarei dovuta tornare momentaneamente in Italia e processare questo nuovo visto presso una delle sedi Consolari Americane in Italia. Il 26 Febbraio 2020 sono dunque tornata in Italia per prendere un appuntamento in Consolato e processare il mio nuovo visto. Da quel momento è iniziato un calvario che dura tutt’ora. A Marzo 2020 infatti, l’Ex Presidente Trump ha istituito il Travel Ban e il Visa Ban che impedivano non soltanto di recarsi fisicamente negli Stati Uniti se provenienti dall’area Schengen nei 14 giorni prima, ma che impediva ai Consolati e alle Ambasciate americane in Italia di emettere e dunque processare nuovi visti. Sono dunque rimasta bloccata in Italia, lasciando casa e affetti negli Stati Uniti e subendo anche la perdita di tutti i miei effetti personali (lasciati ad un deposito che senza preavviso ha deciso autonomamente di gettare via tutte le mie valigie e tutto ciò che avevo).
Ho atteso più di un anno i vari vani annunci di riaperture che si sono susseguiti mai diventati realtà. A marzo 2021 è naturalmente scaduto il Visa Ban dell’anno prima, che teoricamente avrebbe dovuto permettere ai consolati americani di ripristinare il processo dei visti e permettere, previa quarantena di 14 giorni in un paese non appartenente all’area Schengen, di rientrare negli Stati Uniti. Ciò invece non è mai avvenuto, i Consolati Americani hanno continuato a non processare il mio visto in quanto il Travel Ban era ancora in vigore, nonostante “teoricamente” le due cose non avrebbero dovuto essere in alcun modo collegate. Questa condizione in cui mi trovo da oltre un anno sta avendo conseguenze disastrose nella mia vita personale e lavorativa, con un serio rischio di perdere il mio lavoro e la certezza di aver perso tutto ciò che avevo negli Stati Uniti. Trovo questa situazione totalmente assurda e priva di senso, in quanto se il “problema” è il Covid, non comprendo il motivo per il quale l’essere vaccinati (come nel mio caso) non costituisca una condizione sufficiente per tornare alle proprie vite negli Stati Uniti. Questa condizione è oltremodo discriminatoria, in un momento come questo in cui l’Europa ha riaperto le proprie frontiere ai Cittadini Americani continuando però a non pretendere una reciprocità che è totalmente dovuta nei confronti dei cittadini europei.