In questi giorni si parla molto di New York che sarebbe una città in “estinzione”… Insomma secondo qualcuno, il lockdown e la fuga verso altre città (ma dove? Dove il virus galoppa?) e la possibilità “ormai” di lavorare a zoom zoom starebbe dando il colpo di grazia tanto da proclamare che “NYC is dead!” … Ora, secondo me chi lo dice o non ha mai vissuto veramente a New York o sta semplicemente scherzando (chi ha provocato infatti sarebbe un comedian…). Chi ci casca e se ne va da NYC “prima che crolli tutto”, non capisce perché da decenni la Big Apple attragga più di qualunque altra città del mondo la meglio gioventù (Ricordate la canzone del grande Frank? “If I can make it there. I’ll make it anywhere…”). A New York, mascherina o no, si respira lo spirito della libertà, di poter essere quel che si vuol essere e non aver rotte le scatole se non le rompi agli altri. Poi se ti realizzi pure nel lavoro, fantastico! Se invece la ruota non gira e continui a servire ai tavoli, comunque respiri come gli altri l’atmosfera del tutto è possibile e domani chissà…
Eppure di una cosa sono molto preoccupato, che potrebbe effettivamente far molto male a NYC e farla riprendere con forte ritardo o addirittura mai più. No, non è il covid-19, anche se il virus è temibile, New York ha dimostrato di saperlo combattere e meglio di qualunque altra città degli USA. No, quello che mi terrorizza è… Donald Trump! Già, con una conferma di Trump e del trumpismo, non rischierebbe solo l’America ma anche NYC, che forse a quel punto dovrebbe cominciare a pensare alla secessione (come penso si prepari già la California…).
Dunque secondo voi, amici di FB, per questo autunno, New York dovrebbe temere più il coronavirus o una riconferma di Trump alla Casa Bianca? Dite la vostra.
(La foto è di Chiara Trincia)

Ecco le risposte di alcuni amici di Fb e lettori de La Voce riprese da Facebook.
Luciana, che vive a Roma ma ha vissuto per quasi trent’anni a New York: “Sono totalmente d’accordo con te e ho veramente paura che nonostante i disastri compiuti in questi anni in tanti lo votino ancora. E’ lui il più grande pericolo per il futuro non solo di New York e dell’America ma di tutto il mondo, una minaccia terribile per la democrazia. ps: la foto è bellissima….”
Renato, che invece a New York arrivò 30 anni fa e ancora ci vive e lavora: “Perfettamente d’accordo! Non è solo New York che non sopravviverebbe, ma il concetto stesso di Stati Uniti, non come Nazione fisica ma come ideale che è sempre stato poi quello che la distingue da tutte le altre nazioni. Non diventi un cittadino Americano perché hai il passaporto o sei nato qui, ma perché sposi un ideale unico”.
A Renato replica Salvatore: “Ideale che appaga pochi e fa vivere in una società discutibile gli altri. Gli Stati Uniti con questa mentalità saranno gli ultimi a sopravvivere ad un possibile crollo del modello capitalistico. Ancora va bene perché molta innovazione si fa lì ma non è detto che duri per sempre”.

Francesca, che non vive a New York ma ne segue le vicende, dice: “Non vivo negli Stati Uniti, ma seguo le notizie praticamente ogni giorno e conosco diverse persone che a differenza di me, ci vivono e lavorano. Personalmente credo che il male peggiore sia Trump. Sono pienamente d’accordo con te. Ma ahimè il problema è esteso a tutto il paese”.
Interviene Isabella, che vive in California: “Non è NY al collasso ma il bieco capitalismo americano senza ammortizzatori sociali dai tempi di Reagan”.
Antonella, che ha vissuto in America per oltre trent’anni e per la metà a New York, afferma: “Sono perfettamente d’accordo! altri 4 anni di Trump e goodbye al sogno americano e non solo a New York!”
Manuel, che vive a Brooklyn, ha un dubbio: “Ma se la ruota non gira d’inverno, come si fa a servire ai tavoli?”
Gli replico: “Manuel probabilmente i meno fortunati e quelli arrivati da meno tempo, se la situazione peggiorasse, dovranno andar via ma NYC non morirà. A New York c’è stato sempre un flusso costante di chi parte ma anche di chi arriva. E i nuovi arrivati all’inizio si adattano meglio pur di poter restare. Non tutti riescono, ma chi resiste poi non parte più”.
Manuel replica: “Stefano se le scuole non aprono, per 2 anni la città è morta. Poi risorgerà sicuramente, però non dirlo a Francesco…”
Francesco vive a Roma, dove lavora come pubblicitario, ma da sempre viene ogni anno a New York per “rinfrescarsi” le idee. Lui interviene nella discussione così: “Concordo con Stefano, e rilancio: NYC resiste perfino a un Trump2 (che non auguro a nessuno)”.
Lino, napoletano che a New York ci vive e ha realizzato la sua linea di moda, interviene categorico: “Stefano Vaccara sono pienamente d’accordo con te!”

Astolfo, che conosce bene anche il Canada, dice la sua: “Stefano Vaccara é un po’ come Toronto. Quando arrivi sei in paradiso. E ho vissuto a NY e ho casa a Toronto….. Ny never die…”
Annamaria, abruzzese che lavora per una multinazionale italiana e conosce bene gli USA, la pensa così: “In America può succedere anche questo. Una decisione come questa come spiegata bene dal NYT, sarebbe un atto di coraggio. Ammettere errori e correggere, cambiare anche drasticamente. In America può accadere. Altrove la vedo molto più dura”.

Rob, romano che da anni vive a New York, fa un ragionamento: “Trump non è al di sopra della legge nazionale ed internazionale e non è neanche il padrone del mondo e degli altri stati sovrani. Deve portare rispetto per i cittadini americani i cui diritti sono stati violati invece di fare guerre commerciali ad altri paesi, imponendo dazi alla UE, al made in Italy, ed agli altri paesi del mondo, causando parte della recessione economica e dell’inflazione a danno degli stessi cittadini USA. Il sistema sanitario nazionale è al collasso, i benefits USA sono quasi terminati. La politica di Trump è uno show ma fallimentare nei fatti concreti. Riguardo al Coronavirus andando contro le raccomandazioni di Fauci ha dichiarato che non ci sarebbero stati più di 90.000 morti siamo arrivati a 182.000 decessi. Ha scaricato le sue responsabilità di una gestione nazionale del Covid sui singoli stati, Governatori e Sindaci facendo come Ponzio Pilato lavandosene le mani. Ha una concezione della politica personalistica, familiaristica, non certo sociale e solidale. Sulle questioni razziali si fa fotografare con una Bibbia in mano vicino una chiesa scatenando proteste da tutte le principali città USA. Poi però è a favore delle armi e kkk. Presto, a Novembre risponderà di fronte ai suoi elettori delle proprie condotte poste in essere”.
Rosario, ristoratore napoletano di successo a New York, più che Trump teme qualcun altro: “Io nel frattempo temo De Blasio … poi a novembre se ne parla”.
Flavio, artista romano da tanti anni a New York, dice la sua ma senza usare parole, mostrando una immagine del suo braccio che mettiamo a destra:
David, di origini albanesi che ha vissuto in Italia prima di vivere il suo “sogno americano” a New York, è pessimista sui danni causati in questi mesi, anche se non specifica se dal coronavirus o da Trump : “In poche parole la vedo dura. Non morirà, ma di sicuro rimarrà sempre ferita New York e l’America!”
Gene, ingegnere originario di Napoli con studi in America e che vive vicino New York, sembra pensarla come Rosario e scrive: “La colpa è del peggiore sindaco di NYC DeBozo (scritto proprio così!). Tutti (repubblicani, democratici, black, latinos, NYPD, BLM, etc.) hanno questa opinione”.
Nella invece, dalla lontana Milano, non ha dubbi: “Per salvare New York e tutti gli States bisogna liberarli da Trump…”.
Per la sua risposta, Andy, designer romano che vive a Brooklyn, chiede aiuto a Jerry Seinfeld: “Come dice Seinfeld in questo articolo del NYTimes: “You think Rome is going away too? London? Tokyo? The East Village? They’re not. They change. They mutate. They re-form. Because greatness is rare. And the true greatness that is New York City is beyond rare.”

Sulla pagina di FB della Voce di New York, dove appare anche il mio post, ecco che Elisa, che ci sembra viva a New York o comunque negli States, la pensa in maniera opposta facendo un ragionamento simile a quelli sostenuti da Trump: “L’ultima volta che i Democratici si sono fatti strada con New York City, negli anni ’60 fino agli anni ’80, hanno ridotto quella vibrante città a uno sporco fantasma di se stessa. La città ha cambiato rotta a partire dal 1994, quando il republicano Rudy Giuliani ha assunto la direzione. Il suo successore, Michael Bloomberg, governò come republicano e riuscì a mantenere la città di New York sicura e funzionante. Poi è arrivato Bill de Blasio. Il suo governo è del tutto in linea con la sua ideologia – e la sua ideologia è ciò che ora alimenta la campagna di Biden. Tutti sanno che Biden non sarà presidente anche se vincerà. Invece, la nazione sarà gestito da persone in linea con le politiche apertamente comuniste di Bernie – persone proprio come de Blasio. New York, Seattle, Portland, San Francisco: con ognuna di queste città, hai un’anteprima del futuro americano che il Partito Democratico ha programmato per il resto di noi”.
Sempre sulla pagina de La Voce d FB, dall’Italia Eleonora invece chiede: “Scusi, ma New York ha anche un sindaco, vero? Che mi dice dell’operato di Mr. De Blasio? Grazie”.
Barbara, di Palermo, che sembra conoscere bene New York vuole dire la sua anche perché non crede che Trump possa essere nocivo per la Big Apple: “Salve Stefano, in effetti questa riconferma di Trump da parte del partito repubblicano ha lasciato il mondo di stucco! Dubito però che Trump faccia morire la sua amata città! Condivido con te il fatto che NY più che una città sia uno “state of mind” che non tramonterà mai, si adatterà agli eventi ma il solo fatto di viverci sarà sempre l’elemento distintivo e trainante di una città e di una vita non come le altre, dove tutto e dico proprio tutto è possibile per tutti! Consiglio questo libro meraviglioso per la piuma accattivante di una scrittrice “pas comme les autres” che narra di splendidi personaggi, non ne incontravo di così belli in un libro contemporaneo da tempo, che a NY vivono e si dimenano in “una vita come tante”!
Se dovessero arrivare altri interventi sulla mia bacheca di Facebook, li aggiungerò qui.