Caro Direttore,
Torno a scrivere a La Voce di New York, giornale che seguo da tempo immemore apprezzandone il ruolo prezioso per i nostri connazionali, con l’intenzione di presentare una mia breve riflessione su un tema caldo come quello del taglio dei parlamentari. Vorrei soffermarmi in particolare sulle conseguenze che questo avrà sugli italiani che vivono fuori dal nostro Paese.
Come è noto, la scorsa settimana il Senato si è espresso sul disegno di legge costituzionale che prevede la riduzione dei parlamentari, da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato. Contestualmente, gli eletti nella Circoscrizione Estero passerebbero dai 18 attuali (6 senatori e 12 deputati) a 12 (4 senatori e 8 deputati). Palazzo Madama ha approvato, in prima deliberazione, la riforma. Un grande dibattito si è acceso dentro e fuori i confini nazionali. Il culmine si è raggiunto con le infelici dichiarazioni del relatore del provvedimento, il senatore della Lega Roberto Calderoli. “Se fosse dipeso da me – ha detto – io gli eletti all’estero li avrei aboliti del tutto”. Un’offesa a quegli italiani che contribuiscono alla crescita economica della nostra Italia.
Affermazioni che mi addolorano portandomi indietro di vent’anni, nel pieno di quella che l’allora Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, definiva “una battaglia di civiltà”, ovvero la rappresentanza dei cittadini italiani all’estero. Le lancette del tempo tornano alle interviste ai tenaci protagonisti di quel periodo; a quando, nel programma “Sportello Italia”, spiegavo in prima persona le modalità di voto agli italiani nel mondo; al lungo e accidentato percorso che il voto all’estero a portato con sé. Da persona che ha vissuto direttamente tutto ciò, sento oggi il dovere di difendere la nobiltà di quella battaglia schierandomi contro il taglio degli eletti all’estero e il conseguente inasprimento della sottorappresentanza dei nostri connazionali oltre confine.
Come saprà, infatti, il mio voto è stato contro questa proposta. Una decisione che mi ha portato a votare in dissenso con il gruppo Forza Italia, ma che comunque non ha in alcun modo modificato la mia posizione rispetto al mio partito. Si tratta di una riforma di cui condivido i principi generali e la motivazione di fondo. Ciononostante, essa ignora i cambiamenti intervenuti recentemente a tal punto da essere anacronistica. Negli ultimi dodici anni il corpo elettorale in Italia è rimasto quasi invariato. Al contrario, gli iscritti all’Aire hanno avuto un incremento ragguardevole: nel 2006 erano 3.1 milioni, oggi sono saliti a 5.1. Una crescita di più del 50%! Questa tendenza è destinata per giunta ad aumentare negli anni a venire.
A questo elemento ne va aggiunto un altro. I dati, anche qui, sono di aiuto. La rappresentanza dei cittadini all’estero è sottostimata sin dall’inizio. Basti pensare che nel 2006, primo anno della Circoscrizione Estero, ogni parlamentare all’estero rappresentava 150.000 elettori; in Italia, invece, un parlamentare ne rappresentava 50.600. L’impennata del numero dei residenti fuori dall’Italia condizionerebbe pesantemente lo squilibrio tra eletti ed elettori. 12 parlamentari avrebbero il compito di rappresentare oltre 5 milioni di persone: quasi il 10% della popolazione italiana.
Ad un deputato eletto all’estero corrisponderebbero circa 700.000 iscritti Aire, mentre ad un deputato in Italia 150.000 abitanti; vi sarebbe un senatore eletto all’estero ogni 1,4 milioni iscritti Aire, un senatore in Italia ogni 300.000 abitanti. Alla luce di questo, è logico sostenere che il taglio ai parlamentari verrebbe applicato con la stessa proporzione ad eletti in Italia ed eletti all’estero?
Le leggi costituzionali prevedono un percorso complesso e articolato. La mia speranza è che nell’iter parlamentare la proposta possa essere rivista. Se andasse in porto, infatti, il ruolo dei deputati e dei senatori eletti all’estero verrebbe trasformato in una mera presenza simbolica. Di fatto, verrebbe messa la parola fine alla Circoscrizione Estero. Difendere un’equa rappresentanza per i nostri connazionali che vivono lontani dall’Italia vuol dire rivendicare la giustezza della “battaglia di civiltà” combattuta in passato. Qualcuno, tuttavia, sostiene che si tratti del tentativo di voler salvare alcune delle poltrone degli eletti oltre confine. La mia provocazione, allora, è questa: perché non eliminarle del tutto, a questo punto?