Giovanni Sartori, noto studioso e acclamato scrittore, non è più tra noi. Come tutti noi, gli è stato concesso solo un tempo limitato su questa terra. Tuttavia, solo pochi di noi hanno saputo usare la penna per scrivere testi tanto originali, brillanti, e alle volte anche sarcastici, quanto lui. Sotto ogni aspetto Sartori è stato uno dei più grandi intellettuali italiani capace di creare forti dibattiti che si sia mai visto negli ultimi cent’anni. Nessun altro politologo contemporaneo ha visto i propri taglienti e penetranti concetti pubblicati e imitati sul web quanto lui. Anche solo un’occhiata veloce a queste parole dà al lettore un’idea delle straordinarie qualità di quest’uomo.
Vanni Sartori aveva un livello di tolleranza molto basso verso coloro con cui dissentiva intellettualmente o politicamente. Quando parlava di questi suoi opponenti poteva essere tagliente tanto quanto Giacomo Leopardi, il memorabile poeta, che fu erroneamente descritto dai Fiorentini come uno di loro. È impossibile non ammirare l’abilità di Sartori, e di fatto la sua soddisfazione, nel rimettere i politici al loro posto attraverso la satira, se non cercare anche di eguagliarla e anche temerla. Diversi leader politici come Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e, più recentemente, Matteo Renzi, dovevano vedersela con queste immagini sartoriane, che spesso non li rendeva né esultanti né soddisfatti. Nessun altro politologo può effettivamente vantare di aver battezzato leggi elettorali con difficili nomi da equiparare come “Mattarellum” e “Porcellum”. So di per certo che uno dei dispiaceri più grandi e duraturi di Sartori fu l’incapacità dell’Italia di adottare un sistema elettorale semplice come quello francese. Cioé Vanni voleva sì una legge tipo quello francese, però proprio sulle linee da lui descritte. Cioè una legge “Sartorellum!”
Ho incontrato per la prima volta Giovanni Sartori nel 1957, in occasione di uno dei miei tanti anni in Italia da “professore in visita”, all’Università di Firenze alla famosa Facoltà d Scienze Politiche Cesare Alfieri. Già allora era uno studioso prolifero e molto ammirato. La vita da accademico, tuttavia, non deve essere stata molto facile a quei tempi per un giovane politologo, dato che in Italia non era possibile per nessun esperto di scienze politiche ottenere una cattedra universitaria di scienze politiche nel dopoguerra. Infatti la cattedra di sociologia precedette quella di scienze politiche, una volta che l’espansione accademica divenne politicamente possibile. Giovanni Sartori ottenne così la cattedra universitaria al dipartimento di sociologia. Immagino che solo pochi italiani fossero mai stati così a disagio ad essere proclamati “Professore Ordinario di Sociologia”.
Si può facilmente sostenere che le qualità di Sartori come scrittore accademico furono alla base del passo avanti fatto dalle scienze politiche e iniziato solo pochi decenni fa. Anche ad un livello globale, Sartori ha avuto una grande influenza su questa disciplina, in particolare nell’importante area di ricerca e formazione di concetti politici di base. I suoi famosi studi sulla “teoria democratica” rimangono tra le pubblicazioni più lette nel loro genere. Durante il corso della sua vita è stato considerato uno degli studiosi più eccezionali in Italia nella sua materia. Questa sua reputazione importante gli portò un’eventuale riconoscimento e ingresso nell’American Academy of Arts and Sciences. Come anche i necrologi riporteranno, questo è solo uno dei tanti riconoscimenti accademici che Sartori ha accumulato nel corso della sua vita.

Alcune volte Sartori era proprio come tutti noi, cioè, umano. Perciò poteva sbagliare. Come accadde, per esempio, quando lasciò la sua tanto amata Firenze per la Stanford University. Era erroneamente convinto che, negli anni 70, il Partito Comunista Italiano (e quindi l’U.R.R.S.) avrebbe preso il potere in Italia. Nessuno avrebbe potuto convincerlo del contrario e quindi di restare. Ed era egualmente cieco riguardo alla direzione che la disciplina delle scienze politiche avrebbe preso una volta che il tradizionale rigore della ricerca empirica arrivò a definire ciò che i suoi colleghi fecero, sia in Italia che all’estero.
Una volta invitammo Sartori a passare un anno sabbatico a Yale. La sua presenza coincise casualmente con la disastrosa alluvione di Firenze, sua città natale, a metà degli anni ’60. Il giorno dell’alluvione, durante una cena tenutasi in suo onore, a Sartori fu chiesto cosa avrebbe fatto il sindaco di Firenze in queste ardue circostanze. Rispose subito che sperava fortemente che il sindaco La Pira consultasse i “Discorsi” di Machiavelli. Fummo subito tutti rimessi ognuno al proprio posto dalla faccia tosta di questa risposta. Consultando questo famoso trattato, si può trovare un’annotazione su cosa dovrebbe fare il Principe se l’Arno avesse straripato! Alla fine si capì che il sindaco La Pira non aveva affatto consultato il Macchiavelli e molto probabilmente ne aveva pagato le conseguenze politiche.
Quell’istante per me rimane la descrizione più accurata di un orgoglioso, a volte sarcastico, spesso impaziente e sempre estremamente interessante Fiorentino ed ottimo studioso. Ne sentiremo la mancanza.
Joseph LaPalombara, Yale University, Arnold Wolfers Professor of Political Science and Management Emeritus, and Senior Research Scholar in the Center for Comparative Research. Tra le sue pubblicazioni, ricordiamo Politics Within Nations (1974); Democracy, Italian Style (1987); Multinational Corporations and Developing Countries (1981); two chapters (“Underestimated Contributions of Political Science to Organizational Learning,” and “Power and Politics in Organizations”) in Handbook of Organizations Learning (2001) and Stati Uniti? Italia e USA a confronto (2009). Per il suo lavoro di politologo, LaPalombara ha ricevuto onoroficenze dalla Presidenza della Repubblica Italiana e dalla Corte Costituzionale Italiana.