A diversi mesi dalla clamorosa quanto inaspettata ‘Brexit’ molte sono le riflessioni e i pensieri che abitano la mia mente come quella di chi, per varie ragioni, ha intrapreso un percorso targato UK.
Indubbiamente l’esito del referendum, svoltosi nel Regno Unito il 23 giugno di quest’anno, ha ed avrà effetti notevoli sulle vite di noi ‘Italians’ oltremanica. Tuttavia è anche vero che queste modifiche non avranno ripercussioni su italiani ed europei nell’immediato.
Da un lato ciò che mi ha (abbastanza) sollevato, è che alcune università britanniche hanno dimostrato un rinnovato appoggio verso gli studenti comunitari. Di fatti diverse hanno già deciso di non aumentare le nostre ‘tuition fees’ (tasse universitarie) che, nonostante molti temessero un rialzo fino ai livelli di quelle pagate dagli internazionali, in varie università rimarranno tali e quali. Ancora, chi ha già usufruito dei prestiti targati student finance avrà l’opportunità di beneficiarne durante il resto del suo percorso di studi in UK. Inoltre questi prestiti saranno aperti agli europei che hanno deciso di immatricolarsi in atenei britannici lo scorso settembre. Certo è che alla lunga chi prevedeva una vita lavorativa e anche accademica qui dovrà fare i conti con problematiche come visto, dogane e così via dicendo.
Politicamente parlando la Brexit ha comunque segnato un vero e proprio cataclisma in casa di una ormai novantenne regina Elisabetta. Incassata la sconfitta, David Cameron ha infatti annunciato le proprie dimissioni da primo ministro britannico proprio in seguito all’esito di un referendum che lui stesso aveva indetto per procacciarsi voti e consenso. Quello che più stupisce è, però, il defilarsi di una figura politica del calibro di Nigel Farage che, leader indiscusso del movimento (vincente) del Leave e sempre pronto a dare battaglia sul fronte mediatico, ha infatti deciso di non proporsi come prossimo timoniere del vascello britannico. Si è piuttosto fatto portabandiera del famoso detto italiano “tirare la pietra e nascondere la mano”. Questi, al contrario di quanto avesse annunciato prima della vittoria, non ha nemmeno rinunciato al ruolo di europarlamentare a Bruxelles dove, forse resosi conto della grandezza della decisione presa, ha recentemente fatto leva sulla moralità dei Paesi europei affermando che non raggiungere un accordo sarebbe “più sfavorevole per l’EU che per il Regno Unito” oltre che da immaturi. In qualunque modo Farage possa pensarla, la sterlina inglese è ormai scesa ai limiti storici toccando l’euro e sedici centesimi al cambio quando a inizio anno una sterlina valeva ben 1 euro e 40 centesimi.
Moralmente la Brexit ha lasciato in me uno stato di amarezza interiore non indifferente. Nonostante spesso mi accorgessi del forte isolazionismo inglese non solo legato all’indipendenza monetaria ma anche e soprattutto dovuto ai modi di fare e di vivere, a fine giornata mi ricordavo di quell’identità ‘comunitaria’ che speravo ci legasse. Ora, però, questa catena si è spezzata irrimediabilmente.
Quello che più mi spaventava era il clima che avrei potuto trovare una volta tornato a Manchester, città dove frequento l’università ormai da oltre un anno. E non mi riferisco solo a quello meteorologico (non sempre troppo promettente) ma specialmente a quello sociale. Forti e numerosi episodi di razzismo hanno infatti imperversato per tutta l’Inghilterra e Manchester non se ne è salvata. Ultimamente uno di questi atti spregevoli si è consumato su un tram proprio nel cuore pulsante della città, Piccadilly Gardens. E non importa quanto insensibili alle offese si possa essere, questo tipo di insulti dovrebbe rimanere solamente un triste ricordo del secolo scorso. Dall’altra parte mi ha fatto piacere sapere della vittoria del Remain tra le mura mancuniane. Questo mi ha dato un’ulteriore prova dell’apertura mentale e dell’internazionalità di questo luogo. Proprio i ragazzi che ho conosciuto qui sono stati anche quelli che per primi si sono amareggiati per il risultato elettorale del referendum. Quel risultato che può stroncare la possibilità per molti ragazzi di perseguire un programma Erasmus o Leonardo da e in Regno Unito.
Tirando le somme hanno i britannici davvero riconquistato quella supremazia tanto inneggiata da Farage e Johnson? Malgrado non sia un esperto in materia, credo che dopo questo breve periodo la risposta sia abbastanza chiara: no. Se quel take back control si riferiva ad avere una nazione più unita allora la risposta non può essere che negativa. Razzismo e diversità culturale di cui l’impero britannico era fautore non vanno certamente d’accordo. Dal punto di vista geopolitico la Brexit ha anche minato quel rapporto, a volte vacillante, tra gli stati membri UK. La Scozia, in cui il Remain ha vinto alle urne, rimane infatti fortemente europeista assieme all’Irlanda del Nord. Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, aveva persino suggerito un secondo referendum nel suo Paese a riprova di quanto quest’ultimo non voglia uscire dall’UE.
Nel frattempo è stato formato il nuovo governo britannico che vede, tra i nomi di spicco, Boris Johnson come ministro degli Esteri e Theresa May come prima ministra. Entrambi, conservatori fino al midollo, non hanno certo mai avuto una marcata predilezione verso noi immigrati. Il primo era infatti uno dei principali esponenti del movimento Leave mentre la seconda già un anno fa non aveva espresso sentimenti positivi a favore degli stranieri. Tuttavia, durante un incontro con il primo ministro italiano Matteo Renzi, la May ha affermato che continuerà a garantire i diritti agli italiani residenti in UK a patto che lo stesso si faccia nei confronti dei britannici nel bel paese.
Intanto, pochi giorni fa, la prima ministra britannica ha annunciato il piano di uscita dall’UE, quel piano che ridarà piena indipendenza al suo Paese. Si prospettano dunque tempi non troppo sfavillanti e facili per noi ‘Italians’ oltremanica, speranzosi, ad ogni modo, che un simile destino non attenda i nostri connazionali oltreoceano.
Riccardo Scroppo, siciliano originario di Barcellona Pozzo di Gotto, è uno studente iscritto al secondo anno del corso Politics & International Relations all’Università di Manchester. Collabora con il The Manchester Magazine e la rivista I love Sicilia.