Milioni, gli italiani giunti in America (più propriamente: nelle Americhe), a cercare quel pane, quel lavoro, quella dignità in patria negati. In milioni sbarcano a New York: un’Odissea l’essere arrivati, un’Odissea la nuova vita, e le scolaresche italiane che vanno in gita – ormai è frequente – negli Stati Uniti, dovrebbero essere portate a Ellis Island, per vedere com’era quell’Odissea, come è stata; un qualcosa di obbligatorio come chi, arriva in Israele viene portato a Yad Vashem, perché di quell’orrore si deve avere coscienza, conoscenza, memoria.
Tra quei milioni di connazionali, un giorno arrivano a New York Gabriele Capone e Teresa Raiola: originari di Angri, vicino Salerno. Gabriele si guadagna la vita facendo il barbiere. Teresa ha il suo bel da fare coi nove figli, sette maschi, due femmine. I maschi, Frank e Ralph specialmente, frequentano brutte compagnie, bande di teppisti; per non dire di Alfonso, che in quella città dove si ha l’abitudine di accorciare tutto, viene da tutti chiamato Al… Si, è proprio lui, Al: quello destinato a diventare il gangster per antonomasia.
Lo chiamano, ma sottovoce, quando non può sentire, Scarface, lo sfregiato, per via di quella cicatrice sul viso: ricordo di una coltellata presa da ragazzo. Quel soprannome, Al non lo sopporta proprio: se volete farlo andare in bestia (e pagarne le conseguenze), chiamatelo pure così. Al contrario, se volete metterlo di buon umore, se per qualche ragione lo volete compiacere meglio chiamarlo Snorky, uomo di classe. Però non bisogna mai dimenticare che dietro quegli azzimati completi giallo-verde, quella nuvola di colonia che lo circonda perennemente, e la passione per l’opera, dietro questa ostentato (e pacchiano) desiderio di “rispettabilità”, c’è una banda di criminali che a Chicago fa il bello e il cattivo tempo: elegge sindaci e governatori, corrompe la polizia, arricchisce con gli speak-easy, i locali clandestini che naturalmente tutti conoscono e fingono di non vedere; locali dove si gioca e si può bere quel whisky e quei liquori che le sciocche leggi del proibizionismo vietano.
L’azzimato Al Capone è a capo di una cosca mafiosa specializzata in omicidi e violenze di ogni tipo; e ai rari processi, i testimoni sono sempre vittime di improvvise amnesie. È Al, per esempio, il mandante della famosa strage di San Valentino del febbraio del 29. La racconta, il mafioso Frank Trigelli allo scrittore e giornalista Giancarlo Fusco: “Quelli là non riconoscevano l’autorità di Al, quei sette facevano parte della banda di ‘Bug’ Moran…Così una sera ci vestiamo da poliziotti, prendiamo la mitra (così: la mitra, ndr) e li sorprendiamo e li ammazziamo tutti. Al così aveva ordinato, così abbiamo fatto…”.
Un impero malavitoso spietato, violento. In pochi anni, almeno 500 i morti ammazzati. Questo a Chicago e dintorni.
C’è poi un altro Capone, poco conosciuto. Anche perché non si fa più chiamare Capone, cambia identità. È Vincenzo, ma per tutti è Richard Gej Hart. Accade questo: Vincenzo adora un attore del cinema muto, William Hart appunto; a lui si ispira e gli “ruba” il nome. Va a vivere, chissà perché, a Homer, piccolo villaggio nel gelido Stato del Nebraska. Una di quelle comunità fuori dal mondo oggi, figuriamoci come doveva esserlo cent’anni fa. Gli abitanti di Homer lo prendono per messicano, a lui va benissimo, non fa nulla per smentirlo. Un giorno salva una ragazza che rischia di annegare, nasce una storia d’amore, i due si sposano; lei è figlia di un maggiorente del villaggio; gli offrono di diventare sceriffo, accetta. Lo sceriffo lo fa sul serio: viene soprannominato Jimmy two gun, per via delle due pistole da cui mai si separa.
A Chicago Al arricchisce con il whisky clandestino e il racket. A Homer, e in tutto il Nebraska, Jimmy two gun combatte i trafficanti, ne arresta centinaia, li sbatte in galera, distrugge decine di distillerie clandestine. A Chicago Al controlla prostituzione e gioco d’azzardo; a Homer Jimmy two gun, vestito alla John Wayne, è paladino della causa dei pellerossa Oglala, ne difende i diritti. Al è amico di mafiosi del calibro di Lucky Luciano e Sam Giancana; Jimmy two gun parte per la prima guerra mondiale, combatte da eroe, torna decorato. Al, incastrato perché non paga le tasse, alla fine viene incarcerato ad Alcatraz. Jimmy two gun per qualche tempo è una delle guardie del corpo del presidente Coolidge.
Per ben cinquant’anni i due Capone non si incontrano, si ignorano. Si ritrovano solo nel 1947: Al, il pericolo pubblico numero uno, è morente, per i danni procurati dalla sifilide. Ha 48 anni. Jimmy two gun lo va a trovare a Miami. Restano soli per qualche ora, nessuno sa cosa si dicono. Nel 1952, a sessant’anni, anche Jimmy two gun muore: infarto.
La storia la ricavo da un libretto di una sessantina di pagine: L’ altro ItaloAmericano. La straordinaria storia di Vincenzo James Capone. Two-Gun, il fratello di Al Capone, in Italia pubblicato da MnM Edizioni. L’editore italiano ha cura di ringraziare la famiglia Hart, “per il permesso di pubblicare le immagini provenienti dal relativo archivio privato”. Un ringraziamento particolare va “al dr. Jeff G. Hart e a suo figlio Corey Hart, per aver vagliato il contenuto del resto in questo volume pubblicato”. Dunque ci sono dei discendenti; e non solo: perché per quel che riguarda le vicende e l’aneddotica relative alla figura di Two gun, si riconosce una sorta di debito con R.K. De Arment, Two Gun Hart, The Prohibition Cow boy, 2011; altre testimonianze sono state raccolte in American-Tribes.com e in Laurence Bergreen, Capone: The Man and the Era, Simon & Schuster Paperbacks, 1994. Per approfondire: J. McArthur, Two Gun Hart – Lawman Cowboy, and Long-Lost Brother of Al Capone, Bandwagon Books, 2013: biografia autorizzata dagli stessi discendenti di Richard Joseph Hart, i quali “sono stati parte attiva nella ricerca storica e nella raccolta dei documenti che hanno portato alla pubblicazione”.
È il libro di Bergreen in particolare che direi sia il più interessante e completo, per quel che riguarda i due fratelli e la famiglia Capone in generale, e il “contesto”. Appunto, come promette il titolo: l’uomo e la sua epoca. Il libretto su Jimmy two gun spende anche qualche riga per Eliot Ness, l’agente del Dipartimento di Giustizia che a capo della squadra degli Intoccabili provoca il declino e la caduta di Al Capone: “Il figlio di immigrati norvegesi gusta per poco della gloria conseguente alle sue gesta: sembra che non riesca più a vivere senza quella sfida. Muore, dimenticato da tutti, nel 1957, dopo un’interminabile serie di fallimenti professionali e politici, in anni di solitudine e alcol. Lui, l’eroe del Proibizionismo”.
Più circostanziato Bergreen. Ness, trasformato in una sorta di cavaliere della Tavola Rotonda nel film di Brian De Palma con Kevin Costner, secondo Bergreen è in realtà un mitomane narcisista, letteralmente lo distrugge, e alla fine non sai chi si salva, tra Capone e Ness.
Sembrano storie di fantasia. Sono storie vere.