Sono appena passati dieci giorni dalla scellerata chiusura del Consolato di Newark, ma sin dal primo giorno ne abbiamo sentito il grande disagio giacché ci mancano i suoi servizi, la cortesia e la competenza dei suoi funzionari, sempre solerti e gentili. Cinque dipendenti (escludendone una, storica, che ha purtroppo ridotte possibilità lavorative) che avevano assicurato a quel Consolato il più alto rendimento tra i Consolati americani. Cinque dipendenti che, con molta dedizione, riuscivano a servire circa 20.000 connazionali. Come può essersi verificato tale disastro?
In realtà, benché non esista alcuna ragione obiettiva, è innegabile che col pretesto della "revisione della spesa" sia stata perpetrata una grande ingiustizia ai danni della Comunità del New Jersey e, come diremo più avanti, dell’intera Comunità del “Tristate”. Sono stato facile profeta di sventure. Non ci sono ragioni obiettive, ma solo decisioni di persone incompetenti ed incapacità a contrastarle dei nostri rappresentanti politici, senza trascurare la volontà del mantenimento dei privilegi della "casta" del Ministero degli Affari esteri (MAE).
Mi pare doveroso fare una cronistoria, breve per quanto possibile, dell'accaduto, per chiarire gli antefatti e far comprendere a chi legge come si sia arrivati alla chiusura del Consolato.
Nel 2010, il MAE propose la chiusura delle sedi Consolari di Philadelphia e Detroit, insieme ad altre 11 sedi tra le quali le australiane Brisbane ed Adelaide. Il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE), opponendosi fermamente, diede parere negativo. La proposta prevedeva, inoltre, lo spostamento del Consolato del N.J. da Newark a Trenton che, in tal modo, avrebbe accolto anche i connazionali del sud del N.J. e della Pensilvania (circa diecimila), mentre i rimanenti diecimila sarebbero stati dirottati nella sede consolare di Washington, a beneficio delle Comunità di Stati più vicini alla capitale.
A distanza di pochi mesi, il MAE decideva di chiudere Newark al posto di Philadelphia, e ritirava tutte le giustificazioni date al suo programma, adducendo come scusa la distanza di Newark da New York. In verità, un politico eletto negli USA, invece di opporsi a qualsivoglia chiusura, aveva preteso il baratto, forte della sua corrente politica (i cui componenti oggi sono sotto processo in galera o spariti).
Dopo soli due giorni dal suo insediamento alla Farnesina, Giulio Terzi, da profondo conoscitore di rete diplomatica (in particolare americana), giudicò una follia la chiusura dei consolati e decise che ogni cosa andava ridiscussa col CGIE e con la Commissione Esteri della Camera. Dimessosi Terzi, per i noti fatti dei nostri fucilieri trattenuti in India, i funzionari del MAE tornarono alla carica e, con l'avvento della Bonino che si mostrò incompetente e prevenuta per la soluzione del delicato problema, fu riproposto lo stesso piano di chiusura senza nessuna consultazione col CGIE (come vuole la legge) e con date precise.
A questo piano se ne aggiunse un altro ancora più devastante che imponeva la chiusura di altre 32 sedi sparse in tutto il mondo ed in esso rientravano di nuovo le sedi di Philadelphia e Detroit. Ma, essendo per la prima volta coinvolte anche sedi sudamericane, la delegazione parlamentare eletta all'Estero, compresi i più decisi Sudamericani, hanno espresso il loro più fermo disappunto. Delle previste chiusure, ivi già compresa quella di Newark, i rappresentanti australiani sono riusciti a bloccare quelle di Brisbane ed Adelaide, coinvolgendo il PD e arrivando addirittura a minacciare l'uscita dal partito, cosicché le due sedi, certamente meno importanti di Newark sotto ogni profilo, sono rimaste aperte, con onore e merito di chi svolge il proprio incarico con fermezza e competenza.
Perchè Newark non ha ricevuto lo stesso trattamento delle sedi australiane?
Come CGIE e Comites ci siamo mossi tempestivamente in tutte le sedi competenti ed abbiamo cercato invano un colloquio con il ministro Bonino, che si è sempre negata. In una delle lettere consegnate al suo Capo di Gabinetto, confutavamo tutte le motivazioni addotte per la chiusura, spiegando che innanzitutto era assurdo riversare 20.000 connazionali sul Consolato di New York, già quasi al collasso, che non era vero che dal New Jersey si raggiunge facilmente N.Y. ed era pretestuoso e fuorviante parlare della vicinanza di Newark a New York. I connazionali non vivono a Newark, raggiungono Newark. Andare a New York, comporta una spesa di quasi cento dollari e un viaggio di almeno due o tre ore solo in andata, considerati gli orari di accesso al Consolato che coincidono con quelli di punta del grande traffico. Personalmente sfidai la signora Belloni, funzionario responsabile, che aveva redatto la relazione su Newark, ad arrivare da Red Bank (dove vivo) al Consolato di New York con i mezzi pubblici o privati in meno di due ore e mezzo. Insomma, come ho sempre sostenuto, sarebbe come immaginare, per assurdo, che l'amministrazione americana decidesse di chiudere La Guardia e di convogliare tutto su Kennedy, data la vicinanza tra i due aeroporti. Inimmaginabile, oltretutto, il conseguente super affollamento del Consolato Generale che avrebbe portato al collasso dei servizi per la Comunità di tutta l'area del Consolato di New York, essendo chiaro che nessun potenziamento del personale sarebbe intervenuto, se si escludono i tre contrattisti di Newark.
Il valore commerciale dei trasporti marittimi, la presenza dei grandi gruppi italiani in New Jersey e tutte le altre motivazioni che anche un bambino riesce a comprendere, non hanno scalfito la volontà ottusa e caparbia del MAE. In ogni caso, la signora Belloni fu onesta dicendo "questo è il piano MAE, solo la politica può cambiarlo". Abbiamo anche sostenuto che temporaneamente riducendo gli spazi della sede (bastavano 5 stanze ) e mandando a scavalco uno dei quattro diplomatici da New York si poteva mantenere aperto il Consolato con pochissima spesa, fino a quando seduti intorno ad un tavolo Comites, CGIE e MAE avrebbero potuto discutere serenamente della necessità o meno di tenere aperto il Consolato di Newark. Parole al vento.
Ma se vi è stata questa ottusità degli organi preposti, dove erano i nostri politici eletti in Nord America? Anche qui bisogna fare chiarezza. Assente totalmente la rappresentante canadese. Cosa dire dei nostri due rappresentanti "americani"? Totale incompetenza e poco senso politico. Il senatore Renato Turano, ricevuto dalla Bonino, invece che puntare i piedi e farsi sentire nel suo partito, si è subito arreso ed ha solo chiesto uno "sportello consolare", che solo lui sa cosa sia. La deputata Fucsia Nissoli ha fatto anche di peggio: senza consultarsi con nessuno – avrebbe potuto chiamare il presidente del COMITES Ribaudo o il Vice Segretario Gen. del CGIE Silvana Mangione – e ignorante della particolare situazione ha fatto una interrogazione che, senza le necessarie informazioni, è stato gioco facile per la Bonino ridicolizzare. Come dice un suo collega parlamentare eletto all'Estero, "mai interrogazione fu più deleteria", in quanto alla Bonino (presa dalla sua boria) sarebbe stato difficile tornare indietro su una risposta data in Parlamento. La stessa Nissoli si è subito arresa, chiedendo un Vice Consolato Onorario per il N.J. Non sappiamo ancora se Nissoli sappia o conosca le mansioni di un Console Onorario. Lo chieda ai connazionali di New York e ne capirà l'utilità (con tutto il rispetto per il ruolo ed il lavoro di chi ricopre queste cariche). La verità è che questi nostri rappresentanti sono solo “turisti” ben pagati che non saprebbero scrivere nemmeno la nota della spesa senza i loro segretari. Nei loro partiti (la Nissoli ne ha ormai cambiati tre o quattro, quindi potete capire in quale considerazione possa essere tenuta questa regina del trasformismo) contano quanto il due di coppe quando la briscola è a bastoni (mi perdoni il due di coppe).
Il mio, comunque, è un giudizio sull'operato: sul piano umano, sono persone rispettabilissime e Turano è un gentiluomo. Ho già spiegato quanto poco abbiano inciso sul blocco delle 32 sedi (Philadelphia e Detroit comprese), merito esclusivo dell'intervento pesante dei sudamericani che hanno fatto la differenza. La competenza ed il ruolo dei due australiani dimostra che la politica, quando vale, protegge i connazionali.
Detto tutto sulle inefficienze ed incapacità dei nostri "eroi", non si può trascurare il ruolo del MAE, dell'Ambasciata e del Consolato di New York. Qui parliamo di "casta e di mantenimento dei privilegi". Quando il piano fu presentato, il Sen Micheloni (Svizzera) e l'On. Fedi fecero una controrelazione, dimostrando, numeri alla mano, come si poteva risparmiare molto di più pur lasciando aperte tutte le sedi in questione. Era (ed è) semplice. L'Inghilterra utilizza all'Estero l’80% del suo personale reclutandolo in loco, con un abbattimento delle spese del personale in media del 70%. L'Italia recluta in loco solo il 35% del personale. Per fare un passaporto e tenere un archivio non serve un funzionario "romano" che costa generalmente ben oltre diecimila euro al mese. Basta un elemento assunto in loco che, se negli USA può avere un costo relativo, in tanti paesi ha un costo bassissimo (Il settimanale "Panorama" in dicembre fece un rapporto illuminante sui costi dei nostri diplomatici ). La riduzione della spesa, facevano inoltre notare Micheloni e Fedi, si fa riducendo la spesa senza danno per i servizi (questo recita la legge). La previsione del MAE taglia i servizi e mantiene inalterati i privilegi. Un Ministro come Terzi, ben conoscendo tutto ciò, avrebbe potuto certamente controbattere le tesi di una "casta" imprigionata nei suoi privilegi. Cosa poteva fare la Bonino, invece, tesa solo a crogiolarsi nel suo incarico e che, con le sue dichiarazioni, ha più di una volta fatto capire quale pregiudizio alberghi nella sua mente nei confronti degli italiani residenti all'estero?
Infine il ruolo della nostra Ambasciata e del Consolato di New York è stato di supina accettazione dei voleri della Farnesina. Prese di posizioni molto blande che poco merito rendono alle cariche ricoperte. Dopo la scomparsa di Mirko Tremaglia, il MAE ormai ci considera zavorra da eliminare, mentre la classe politica qui eletta non ha nessuna incidenza sulle questioni che ci riguardano. Il valzer delle chiusure è appena iniziato e nell'intento finale c'è la sopravvivenza negli USA di soli quattro Consolati. I rinvii delle elezioni di COMITES e CGIE servono a svilire il valore di questi organismi che quando funzionano costringono il MAE a sedersi e a discutere. Ma organismi che ormai sono in carica da oltre dieci anni in continua prorogatio, hanno spesso poca o nessuna incidenza decisionale.
Cari connazionali, vorrei sbagliarmi, ma sono convinto che il MAE esprima il sentimento degli italiani nei nostri confronti (grazie agli eletti all’estero). Non dobbiamo farcene una ragione. A La VOCE di New York che ospita queste mie riflessioni e che ringrazio, chiedo di cominciare una campagna di sensibilizzazione tesa a dare voce ad un senso di frustrazione che possa trasformarsi in protesta vera a sostegno dei nostri diritti di cittadinanza. A volte di necessità bisogna far virtù e certamente noi Italiani all'Estero ne siamo una dimostrazione.

Augusto Sorriso
*Imprenditore della ristorazione, componente del Comitato di Presidenza del CGIE, ex sindaco democristiano di Licata (AG)