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October 19, 2013
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Storia degli italiani in America: da chi l’ha scoperta a chi l’ha trovata

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Paolo Battaglia, Mario Mignone, Ralph Eubanks e Linda Barrett Osborne durante la presentazione del libro al Consolato di New York

Paolo Battaglia, Mario Mignone, Ralph Eubanks e Linda Barrett Osborne durante la presentazione del libro al Consolato di New York

Time: 5 mins read

 

È il frutto di una storia talmente eccezionale che perfino l'autore stenta a crederci. Il libro Trovare l'America (nella meno poetica versione inglese, Explorers Emigrants Citizens), a cura di Linda Barrett Osborne e Paolo Battaglia, nasce dalla collaborazione tra Battaglia, editore e graphic designer modenese, e la Library of Congress di Washington DC, una delle istituzioni più prestigiose nell'ambito della conservazione della memoria ufficiale degli Stati Uniti. Una collaborazione eccellente nata grazie a una semplice e-mail che Paolo Battaglia, che aveva il desiderio di mettere insieme una storia per immagini dell'emigrazione italiana negli USA, vista da entrambe le prospettive, mandò alla Library of Congress, senza nemmeno troppe speranze. “Questo libro è stato il mio modo di 'trovare l'America' – ha raccontato Battaglia durante la presentazione del libro al Consolato Generale di New York, mercoledì 16 ottobre – Per un piccolo editore come me, mandare un'email a un'istituzione del genere e ricevere una risposta è impensabile. E invece non solo mi hanno risposto ma mi hanno dato la massima disponibilità e offerto una collaborazione attraverso la quale ci siamo scambiati informazioni ed esperienze. E per quanto possa capire perché loro abbiano deciso di farlo (perché il libro in qualche modo contribuisce alla diffusione del materiale dell'archivio), come italiano non lo capisco perché semplicemente questo non è il modo in cui le istituzioni ragionano in Italia”. Ma questa è l'America, baby e lo sapevano quegli italiani partiti con le valigie di cartone.

Alla Library of Congress Battaglia ha trovato Ralph Eubanks ex direttore del Publishing Office che, complice un retaggio italiano da americano del Sud, ha creduto nel suo progetto e lo ha sostenuto. E ha trovato Linda Barrett Osborne, senior writer-editor che, al momento di quella e-mail stava per andare in pensione ma che decise di rimandare il pensionamento proprio per lavorare a quel libro. Nonostante il nome non lo lascerebbe pensare, infatti, l'autrice è di origini italiane, americana di quarta generazione, discendente sia da parte di madre che di padre di italiani arrivati a fine '800. Fu negli anni '40 che i suoi genitori, per evitare discriminazioni e pregiudizi, decisero di cambiare il nome di famiglia da Boccuzzi in Barrett, lasciando cadere nel dimenticatoio ogni connessione con il paese d'origine. Ma Linda Barrett aveva conservato la fascinazione e la curiosità per quelle sue origini che proprio grazie all'idea di Paolo Batttaglia ha avuto modo di coltivare.

Mercoledì 16 ottobre, il Console Generale, Natalia Quintavalle che ha voluto presentare il libro al Consolato di New York ha consegnato una targa a Ralph Eubanks, a riconoscimento del supporto per la realizzazione di un'opera importante per gli italiani in America. La viceconsole, Lucia Pasqualini, ha ricordato con emozione come in Italia tutte le famiglie, compresa la sua, hanno qualche parente in America e come le storie di emigrazione facciano parte del vissuto di oguno di noi. Alla presentazione del volume, oltre agli autori e a Ralph Eubanks, erano presenti Mario Mignone, docente alla SUNY e fondatore del Center for Italian Studies, e la professsoressa Tatiana Yakushkina di San Pietroburgo, attualmente fulbright scholar alla Stony Brook University.

Il libro, coprodotto dalla Anniversary Books di Paolo Battaglia e dalla Library of Congress, è una raccolta di più di 500 immagini, oltre a documenti e testimonianze che ripercorrono la storia degli Italiani in America, da Colombo al '900. Saggi dello storiografo Antonio Canovi e di Mario Mignone completano il volume con note storiche e riflessioni socio-antropologiche. Nelle tre sezioni in cui il libro è suddiviso, c'è tutto dei tanti italiani che hanno contribuito alla storia degli USA: dai primi passi nel nuovo mondo alla completa assimilazione.

Libro

Alcune pagine del libro dedicate ai miti italio-americani della box

“Abbiamo deciso di includere sia il buono che il cattivo” – si legge nell'introduzione dei curatori. Il libro non si limita all'auto-celebrazione del successo degli italiani in America, ma affronta invece tutti gli stereotipi senza omettere gli aspetti negativi, la violenza, l'ignoranza. Nelle immagini ci sono gli anarchici e ci sono i fascisti, ci sono i mafiosi e ci sono gli eroi, ci sono quelli che si sono arricchiti e quelli che non si sono arricchiti mai, quelli che l'America non l'hanno trovata. Il senso è che non esiste un solo tipo di Italo-americano, ma ce ne sono milioni. Sfogliando le pagine del libro si ha la sensazione che tanti degli stereotipi che sono stati affibbiati ai nostri nonni, bisnonni e trisavoli siano nati da una realtà, innegabile, quanto, spesso, dolorosa, difficile. “Molte delle immagini del libro ci mostrano persone a lavoro – ha detto in occasione della presentazione al Consolato, Mario Mignone – e questo è forse il contributo più importante che gli italiani hanno dato all'America: il lavoro. Sono orgoglioso del fatto che il primo articolo della costituzione italiana stabilisca che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Spero che i padri fondatori avessero in mente anche il lavoro degli emigranti quando lo hanno scritto”.

Mignone Consolato

Un momento della presentazione al Consolato Generale di New York

In uno dei saggi che introducono il libro, Mignone sottolinea come la cultura ufficiale italiana per anni abbia dimenticato il sacrificio e il contributo di tutti quegli italiani che con dolore avevano lasciato la terra natia per cercare fortuna all'estero. Come se ci si dovesse vergognare di chi aveva abbandonato l'Italia, i libri di scuola non riportavano una riga sul fenomeno dell'emigrazione, scrive Mignone, ed è solo di recente che l'Italia ha cominciato a occuparsi di queste persone e a riconoscere il significato del fenomeno emigrazione per l'intera nazione.

Completa il volume un testo introduttivo del regista Martin Scorsese che, nel ricordare la sua infanzia a Little Italy, constata che oggi quello spicchio di Italia a New York non esiste più. “Certamente ciò è triste per quelli di noi che sono cresciuti in quel mondo che se n'è andato – scrive Scorsese – Ma non è un tragedia. È New York ed è l'America, entrambe in continua trasformazione”.

Ed è forse proprio questo il senso più profondo del volume che, nel raccontare la storia di un'emigrazione di massa, racconta un cambiamento culturale e quasi 500 anni di trasformazioni. Così il libro finisce per offrire spunti non banali di riflessione su un tema, quello dell'immigrazione, che non soltanto è oggi di grande attualità per entrambi i paesi, ma che continua a trasformare e plasmare le culture italiana e americana. Come ha ricordato Tatiana Yakushkina nel suo intervento durante la presentazione al Consolato, oggi ci sono immigrati che arrivano dai paesi più poveri e che subiscono le stesse discriminazioni che gli italiani subivano in America, tanto che, ha detto facendo l'esempio dell'immigrazione giorgiana in Russia, addirittura l'offensiva terminologia usata per definirli è la stessa. Guardando le immagini raccolte nel libro, è inevitabile mettere in prospettiva storica gli eventi contemporanei e riflettere sulla necessità che i governi elaborino politiche che tengano conto di come, attraverso gli anni, i ruoli possano invertirsi. Lì dove c'era un popolo di emigranti poveri, analfabeti e restii all'integrazione, oggi ci sono imprenditori, politici, intellettuali, persone che, insomma, segnano il successo del percorso compiuto dall'Italia all'America. Mentre la terra di origine è diventata a sua volta meta di emigrazione di chi cerca l'America in Italia. 

Il libro si ferma un attimo prima dei giorni nostri e, forse per non spezzare l'incanto del ricordo e delle foto in bianco e nero, dimentica – la storia si ripete – i nuovi emigranti, quelli che oggi sono tornati a cercare l'America, stavolta con una laurea in tasca.

 

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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