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La storia dei soldati Usa uccisi nell’attentato di Kabul: avevano tutti vent’anni

Chi erano i militari statunitensi massacrati all'aeroporto. Alcuni si erano arruolati appena finito il liceo per trovare i soldi per pagarsi il college

Ugo BarbarabyUgo Barbara
La storia dei soldati Usa uccisi nell’attentato di Kabul: avevano tutti vent’anni

Soldati - Pixabay

Time: 5 mins read

Ragazzi. Qualche familiare li chiama ancora “bambini”. Bambini con il fucile mandati a proteggere una disastrosa ritirata. Avevano tutti vent’anni – qualcuno 22 o 25 – i militari americani morti nell’attentato all’aeroporto di Kabul. Si erano arruolati appena finito il liceo, per lasciare quel buco di villaggio da cui venivano, per trovare i soldi per pagarsi il college o semplicemente per servire il loro Paese nella loro seconda famiglia: il corpo dei Marines, l’esercito o la marina. Sono stati resi noti i nomi di 11 delle 13 vittime americane a Kabul. Ecco chi erano, da dove venivano e cosa sognavano, secondo quanto hanno raccontato i loro familiari alla stampa locale.

Maxton Soviak, 22 anni, Marina

A dare la notizia è stata la sorella maggiore, Marilyn. Suo fratello Maxton non combatteva: era un infermiere. Veniva da un villaggio di poco più di 60 anime in Ohio dal nome esotico: Berlin Heights. In un posto poco più grande e dal nome altrettanto esotico – Milan – aveva finito il liceo nel 2017. Poi si era arruolato, magari per vedere com’era il mondo oltre quelle quattro strade in croce che avevano segnato la sua vita fino ad allora.
“Non mi sono mai occupata di politica e non ho intenzione di iniziare ora” scrive Marilyn, “Quello che dirò è che il mio bellissimo, intelligente, fastidioso e affascinante fratellino è stato ucciso aiutando a salvare vite umane. Era solo un bambino. Stiamo mandando i bambini laggiù a morire. Bambini con famiglie che ora hanno buchi proprio come il nostro”.

Kareem Nikoui, 20 anni, Marine

Quando ha visto un gruppo di Marines presentarsi alla sua porta a Norco, in California, il padre di Kareem Nikoui ha capito che suo figlio non sarebbe tornato a casa. Per una di quelle curiose coincidenze che hanno un senso solo per chi ci fa cao, la vita di Kareem era anziata negli stessi giorni in cui era cominciata la guerra degli americani in Afghanistan ed è finita mentre il conflitto giungeva alla sua conclusione. Il giorno prima di essere ucciso, aveva inviato a suo padre un video in cui parlava con i bambini afgani e distribuiva loro caramelle all’aeroporto di Kabul.
“Mio figlio amava quello che stava facendo e aveva sempre voluto essere un Marine” dice Steve Nikoui che critica la sciatta esecuzione dell’evacuazione americana: “Biden gli ha voltato le spalle. Questo è tutto. Sono davvero deluso dal modo in cui il presidente ha gestito la cosa, ancor di più dal modo in cui l’hanno gestita i militari. I comandanti sul campo avrebbero dovuto riconoscere questa minaccia e affrontarla”.

David Lee Espinoza, 20 anni, Marine

Rio Bravo ha una forma strana. Se la si guarda dall’alto è stretta e lunga come la pista di un aeroporto. David Lee veniva da questa cittadina-dormitorio alle porte di Laredo, in Texas. Poco più di 4 mila anime e nemmeno un liceo tanto che per fare le scuole superiori si era spostato in città. Appena diplomato non aveva avuto esitazioni: il suo futuro doveva essere nei Marines. “Incarnava i valori dell’America: grinta, dedizione, servizio e valore” lo ha ricordato su Twitter il deputato del Texas Henry Cuellar. Lo ha fatto lui perché il fratello, la madre e il patrigno, non hanno trovato la forza.

Rylee McCollum, 20 anni, Marine

Fra tre settimane sarebbe diventato padre. Sua moglie lo aspettava a Bondurant insieme con gli altri 153 abitanti di questo gelido, minuscolo villaggio del Wyoming, dove comincia a nevicare a settembre e smette a giugno. Un posto in cui temperatura media è di 0,5 gradi e per nove mesi l’anno bisogna muoversi tra mura di neve alte tre metri. Quello in Afghanistan era il suo primo incarico e si era sposato appena prima di partire. Era convinto che il corpo dei Marines fosse tutta la sua vita e una volta lasciato il servizio attivo voleva insegnare storia e fare l’allenatore di wrestling. Due cose vicine tra loro come Bondurant e Kabul.

Jared Schmitz, 20 anni, Marine

L’ultima foto lo ritrae in Afghanistan, con su una mano un pulcino di falco. Curiosamente Jared e il piccolo falco hanno la stessa espressione: seria e vagamente beffarda. La faccia di chi si aspetta molto dalla vita. Il caporale Schmitz veniva dalla contea di St. Charles, in Missouri, e quello a Kabul era il suo primo incarico. Suo padre Mark ha ricevuto la visita dei Marines alle 2,40 del mattino. Non gli è servito altro per capire che non avrebbe visto suo figlio diventare l’uomo che stava divenendo.

Hunter Lopez, 22 anni, Marine

Portava i gradi di caporale, ma sognava la stella da sceriffo. Avrebbe finito il suo lavoro in Afghanistan e sarebbe tornato a Riverside, in California, per seguire le orme dei suoi genitori: il vice sceriffo Alicia e il capitano Herman Lopez.
“Come i suoi genitori che servono la nostra comunità, essere un Marine per Hunter non era un lavoro; era una chiamata” hanno scritto i colleghi dei suoi genitori.

Daegan Page, 23 anni, Marine

C’è una spiaggia, in Normandia, che porta un nome inciso a fuoco nella memoria del mondo: Omaha. Il 6 giugno del 1944 nulla di quello che gli strateghi americani avevano pensato andò come doveva andare. Circa cinquemila uomini non superarono la linea della battigia, falciati dal fuoco delle difese naziste. Dal posto che diede il nome a quella battaglia veniva Deagan Page, un tipo “dalla scorza dura e dal cuore grande” come lo ricorda la famiglia. Come tanti, si era unito ai Marines dopo il liceo e serviva in un’unità conosciuta come “The Professionals”. Per i quattro fratelli Daegan era come un parco giochi. Per i suoi amici il ragazzo su cui si poteva sempre contare. Aveva promesso a Jessica, la sua fidanzata, che l’avrebbe portata a caccia.

Ryan Knauss, 23 anni, Esercito

Sognava Washington, sognava di servire il suo Paese, ma lontano dal campo di battaglia, impegnandosi nelle ‘operazioni psicologiche’, una materia su cui si era appena specializzato. Non era, come quasi tutti gli altri, un Marine, ma un soldato dell’esercito, “un giovane motivato che amava il suo paese”, come ha detto suo nonno.
Ryan veniva da Knoxville, in Tennessee, e anche lui si era arruolato poco dopo essersi diplomato. Amava il bricolage: riparare cose e aiutare la moglie Alena a curare il giardino, ma si era ritrovato con un fucile tra le mani e una marea di profughi che montava davanti ai suoi occhi. Ryan era un devoto cristiano e fino al liceo aveva studiato in scuole in cui la religione è presa molto sul serio. Suo nonno Wayne non ha dubbi: per lui deve per forza esserci un posto in paradiso.

Darin Taylor Hoover Jr., 31 anni, Marine

Era l’anziano del gruppo. Anziano a 31 anni. Era il loro capo: un sergente maggiore finito nei Marines dopo essere stato la star della squadra di football del liceo. Sorrideva, Taylor, sorrideva sempre. Ai commilitoni, agli afghani che si ammassavano a migliaia per entrare all’aeroporto. Infondeva calma e allegria. Da quando hanno saputo della sua morte, i Marines che hanno servito con lui tempestano il padre di messaggi. “Ripensano a lui e dicono di aver imparato tanto” dice Hoover, “era un cavolo di leader.”
Nello Utah, lo stato da cui veniva, il governatore Spencer Cox ha ordinato che le bandiere siano tutte a mezz’asta fino al tramonto di lunedì. (Agi)

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