E’ stato da poco il suo compleanno. Nata il 15 Agosto del 1966, Alexandra Celi è attrice, nonché figlia degli attori Adolfo Celi e Veronica Lazar, che Celi sposò in terze nozze e da cui ebbe anche Leonardo (nel 1968), autore del documentario Adolfo Celi, Un Uomo Per Due Culture, realizzato un po’ di anni fa per ricordare il padre a vent’anni dalla scomparsa. Incontriamo Alexandra dopo una ricerca sui social network, ed iniziamo un colloquio a distanza per parlare del suo indimenticabile papà, di cui non pretendiamo – attraverso una singola intervista – un ricordo esaustivo che ne celebri appieno la carriera lunga e straordinaria, ma confidiamo di sottolinearne almeno alcuni momenti privati con qualche memoria nascosta da far affiorare, fermo restando l’indiscusso valore generale che la figura artistica di Adolfo Celi riveste tutt’oggi in Brasile, dove è considerato uno dei registi più importanti. Alexandra è anche una moglie e madre appagata. Nata a Londra, attualmente vive e lavora a Roma. Dopo il diploma alla Bottega teatrale di Vittorio Gassman, ha esordito nel primo film di Roberto Benigni e da lì non si è più fermata, alternando nel corso del tempo produzioni teatrali e cinematografiche di successo. Lo scorso anno ha scritto e prodotto “Era la più bella di tutti noi”, documentario sulla vita dei suoi genitori presentato alla Festa del Cinema di Roma.
Da dove iniziamo, Alexandra? Lo scorso 19 Febbraio sono stati 35 anni dalla scomparsa di quello che per tutti è stato uno straordinario attore, regista e sceneggiatore, ma per te semplicemente l’adorato papà. Come ami ricordarlo ? Che rapporto avevate?
“Era regale, mio padre; le spalle dritte, lo sguardo fiero. Incuteva timore, ma in realtà era tenero e divertente; pensava che i bambini dovessero essere educati con estrema libertà. Se ne ando’ improvvisamente la sera della prima di uno spettacolo dal titolo I Misteri di Pietroburgo, a pochi minuti dal chi e’ di scena. La sera precedente, al termine della prova generale, disse: Salutatemi mia figlia. Da quella sera il suo saluto e’ sempre con me, e quella sera ha cambiato per sempre la mia vita”.
Siciliano di nascita, esattamente messinese. Crebbe tra la Sicilia ed il Nord Italia. Cosa conservava tuo padre delle sue radici?
“Papà era molto fiero delle sue origini; i suoi occhi azzurri erano tipici dei siciliani di origine normanna, una popolazione celtica che in tempi remoti conquistò la Sicilia (molti siciliani sono così). Ha sempre amato le granite di caffè’ con panna e le brioches di Messina, ed amava molto tornare in terra di Sicilia”.
Tuo padre ha incontrato prima l’amore per la macchina da presa, e poi per il Teatro ed il Cinema.
“Sì. Suo padre Giuseppe Celi era Prefetto del Regno, uomo d’armi tutto di un pezzo anche se tenero. Gli regalo’ una cinepresa. Da li incomincio’ il suo amore per il cinema. Nel ’48 supero’ il provino all’ Accademia d’Arte Drammatica di Roma. I suoi compagni di corso erano gente come Vittorio Gassman, Luciano Salce, Squarzina, Tognazzi…erano i ragazzi del ’22: un’annata eccezionale”.
Le informazioni ufficiali riportano che Aldo Fabrizi fece a tuo padre una proposta che gli cambiò la vita: la partecipazione al film Emigrantes (1949), girato in Argentina. Cosa successe grazie a questo film?
“Verissimo. Aldo Fabrizi lo scritturò per girare questo film, Emigrantes, che era girato su una nave di veri emigranti diretta in Argentina. La pellicola ebbe molto successo. Papà sarebbe dovuto tornare in Italia dopo pochi mesi, ed invece si trasferi’ in Brasile, rimanendoci per ben 15 anni!”.
Parliamo dunque degli anni brasiliani: tuo padre è molto conosciuto in questa parte di mondo.

“Appena sbarcato in Argentina, trovò subito un lavoro come tecnico luci in un teatro. Dopo pochi mesi si trasferì in Brasile. Da allora la sua carriera fu sfolgorante: fondò un Teatro Stabile (il Teatro Brasileiro de Comedia –TBC), e fece conoscere al pubblico sudamericano autori come Pirandello, Goldoni, Shakespeare. I suoi spettacoli ebbero molto successo, ed ancora adesso è davvero famosissimo. Ebbe molto successo anche con le donne, perché in Brasile si sposò tre volte. Ripensandoci, e’ stato veramente coraggioso: non e’ andato solamente ad abitare in una diversa nazione, ma si è trasferito proprio in un altro mondo. Ha li’ portato e diffuso la cultura teatrale dell’Occidente europeo”.
Dopo la lunga permanenza in America, ecco il ritorno in Italia, che scaturì nei primi Anni 60: per quale motivo?
“Credo che sia stato il richiamo della terra natia. Mio padre voleva dei figli, una famiglia; in Brasile le circostanze politiche cominciavano a cambiare; cominciavano le avanguardie, e lui non si riconosceva piu’ in quell’ambiente. In Italia, invece, era il periodo del boom economico. Comunque, furono vari i motivi che lo spinsero a tornare, ed il film autobiografico L’alibi racconta molto bene quel suo momento”.
Adolfo Celi rientrò – lo ripetiamo – nei primi anni sessanta, ma il cinema che aveva lasciato non c’era più. Si specializzerà nelle parti del cattivo, sia nei film western o d’azione, sia – con una certa autoironia – nelle commedie, dove interpretò spesso personaggi malvagi o potenti.
“Sì. A 45 anni era tra i pochi attori italiani che sapessero recitare anche in inglese; grazie alla sua bravura e alla preparazione professionale, venne ingaggiato come protagonista o comprimario in numerosi film internazionali, tra cui ne cito qualcuno : Il tormento e l’estasi (1965) di Carol Reed, Il colonnello Von Ryan (1965) di Mark Robson, Grand Prix (1967) di John Frankenheimer. E poi anche Masquerade (1967) di Joseph L. Mankiewicz, ed Il fantasma della libertà (1974) di Luis Buñuel. Fu un periodo d’oro. Mio padre interpreto’ anche Emilio Largo con James Bond in Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono): era il cattivo del film, e fu un grande passo, questo, nella sua carriera. Nello stesso periodo, mentre una sera era ad una festa, incontro’ mia madre, Veronica Lazar, inquieta e bellissima ebrea in fuga dalla Transilvania. Fu un colpo di fulmine. Dopo due anni siamo nati noi: Alexandra e Leonardo. Era la fine degli Anni 60. Stavamo in un casale immerso sull’Appia Antica. Non durò, purtroppo. Avevano entrambi due caratteri turbolenti”.

Tuo padre ha lavorato, tra gli altri, con Vittorio Gassman (conosciuto – lo abbiamo ricordato prima – negli anni giovanili). Che tipo di amicizia coltivò con lui?
“Con Gassman erano amici fraterni. Mio padre lo adorava, e Vittorio era simpaticissimo. Gassman mi fu molto vicino dopo la morte di papà. Non finirò’ mai di ringraziarlo. Anzi, lo faccio anche adesso, sicura che possa ascoltarmi”.
Adolfo Celi attore a quale sua interpretazione era più affezionato? Te lo ha mai rivelato?
“So che amava L’alibi di Marco Leto; Amici Miei di Monicelli; Febbre Da Cavallo di Steno”. Infine, Sandokan di Sergio Sollima”.
Nella memoria del pubblico italiano, il volto di Adolfo Celi resta indubbiamente legato proprio al ruolo di lord James Brooke, acerrimo nemico della Tigre di Mompracem, interpretata da Kabir Bedi in Sandokan (1976). Qualche ricordo di tuo padre su questa fortunatissima miniserie televisiva?
“Nessuno voleva partire per la Malesia e stare fuori dall’Italia 8 mesi, così come nessuno si aspettava il successo che avrebbe avuto questa serie tv. L’ esperienza si rivelò strordinaria e piena di aneddoti; molti tigrotti (i pirati del film ) erano in realtà camerieri dell’albergo dove alloggiava la troupe. Si sono, alla fine, tutti molto divertiti. Per un periodo io e mio fratello siamo stati in Malesia con lui mentre girava, perdendo mesi di scuola. Eravamo bambini. Adesso, sarebbe impossibile che questo succedesse, ma lui era così: non pensava mai alle conseguenze. Kabir Bedi era adorabile, e poi tanto bello e non solo bravo. Erano tutti innamorati di lui, sul set e fuori. Sergio Sollima, infine, era irresistibile. Io e Leonardo siamo tornati in Italia vestiti da indiani, bruciati dal sole, e con la valigia piena di conchiglie giganti”.
Il 19 febbraio 1986 è noto alle cronache che Adolfo Celi muore per un arresto cardiocircolatorio, esattamente 40 anni dopo quella di suo padre, avvenuta il 19 febbraio 1946. Riposa al cimitero monumentale di Messina. Come descriveresti in poche parole l’eredità artistica che ha lasciato al nostro Paese, e quale l’eredità umana che ha invece lasciato alla sua famiglia?

“L’eredita che papà ha lasciato in me è di cercare di prendere le cose con leggerezza. Di essere sempre corretta. Infine di cercare di cogliere le opportunità che ci riserva il destino. L’eredita’ al nostro Paese, mi chiedi? Sicuramente è stato un attore internazionale: parlava 5 lingue e leggeva di tutto. Ha girato il mondo, ha portato la cultura italiana all’ estero rimanendo sempre se stesso, ed e’ stato attore e regista molto amato. Un uomo, infine, in grado di trasformare il proprio destino”.
Come stai portando avanti oggi il suo nome? Con quali iniziative?
“Parallelamente alla mia vita da attrice, ho scritto e prodotto un documentario su mia madre: Era la piu bella di tutti noi, dove parlo molto anche di mio padre (visto però con gli occhi di mia madre). Sono molto orgogliosa del lavoro che faccio per omaggiare la memoria dei miei genitori, e per me e’ come se fossi nata in una famiglia di supereroi. Anche se non ho ereditato i loro superpoteri, il mio dovere è di parlare di loro, ricordandoli. Il mio impegno prossimo e futuro sara’ di far circolare questo documentario il piu’ possibile”.
Prima di salutarci : che rapporto hai tu con l’America? Quali luoghi hai visitato?
“Sono stata a New York anni fa, e la trovo meravigliosa: non vedo l’ora di tornarci”.