E’ uno dei fenomeni mediatici di cui oggigiorno si parla, simbolo di quei successi improvvisi figli della Rete e che in teoria divengono subito oggetto di studi sociologici; poi, con il tempo, dal momento che persistono, diventano polo di grande attenzione generale. Come è accaduto nel suo caso. Nelle vostre conversazioni whatsapp, tanto per dirne una, Lui è sicuramente capitato più di una volta grazie a ciò che crea e mette in rete, e che regolarmente viene scambiato e condiviso tra utenti virtuali. Al secolo, si chiama Federico Palmaroli, ma tutti lo conoscono come Osho. Un Osho molto particolare. Non ha nulla a che fare nei contenuti con quello vero, Osho Rajneesh, mistico che alla metà degli anni ’70 girava l’India predicando amore e meditazione, per poi trasferirsi – amante delle Roll Royce – negli States, esattamente in Oregon, con al seguito una lunga e complessa storia di cui in verità non ci interessa parlare. Federico Palmaroli ha solo usato in prestito il nome Osho, iniziando a “giocare” ironicamente con le immagini di questo santone, a cui ha associato frasi spiritose in romanesco per far sorridere all’inizio i suoi amici ristretti. Da lì, una esplosione di gradimento, che ha condotto, dal santone in barba bianca a cui Federico ha prestato attenzione nella prima parte della sua attività social, alla satira vera e propria, cavallo di battaglia de Le più belle frasi di Osho, di cui è inventore e autore unico. Stiamo parlando – tenetevi ben saldi – del polo di attrazione di satira politica più importante della Rete, con un gradimento sulla pagina facebook di oltre 1.100.000 likes e con oltre 450.000 followers su twitter. Numeri importanti, e troppi hanno interesse a tenerlo d’occhio. Ne è consapevole, Federico: “Penso sia normale” – dichiara – che qualcuno mi abbia già chiesto di entrare in Politica: le mie postazioni social sono un ottimo bacino di potenziali voti. Non lo farei comunque mai, perché dovrei smettere di fare quello che sto facendo: non sarei più credibile. E poi secondo me la Politica la deve fare chi ne è capace”.
Andiamo per gradi, e proviamo a raccontare la storia di questo bell’uomo di 48 anni, che fa un lavoro “normale” con orario di ufficio, ma di fatto è autore seguitissimo di satira nel resto del tempo, conteso da giornali e programmi tvnazionali (è ospite fisso a Porta a Porta di Bruno Vespa, tanto per cominciare). Una vera social Star, con strali che non risparmiano nessuno schieramento.
Lo incontro nel tardo pomeriggio di un giorno infrasettimanale; ha veramente poco tempo libero. Fissare un appuntamento non è stato facile. Sta scrivendo anche il suo quinto libro, di cui accenna qualcosa nella nostra chiacchierata, oltre a promozionare ancora l’ultimo suo best seller dal titolo Vedi de fa poco ‘o spiritoso – Il meglio (e il peggio) di un anno italiano, edito da Rizzoli a Dicembre 2020, alla seconda ristampa già dopo poco tempo dall’uscita.
Federico, sei romano de Roma, cresciuto per l’esattezza a Monteverde. Hai una storia pre-Osho che vorrei almeno accennare. Da dove cominciamo?
“Direi da Monteverde. Nasco in questo quartiere, anche se ci rimango molto poco. Giusto i primi anni della mia infanzia. Giro in seguito per tutta Roma, nel senso che ho fatto più di un trasloco nella mia vita. Ho abitato alla Balduina, a Montesacro, a Piazza Fiume… adesso vivo al Flaminio”.
I tuoi studi?
“Liceo Classico in Prati, e poi Università; ho scelto la Facoltà di Giurisprudenza, che non ho terminato nonostante il mio percorso di studi fosse quasi concluso: mancavano soli 5 esami alla tesi. Oggi lavoro come impiegato in una realtà che non c’entra niente con il fenomeno social di Osho”.
Hai un talento straordinario per la battuta e l’irriverenza. Quello che vorrei approfondire è come abbia fatto il tuo talento ad incontrare nel profondo il gusto del pubblico che ti segue. Non sempre, è risaputo, avere talento significa necessariamente fare centro.
“Credo che abbiano concorso una serie di elementi, tra cui anche il c…o (alias fortuna!), che è sicuramente una componente importante (n.d.r.: Federico sorride mentre pronuncia la frase). E poi ha funzionato il fatto che all’inizio del mio percorso social io abbia usato questo personaggio sicuramente curioso, dall’aspetto evidente di un santone anche per chi non lo conosceva affatto, al quale ho associato buffe espressioni romanesche stereotipate che vengono utilizzate nella vita senza neanche accorgercene (sempre quelle, sempre le stesse in quelle determinate situazioni). Utilizzando proprio quelle espressioni e non altre , ho incontrato il riconoscimento pieno da parte del pubblico: fanno parte in qualche modo del bagaglio di ciascuno di noi, ed è risultato vincente averle sottolineate e veicolate attraverso un personaggio che esteriormente aveva un aspetto che mai avrebbe fatto pensare che potesse dire proprio quelle cose lì. Il successo del primo personaggio, in sintesi, è stato questo. Della seconda fase della mia esperienza satirica, invece, quella riguardante la Politica, credo abbia funzionato il fatto di raccontare le grandi vicende dell’attualità attraverso l’utilizzo di un linguaggio proveniente sempre dal basso; una sorta di metafora delle vicende nostre quotidiane usando il romanesco, che non è tanto un dialetto, quanto una cadenza popolare abbastanza comprensibile ovunque”.
A inizio di questo anno sei stato oscurato alcune ore a causa di una segnalazione relativa al soprannome con cui ormai tutti ti conoscono (Osho, appunto). La Rete è letteralmente insorta e poi è stato ammesso lo sbaglio. Parliamo proprio di questo aspetto: quante rogne di copyright finora ti ha causato chiamarti così? Oggi ancora girano i tuoi famosi meme con la faccia del santone Osho Rajneesh con sopra scritte le tue battute in romanesco, ma mi pare di aver letto da qualche parte che non puoi più usare da tempo la sua immagine.
“No, l’immagine non posso più usarla. Qualche scambio di carteggio con la Fondazione che si dichiara erede dell’eredità del santone in effetti c’è stata. Una delle contestazioni che però feci io a questa Fondazione, invece – che mi accusava di dileggiare il loro leader – partiva da una frase vera di Osho, il quale sosteneva che chi fa autoironia è una benedizione per tutto il mondo. Osho Rajneesh raccontava infatti anche molte barzellette, e faceva battute in prima persona…credo in tutta sincerità che, se fosse vivo, mi approverebbe”.
Il nome sulla tua pagina, invece, ti hanno lasciato continuare ad usarlo senza problemi?
“Il diniego sulle immagini ha un senso: non le posso più utilizzare, ne ho accettato i motivi. Il nome Le più belle frasi di Osho è tutta un’altra storia ed è chiaramente una pagina satirica, dove Federico Palmaroli è se stesso e non ruba l’identità a nessuno. Ecco perché c’è stato un errore di valutazione da parte di facebook quando me l’ha bloccata. Anche per quanto riguarda il soprannome Osho, pure se trattasi di un marchio registrato, è appunto solo un soprannome: se io volessi un giorno chiamare mio figlio Osho, che significa…che non lo potrei chiamare così? Levando l’utilizzo delle foto reali di Osho Rajneesh nel fare satira, si è risolta l’intera controversia”.
Per quanto invece riguarda le immagini che attualmente utilizzi e che riguardano scene di vita politica italiana ed internazionale, non hai problemi di copyright?
“Sulla pubblicazione nei miei spazi social, le immagini le prendo da internet e non ho uno sfruttamento commerciale delle stesse; non mi dicono niente: si sorride, e la faccenda resta nella Rete, dove già queste immagini si trovano prima che io le condivida con le mie scritte; nei miei libri pubblicati da Rizzoli, invece, tutte le immagini riportate sono state acquistate”.
I tuoi meme li preferisci definire fotoromanzi. Come mai?
“Niente di particolarmente complicato. Fotoromanzi trovo sia più corretto, perché quando ero piccolo e mi capitava ogni tanto sotto mano il periodico italiano Grand Hotel, mi affascinavano proprio i suoi fotoromanzi con le scritte e l’interpretazione del pensiero dei vari protagonisti. Lì era ovviamente tutto costruito, mentre io improvviso la genesi dei pensieri attribuiti ai politici di turno. Usare il termine vignette forse è improprio perché si pensa più ad un qualcosa di disegnato; ecco perché fotoromanzi risulta per me espressione più calzante rispetto a ciò che creo”.
Gli autobus di Roma sono la tua fonte di ispirazione maggiore; sappiamo che sei amico di Di Battista; il minimo che posso chiederti è cosa ne pensi oggi della Roma guidata da Virginia Raggi.
“Gli autobus sono una fonte di ispirazione perché da piccolo ne ho presi tantissimi, e mi piaceva ascoltare i discorsi delle persone che lì vi incontravo. È rimasta crescendo una mia forma mentis. Per quanto riguarda la Roma di Virginia Raggi, quello che le ho sempre contestato è aver fatto proclami prima, trovandosi poi in una situazione molto difficile da gestire. Qualsiasi sindaco di Roma, a mio avviso, dovrebbe essere eletto almeno per tre consiliature, per mettere davvero mano ai problemi di questa città. Virginia ha avuto un approccio iniziale sicuramente più trasparente che in passato, ma i problemi sono rimasti. Per governare bene Roma non basta avere buona volontà”.
Chi ci vedresti bene al posto del comando dell’Urbe caput mundi alle prossime elezioni comunali?
“Qualcuno che non partisse criticando tutto quello che è stato fatto o non fatto dai predecessori, facendo gli stessi proclami della Raggi. Da adesso in poi cambia tutto la trovo una operazione sbagliata. Ci vedrei qualcuno con un profilo basso e che riconosca le difficoltà del governare. Personalmente, apprezzerei chi dicesse Vediamo quello che possiamo fare”.
Ma un nome specifico non me lo vuoi proprio dire?
“Vuoi per forza un nome? Ci vedrei bene Osho (n.d.r.: sorridiamo entrambi a fine frase)”.
Il tuo libro Vedi de fa poco ‘o spiritoso. Il meglio (e il peggio) di un anno italiano è stato un autentico successo. A Roma si direbbe a questo punto: Ma li quattrini li hai visti o li ha visti solo Rizzoli?
“Mi hai fatto sorridere tu, adesso. I soldi li ho visti anche io, certo, nei meccanismi classici tra editore ed autore. Sai, poi per me questo è fondamentalmente un hobby, per cui non punto su questo per sopravvivere. Le mie gratificazioni, per rispondere alla tua domanda, le ho comunque avute”.
Il tuo prossimo libro già è in previsione di uscita?
“Sì. Avrà in copertina Mario Draghi; il titolo provvisorio – forse definitivo – è “Carcola che ve sfonno” (n.d.r.: una fragorosa risata di entrambi risuona nell’aria). Sempre edito da Rizzoli, uscirà tra Ottobre e Novembre, un po’ prima di quando è uscito l’altro. Ti sto dando una notizia in anteprima: lo devo ancora finire di scrivere”.
Fammi nomi di politici che frequentano la tua pagina, e dimmi chi è il più simpatico tra loro. Infine, prima di buttarlo giù tu dalla torre come il più antipatico, dimmi il nome del politico italiano che proprio non ti sopporta!
“Di politici che frequentano la mia pagina ce ne sono tantissimi. Sicuramente nel centro destra la visitano Salvini e Meloni, ed anche altri della Lega; ma pure a sinistra sono seguito, a partire da Renzi. Direi che mi seguono tutti i vari schieramenti, in generale. Per come si approcciano a me, apparentemente sembrano tutti simpatici. La Meloni la conosco meglio di Salvini. Conte mi dispiace che non ci sia più perché è stato per me una bella fonte di ispirazione, soprattutto nel periodo delle dirette social: l’accoppiata Conte/Casalino è stata sicuramente divertente. Chi proprio non mi sopporta per niente non saprei; forse è sempre a Conte stesso che non sono mai stato particolarmente simpatico, perché – diciamolo – sono stato un po’ cattivello con lui”.
Qualcuno ha detto che sei un fenomeno che fa di sintesi, genialità ed ironia la sua forza. Non è che inizi a montarti la testa, diventi troppo “figo”, e poi dalla torre qualcuno butterà giù te, prima o poi?
“Che mi monti la testa la vedo difficile, perché tutto questo successo l’ho sempre visto come un hobby e continuo a pensarla così, nonostante i tanti consensi e le celebrazioni. Che qualcuno mi possa buttare prima o poi giù dalla torre ci sta, perché Osho potrebbe anche stancare. Non ho mai visto, in ogni caso, questo percorso come definitivo”.
Cronaca, costume e società: mondi diversi, che tu sei pronto, con una battuta romanesca, a descrivere, sintetizzare, centrare nel loro intrinseco significato. Come riesci ogni giorno a creare fotoromanzi?
“Innanzitutto parto dalla narrazione; a volte mi viene in mente una battuta ed immagino una situazione comica, e quindi cerco una foto che le possa rappresentare bene entrambe. Non sempre guardo prima l’immagine per far scaturire la scritta. Spesso ho già in testa una situazione che voglio descrivere. Quando sto un po’ piu’ nel buio creativo, comincio invece a guardare le immagini di attualità in giro per la Rete. Talvolta faccio anche delle sole battute di testo nei miei spazi virtuali, perche’ risultano piu’ efficaci: non sempre è facile rappresentare un concetto preciso attraverso una foto”.
Ricordi esattamente a quando risale l’uscita del tuo primo fotoromanzo sulla Politica?
“Il primo in assoluto non me lo ricordo; forse riguardava Paolo Gentiloni, perchè probabilmente risaliva al periodo dopo il governo di Matteo Renzi, quando Gentiloni è diventato Premier. Già su Renzi, però, qualche cosa dovrei aver fatto. Il Partito Democratico in quel momento storico era la forza preponderante in Italia, ed era protagonista dell’attualità. Parliamo del 2016/1017”.
A quale fotoromanzo creato finora ti senti più legato, se dovessi sceglierne solo uno? E perché?
“E’ difficile scegliere tra le mie creature; tra quelle che mi hanno dato più soddisfazione, sicuramente ci sono i fotoromanzi creati durante la crisi del governo Giallo-Verde, con i giochetti tra Salvini e Di Maio, che sembravano una coppia di fidanzati che si lasciavano, ma poi si riprendevano. Mi ricordo una vignetta con Salvini che, in questo clima di tira e molla, richiama Di Maio, il quale dice Che c’è ancora? E Salvini risponde Aspetto un bambino. Una delle vignette tra quelle che mi ha dato più soddisfazione è stata proprio questa, pensandoci bene. E poi ce n’è un’altra ancora che è stata creata proprio di pancia: quando ci è stato detto che pure a Pasqua ci sarebbe stato in Italia il secondo lockdown con annesse le limitazioni, mi ricordo che ho preso una foto di un tizio che veniva fermato da un agente di Polizia; l’agente domandava un qualcosa del tipo Come mai in giro?, mentre il tizio rispondeva Perché mi sono rotto il caxxo (non serve tradurre!). È stato un meme per interpretare il sentiment popolare”.
Che tempi storici stiamo vivendo, Federico? Come li definiresti?
“Di passaggio. Di cambiamento. Ci sono sicuramente tante cose che stanno mutando. Ho già avvertito una modifica nei costumi e nelle abitudini, nel modo di approcciarci alle persone, che a fine pandemia non ci scrolleremo comunque di dosso. Io per primo mi sento molto cambiato”.
SI’ Green Pass/NO Green Pass: dove ti collochi?
“Dal momento che ho fatto il vaccino, mi colloco fondamentalmente nel versante del SI’, anche se questa vicenda è una storia un po’ strana, perché funziona solo nelle zone bianche. Io sono comunque tra coloro che il vaccino lo ha fatto immediatamente”.
Tanti ti apprezzano, molti ti insultano: l’altra faccia della medaglia di stare nella Rete. Chi sono gli haters virtuali che frequentano la tua pagina? Che idea ti sei fatto di loro?
“A volte mi sembra anche difficile accettare che nel mondo ci sia gente di questo tipo; alcuni sembrano veramente creati in laboratorio. In genere trattasi di ultras politici di una fazione verso la quale sto facendo satira in quel momento. Fondamentalmente, sono le fazioni populiste che generano questo tipo di personaggi. Credo che se una cosa non piace, non la guardi e basta. Io neanche le cose che mi piacciono vado a sottolineare che mi piacciono, figurati se mai mi sognerei di andare a fare insulti su una pagina dichiaratamente di satira”.
Chi è l’elettore medio italiano, secondo te? Qualcuno che è consapevole, spaesato oppure semplicemente stufo del politichese?
“Alla fine, tutti si stufano e ci si dimentica anche presto delle incoerenze della politica. Per me, l’elettore medio è semplicemente quello che si fa abbindolare ed è affascinato dagli slogan”.
Che rapporto hai con i viaggi? Sei mai stato in America?
“No, non sono mai stato negli States. È un viaggio che mi manca; nel corso degli anni, ho sviluppato un senso forte di mancanza verso l’America, e rimedierò appena potrò farlo. Ho patito molto quest’anno il fatto di non potermi muovere in libertà: parlo di un semplice fine settimana di riposo come di viaggi più lunghi”.
Anche Donald Trump è stato spesso protagonista dei tuoi fotoromanzi: è stato facile trovare battute su di lui? Aveva una mimica sicuramente particolare. Confermi?
“Confermo; mi dava soddisfazione perché trovavo in giro foto con sue espressioni troppo divertenti, e soprattutto motivi a raffica per farci satira sopra: il suo operato da Presidente mi ha dato parecchi spunti!!!”.
A Joe Biden, invece, che posto gli vogliamo riservare nelle tue pagine?
“Il Presidente Biden al momento, dal punto di vista della satira, ha un comportamento serio ed una postura composta: sai che non riesco ad inventarmi proprio niente???”.
Quante bugie mi hai detto in questa intervista, Federico?
“Nessuna”.
Che dite: gli crediamo?