Ci sono dei momenti in cui vivi i grandi successi sportivi di grandi Campioni, basti pensare alla Nazionale e agli Europei e alle imprese di Marcell Jacobs e di Gianmarco Tamberi ti torna una voglia di narrare quello che vedi. E’ normale per chi ha fatto il giornalista sportivo. Per tanti anni, ho collaborato con quotidiani e periodici sportivi, ho scritto tantissimo di calcio quando il Licata era in serie B. Ho visto il Licata di Zeman, il Licata prima di Zeman. Ero molto appassionato di calcio, Pizzul è sempre stato un mito per me. Un uomo eccezionale ed un giornalista sportivo di rara bravura. La vita ci ha fatto incontrare ad un Corso di Perfezionamento in Giornalismo sportivo. Ci siamo conosciuti, ed è nata un’amicizia di cui sono onoratissimo. Abbiamo parlato anche tanto della mia Sicilia. Aveva giocato a Catania quindi c’era questo passato da calciatore in Sicilia. Man mano che parlava mi descriveva delle storie incredibili e allora insieme al giornalista Matteo Femia abbiamo raccontato la sua storia in cento pagine di un libro, intitolato Bruno Pizzul. Una voce Nazionale, per i tipi di Fausto Lupetti Editore e pubblicato nel 2012.
Certo, quando abbiamo pensato di scrivere la biografia su di lui abbiamo dovuto faticare per convincerlo a darci il suo assenso. Non perché non avesse voglia di raccontare la sua vita, di farci conoscere episodi incredibili vissuti sui campi da giocatore o da giornalista, ma perché questo omone così alto e così in gamba non ama essere celebrato. Ha cercato di convincerci a desistere da questa nostra impresa. Alla fine, ci ha dedicato un bel po’ di ore per narrarci le vicende che abbiamo scritto. Ma soprattutto lui si è deciso a raccontarsi, perché l’obiettivo finale del libro era quello di dare i ricavati dei diritti d’autore alla fondazione che si occupava di SLA il cui presidente era l’ex calciatore della Fiorentina, Stefano Borgonovo, che era ancora vivo quando abbiamo fatto questa pubblicazione.
E in quel libro, che ancora oggi in tanti apprezzano, c’è la vita di un italiano vero che da calciatore (ha marcato anche il grande Omar Sivori) prima, e da telecronista dopo, ha girato l’Italia e il mondo.
Gli aneddoti, i grandi personaggi che ha conosciuto e incontrato, i suoi valori, un calcio bello da giocare e da raccontare oggi offuscato da terribili ombre e personaggi loschi. Bruno Pizzul ha narrato a milioni di italiani il calcio pulito come soltanto un grande professionista sa fare. È partito da Cormons, cittadina al confine con la Slovenia, ed è arrivato dove ogni buon giornalista sportivo sarebbe voluto arrivare.
I suoi ricordi e i suoi scoop giornalistici, i dialoghi con Nicolò Carosio e la sua enorme passione: la Nazionale. Dalle punizioni al Liceo Stellini di Udine perché doveva correre a prendere il treno, alle esperienze da calciatore-studente universitario a Catania, dal falso scoop della sua morte annunciata da Facebook, alle gradite imitazioni in televisione, ed ancora all’amore per il vino.
Bruno Pizzul, ancora oggi alla veneranda età di 83 anni, è uno dei volti più popolari della televisione. Essere suo amico è un grande privilegio, perché esistono pochi professionisti come lui nel mondo del calcio.
Un ex calciatore che è diventato un giornalista sportivo, anzi uno dei più importanti telecronisti della Radio Televisione Italiana ed uno dei più conosciuti al mondo.
Recentemente, si è parlato tanto di lui in occasione degli Europei. Il telecronista ufficiale della Rai, Alberto Rimedio, che ha seguito l’Italia agli Europei è risultato positivo al Covid 19 e il popolo del web ha lanciato la singolare proposta di un ritorno momentaneo del grande ed amato giornalista.
Infatti, su Twitter è diventato virale l’hashtag #voglioPizzul, giusto per la telecronaca della finale degli Europei Italia – Inghilterra. Ma il Bruno Nazionale con grande umiltà ha spento gli entusiasmi: “Qualcuno deve aver postato per scherzo la proposta di mandare me a sostituire Alberto Rimedio costretto alla quarantena. In tanti si sono agganciati al messaggio. Incontravo gente che chiedeva cosa facessi a casa, altri che domandavano se fossi contagiato io, altri ancora che volevano biglietti per la finale”, ha dichiarato in un’intervista a Il Corriere della Sera.
Ha rilasciato nei giorni scorsi un’intervista al Corriere della Sera, firmato da Giorgio Terruzzi. Marito e padre esemplare, da alcuni anni si misura in un’altra competizione straordinaria di cui riesce a fare un’ottima telecronaca: il lavoro di nonno. Bruno Pizzul ha undici nipoti. Non si è soffermato solo sulla sua vita ma, senza alcun problema, ha dichiarato: “Sono pigro e senza patente, mi affido a mia moglie, la tigre”. Un uomo colto, Pizzul, oltre alla Laurea in Giurisprudenza, ha sempre alimentato due grandi passioni: quella per la scrittura e quella per la lettura. Prima di dedicarsi al giornalismo coltivava il sogno di diventare un calciatore, ma un infortunio al ginocchio ha posto fine alla sua carriera. “La mia passione era inversamente proporzionale al talento”, tuttavia sostiene.
Gli è stato chiesto quale è stato il campione che più lo ha appassionato e ha risposto Gianni Rivera. Tra gli allenatori che ha preferito ha fatto i nomi di: Azelio Vicini, Enzo Bearzot e Dino Zoff. L’evento più brutto che ha voluto ricordare è legato alla notte dell’Heysel, a Bruxelles, 29 maggio 1985, finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool: 39 morti di cui 32 italiani nella calca tra tifosi e nel crollo di un muro dello stadio. “È una memoria che talvolta vorrei cancellare ma non si può scordare ciò che dovrebbe portarci verso comportamenti più sereni e meno delittuosi”.
Bruno Pizzul come calciatore e come giornalista, inviato dalla Rai agli eventi più importanti nel mondo, ha saputo sempre distinguersi per correttezza e umiltà. E già da calciatore aveva dimostrato come lo sport più amato dagli italiani può essere esempio di gesti nobili e non certo di violenza.
La curiosità lo ha sempre spinto a crescere intellettualmente e professionalmente. È stato capace di trasmettere ai giovani l’esperienza conquistata in anni di lavoro in Rai e di confronto serrato con i più grandi telecronisti del mondo, ma anche il giusto equilibrio per affrontare momenti delicati in cui il giornalista deve tirar fuori tutte le sue abilità per fronteggiare situazioni di crisi. Il suo impegno negli anni per il sociale lo rende ancora più amato dagli italiani che lo chiamano a presenziare in manifestazioni in tutto il Paese. Fortissimo il suo legame con Cormons dove è cresciuto e adesso è tornato a vivere. Attento ai problemi dell’ambiente si muove rigorosamente in bicicletta, poiché ama la natura in ogni sua forma e lo manifesta costantemente.
Quest’uomo rappresenta sicuramente l’esempio di un italiano che ha saputo credere nella sua professione e lo ha fatto crescendo giorno dopo giorno grazie al suo lavoro, alla dedizione e alla professionalità.
“Tutto molto bello” come direbbe Bruno, tutto quello che ha fatto. Ma la dote più grande è l’umiltà. Come ho scritto, e dichiarato più volte, rimanere una persona umile, quando si è un grande personaggio, non è una dote che tutti possiedono. Cesare Pavese ha scritto: “Le belle persone si distinguono, non si mettono in mostra. Chi può le riconosce“. Pizzul è proprio questo e la gente lo ha capito e compreso. E’ un grande Campione, di umiltà e professionalità. Grazie Bruno per quello che ci hai regalato.