Sono trascorsi quasi sei anni da quell’incontro ai piedi del Monte Bianco. Quello tra la cronista e il sopravvissuto. Si perchè Luchino Revelli Beaumont, ex Presidente Fiat France rapito a Parigi nel 1977 da una banda di argentini, era stato condannato a morte quattro volte, ma ne era uscito incredibilmente vivo. Era una persona perbene e dai modi eleganti, Revelli Beaumont.

Un uomo preciso. Così, quando ha saputo che ci saremmo incontrati, si è messo a scrivere di suo pugno sette pagine. Un concentrato della sua storia, dalle radici alla Fiat,. Non voleva dimenticare nulla, nemmeno i dettagli del suo sequestro e del pagamento del riscatto. Aveva sottolineato con un pennarello rosso ciò che gli appariva più importante. Nato il 9 febbraio 1919, aveva origini importanti. Della sua famiglia hanno fatto parte artisti, uomini di Stato, giuristi, filosofi, letterati, inventori e scienziati. Nei suoi appunti, Revelli Beaumont fa cenno al suo antenato e omonimo Luchino Revelli, nel 1571 Procuratore generale fiscale del Duca di Savoia Carlo Emanuele I. Fino allo zio Bethel Abiel Revelli, 1864, inventore della prima mitragliatrice Fiat. Suo figlio Luigi inventò il primo fucile mitragliatore e la pistola Glisenti. L’altro figlio, Mario. era un geniale progettista di carrozzerie automobilistiche – si legge negli appunti – e precursore di fama internazionale nello styling. Lavorò per Fiat, Lancia, Simca e fu responsabile dello Styling Center della General Motors negli Stati Uniti.

L’ex Presidente Fiat France ricorda un aneddoto del 1938 che riguarda suo padre, socio dell’Accademia dei Lincei e amico di Papa Pio XI, a cui, dopo le leggi di discriminazione razziale, fu offerta la Cattedra di Geografica all’Università di Roma in sostituzione di un professore ebreo. Ma – si legge – mio padre rifiutò di approfittare della sventura di un collega che stimava ed apprezzava. Volontario di guerra nei Balcani “mi resi rapidamente conto della totale gravissima impreparazione del nostro esercito – scrive – Giunse l’ordine di partenza per la Russia, ma per me di trasferimento. Chiesi di raggiungere il fronte in Libia, ma l’ultimo aereo fu abbattuto”. Revelli Beaumont fu trasferito in Francia. Dopo diverse vicissitudini, fu inviato in un campo di concentramento tedesco e, infine, in un ospedale in Italia. Luchino Revelli Beaumont, si laureò successivamente in legge ed , arrivò a Torino dopo diversi incarichi a Genova e in Egitto, dove diventò consigliere del Presidente egiziano Nasser nell’operazione di nazionalizzazione del Canale di Suez.
Il cugino Mario, già inserito nell’ambiente automobilistico, gli propose di dirigere una società di studi e progettazione per conto della Simca. Una volta in Francia, Umberto Agnelli, all’epoca Presidente di Fiat France, lo volle come suo assistente, ma quando diventò Amministratore delegato della Fiat gli chiese di seguirlo: “Accettai senza esitazione”. Nel tempo, ricostruisce Beaumont, “fui nominato Presidente di Fiat Argentina e Fiat Brasile, Direttore generale di Fiat France, Rappresentante personale del Presidente Giovanni Agnelli per le Relazioni internazionali, su proposta di Kissinger”. In Francia gli viene affidato il compito di realizzare la fusione tra Fiat e Citroen, ma nonostante in molti siano d’accordo, tra cui il ministro francese dell’Industria Bettencourt, l’allora Presidente Charles de Gaulle boccia il progetto.

Nel 1971 fu ucciso il presidente di Fiat Argentina, Oberdan Salustro, uomo che veniva definito come molto duro con le maestranze. Revelli Beaumont fu inviato a Cordoba per gestire quel momento drammatico. Lì ci fu un primo tentativo di rapimento, messo a tacere. Ed in quel clima teso e difficile, Beaumont ebbe un’idea: favorire il rientro di Peron, in esilio a Madrid, per riportare la pace. Operazione che riuscì nel 1973. E si arriva al 1977, a Parigi e al rapimento ad opera di una banda di argentini, che trattenne Luchino Revelli Beaumont per 89 giorni in una cella di legno, ricavata nei sotterranei di una villa. Era un sedicente commando rivoluzionario, peronisti di sinistra per spiegarla in parole povere. Fu l’unico sequestro politico in Francia ed anche se tenne con il fiato sospeso Parigi, e non soltanto, il Presidente Giscard d’Estaing cercò di tagliare corso “E’ una storia tra italiani e argentini” disse.

L’avvocato non potè mai lavarsi e per quattro volte, come detto, gli dissero che lo avrebbero ucciso. Non fu solo dura, ma terribile, insopportabile, disse nel nostro incontro in cui smentì che a pagare il riscatto fu la sua famiglia. “Ho vissuto sempre del mio stipendio”. Pagò la Fiat, ci disse, mentre dagli appunti appare chiaro che avvenne dopo una trattativa. I rapitori avevano inizialmente chiesto 30 milioni di dollari, ne furono pagati alla fine solo due. Ma le spese mediche e farmaceutiche dopo la liberazione non gli furono mai rimborsate, ha detto e scritto. Glielo promesse Romiti. Ma così non fu. E lui non dimenticò. Ce lo scrisse in quegli appunti, ma della sua amarezza c’è traccia anche nel suo necrologio sul Corriere della Sera, con le dure parole rivolte alla casa automobilistica: “immemore e insensibile”. Revelli Beaumont fu devastato da quella prigionia, durante la quale fu costretto a scrivere un libro nero della Fiat in Argentina. Disse di aver patito un forte danno esistenziale, soffrì della Sindrome di Stoccolma, fu prepensionato a 58 anni accusando di essere stato dimenticato.

C’è chi, anche dopo la sua morte, lo definisce il Marchionne degli anni ’70, basti pensare che aprì la strada allo sbarco della Fiat in Russia e in Cina. Era una sorta di Ministro degli esteri dell’Avvocato Agnelli, ma è anche ricordato come l’uomo dei misteri. Fu una storia intensa e sofferta, quella dell’Avvocato Revelli Beaumont, che dopo la liberazione si ritirò a Courmayeur, cittadina che frequentava da quando aveva solo pochi mesi e di cui divenne nel tempo cittadino onorario.
E proprio lì, nella chiesetta di Notre Dame de la Guérison, c’è un quadro. E’ un ex voto, che raffigura un uomo inginocchiato davanti a tre persone incappucciate. Non c’è il nome, ma ci sono le tre iniziali, LRB, le sue. Ci disse che quando era prigioniero il ricordo di Notre Dame e di quelle montagne lo aiutò tantissimo. Quella che Luchino Revelli Beaumont mi rilasciò fu la sua ultima intervista. I suoi appunti sono una preziosa ricostruzione storica. L’ex Presidente Fiat France morì l’anno successivo a 97 anni. E’ sepolto nella sua amata Courmayeur.