Una cosa è certa: nessuno, nell'ultimo decennio se non di più, è riuscito a portare in piazza tanta gente come ha fatto il movimento dei Forconi. Era il 2012. La Sicilia sembrava destarsi dal suo sonno secolare sotto i colpi di una protesta che, partita da un gruppo di agricoltori e pescatori, si estendeva a macchia d'olio.
A Palermo, il 6 Marzo di quell'anno, migliaia di persone sfilarono per le vie della città. Una manifestazione imponente e pacifica, che riuscì a coinvolgere artigiani, disoccupati e cittadini di ogni genere, di cui parlarono tutti i media nazionali ed esteri. Con ogni probabilità, l'eco di quei giorni sarà arrivato anche ai nostri lettori americani (per i quali stiamo ripercorrendo in sintesi la storia di questa rivolta siciliana-).
Il 'nemico' cui i Forconi aveva dichiarato guerra era sempre lo stesso: la solita politica asservita alla finanza europea (a Roma c'era Mario Monti) e una politica regionale debole che stava stritolando la Sicilia, i suoi agricoltori, i suoi pescatori, i suoi artigiani, i suoi giovani. Si parlò di 'primavera siciliana' o dei 'nuovi vespri siciliani'. Anche la Chiesa, con più di un suo esponente, diede la sua solidarietà alla protesta del popolo.
Nessuno si aspettava una partecipazione così ampia. Ad essere colti di sorpresa furono anche le istituzioni, che si videro costretti ad interloquire con loro. Solo per elargire promesse, mai mantenute.
Quell'anno proseguì con altre proteste, manifestazioni, blocchi stradali e viaggi a Roma. I rappresentanti dei Forconi, il loro leader Mariano Ferro, in particolare, andava nella capitale ad incontrare gli esponenti del governo nazionale che, da un lato prometteva mezzi e misure per risolvere l'annosa questione siciliana, dall'altro ordinava alla prefetture di mostrare i pugni.

Palermo, 6 Marzo 2012
Per tentare di sedare la protesta, si usò anche l'arma della delegittimazione. Famigerata resta l'esternazione di un membro di Confindustria Sicilia, resa nel corso di una trasmissione televisiva nazionale, che parlò di infiltrazioni mafiose nel Movimento dei Forconi. I fatti lo smentirono e, scherzi del destino, a finire indagato per mafia è stato il presidente dell'associazione degli industriali siciliani.
Comunque, alla fine di quell'anno, tutto si spense. I Forconi fermarono gli scioperi e i blocchi. E i Siciliani ripiombarono nel loro sonno. Perché? Cosa è successo? Come mai una protesta che non si vedeva da decenni all'improvviso cessa? E' vero, come sostenuto con tono provocatorio in un articolo di questo stesso giornale, che i Forconi si sono lasciati intimidire dalla Prefetture?
Lo abbiamo chiesto al leader del Movimento, Mariano Ferro, che, negli ultimi tre anni. non è stato fermo: si è dedicato alla causa di quei disgraziati cui vengono pignorate le prime case (anche qui la Sicilia ha il primato).
Partiamo da un fatto di cronaca. In questi giorni siete alle prese con un processo partito proprio dalle denunce del 2012. Vi hanno presentato il conto delle proteste?
Sì, ma ne eravamo consapevoli. Le denunce partono dai blocchi stradali di San Gregorio, vicino Catania, che abbiamo mantenuto anche quando erano scaduti i permessi. Siamo nella fase dibattimentale del processo. E affrontiamo tutto in maniera molto serena. D'altronde, si è mai vista una protesta popolare autorizzata dalle persone contro cui si protesta?
A questo proposito avete ricevuto la solidarietà del professor Massimo Costa di Sicilia Nazione. E' così?
Si è vero. Ed ha ragione il professore Costa quando dice che stanno processando una rivolta popolare che, ripeto, è stata sacrosanta e con una partecipazione straordinaria. Trentamila persone accolsero il nostro invito per la manifestazione del 6 Marzo 2012 a Palermo. In tutta la Sicilia si mobilitarono circa 600mila persone. Sembrava davvero che i Siciliani si stessero svegliando, che stessero, finalmente, capendo che la soluzione non arriverà da fuori, ma devono costruirla loro.
Anche le istituzioni, sia regionali che nazionali, dovettero prendere atto che c'era in corso una rivolta, pacifica, ma decisa.
Si. ma il risultato è stato che siamo stati ufficialmente abbandonati dal Governo nazionale che non ha mai mantenuto una promessa e poi gabbati da un governo, quello regionale di Crocetta, della finta antimafia. Quello che è certo è che oggi bisogna ripensare qualcosa per rimettere in moto il popolo. Non so cosa, ci stiamo riflettendo.
Ci spieghi perché cessa la vostra protesta.
Sicuramente non è perché abbiamo avuto paura delle prefetture come ha sostenuto, forse per puro spirito di provocazione, il suo collega Giulio Ambrosetti. Tutto si può dire di noi, tranne che abbiamo avuto paura e ancora oggi stiamo pagando il prezzo del nostro coraggio. Quello che è successo è questo: negli ultimi giorni del 2012 nella zona dell'ortofrutta che va da Gela a Pachino fino a Vittoria e Siracusa, i nostri blocchi avevano portato all'accumulazione di tanti prodotti nelle celle frigorifere. Qualcuno quindi tirò i remi in barca, ma non per paura, ma solo per salvaguardare i produttori che vedevano i loro prodotti agricoli marcire. La loro minaccia si fece pesante, e d'altronde non potevamo consentire di fargli perdere tanta merce. Anche se….
Anche se?
Non mi pento di avere revocato i blocchi. Ma c'è da dire che, a protestare contro i nostri blocchi, erano, soprattutto, quei produttori che contribuiscono alla rovina dell'agricoltura siciliana.

Una delle manifestazioni del 2012
In che senso?
Nel senso che in quella zona ci sono produttori che appongono l'etichetta made in Italy a prodotti che, invece, arrivano dalla Tunisia, dall'Egitto e da altri paesi africani. E che non hanno problemi a piazzarli nel mercato italiano, sono protetti dalla stessa legge. Quindi è chiaro che non avevano interesse a partecipare alle nostre proteste. Noi volevamo difendere i piccoli agricoltori siciliani, che di questi trucchi, non ne usano. Ma tant'è. I prodotti marcivano e le minacce erano pesanti. Ci vuole coraggio, ma anche cervello.
E oggi?
Come le dicevo, stiamo riflettendo, ma torneremo. Non ci siamo mai arresi. Certo è che non chiederemo autorizzazioni che non ci verrebbero concesse. Il problema semmai è un altro: il vero nemico della Sicilia sono i siciliani che accettano inermi soprusi e ingiustizie. Prenda Messina, ad esempio. Una città rimasta senz'acqua e tutti stanno buoni. La Sicilia è la regione più povera del Sud povero. L'unico modo per rilanciarla sarebbe l'istituzione di una zona franca che farebbe ripartire imprese e lavoro. Invece i piani della politica sono altri. Questa deve rimanere una terra di conquista. La Sicilia diventerà terra di consumatori e già si vede che stiamo andando verso questa direzione. Lo prova anche la distruzione continua dello Statuto siciliano.
Cosa pensa della protesta dei Forestali?
Certo non cresceremo con i Forestali. 24mila sono troppi e sarebbe opportuno che, anche loro, chiedessero di essere impiegati in lavori più utili. La colpa non è loro, ma di questi politici che non vogliono cambiare le cose, grillini inclusi.
Ce l'ha con il Movimento 5 Stelle?
Anche con loro. Tutti si aspettavano una rivoluzione da loro. E, invece, si sono seduti comodi all'Ars. Andate nelle città dove c'è un sindaco di questo movimento, Bagheria, Augusta, Gela. Chiedete alla gente cosa pensano di loro. Sono una delusione. Gli altri partiti sono, come sempre, pessimi. Evito di litigare con chi vota ancora PD, ma è incredibile. La verità sa qual è?
Dica.
Che il popolo Siciliano da solo non si sveglia. Che aspetta sempre che qualcuno arrivi da fuori per risolvere i problemi. Non ha mai fatto barricate sullo Stretto per dire: andatevene via, questa non è terra di conquista. I Siciliani devono essere obbligati a risvegliarsi. Lo abbiamo fatto una volta e ce ne sarà un'altra.