A circa un anno e mezzo di distanza dal primo, e dopo due lunghi tour negli Stati Uniti con tappa a New York la scorsa primavera, esce il secondo album degli OU, nome che in sardo significa "uovo”, dell’eclettica band fondata da Ersilia Prosperi, trombettista jazz e non solo. Ed è Scrambled il titolo di un progetto discografico che si rivela già dal primo ascolto un affresco venato di eccentricità e feroce ironia. Sperimentazione, improvvisazione e ragionata anarchia di suoni. In questo risiede la forza di Ersilia e degli altri componenti degli OU, il soprano Cristina Pecorario, che suona anche il sax alto, Martina Fadda, voce, e tre musicisti romani, Andrea Pesce, piano, fender rhodes, organo hammond, Claudio Mosconi, basso, e Cristiano De Fabritiis, batteria, vibrafono, glockenspiel.

Ersilia Prosperi
È necessario abbandonare ogni altra attività, chiudere gli occhi e ascoltare il free jazz sghembo, il trascinante swing americano, un certo folk inglese da Nick Drake, e delicati tocchi di tanto altro, spalmarsi su testi scritti per prendere di mira e dissacrare i quotidiani luoghi comuni. Non c’è niente da lavare, costruito su una gioiosa e scatenata linea di basso, e S’ou abbattadu (uovo sbattuto) una sezione di fiati allargata e con il “predicatore” Keni Cohen che descrive il mondo attraverso gli occhi di un uovo sodo. Gli altri pezzi, seguono a ruota sulla stessa ricerca stilistica, mentre la tromba spensierata di Ersilia imperversa un po’ dovunque con irresistibile brio.
Così se Il Volo vince il Premio PMI 2015 per “l'alto contributo alla valorizzazione della cultura musicale italiana nel mondo”, il caso degli OU ci dimostra che la musica mainstream non è l'unico genere nostrano ancora esportabile all'estero. Ne è convinta Amy Denio, polistrumentista d'eccezione recentemente accolta nella Music Hall of Fame di Seattle, che non ha avuto dubbi a produrre Scrambled la sua Spoot Music e in collaborazione con la Public Eyesore.
Come hai conosciuto il gruppo degli OU e perché ti sei appassionata al loro progetto?
“Ho conosciuto Ersilia durante gli ultimi concerti a Roma con le Tiptons Sax Quartet, il mio quartetto femminile di sassofoniste con batteria. A giugno 2013 sono ritornata a Roma per suonare al Baffo della Gioconda con Roberto Fega e Adriano Lanzi in occasione del mio compleanno. Lì, ho incontrato nuovamente Ersilia e gli altri componenti del gruppo che mi hanno regalato un palloncino con la parola Auguri scritta ovunque e un loro cd che penzolava sotto il palloncino. Ho ascoltato il cd tante volte nei giorni successivi e sono stata conquistata da quella musica vitale e trascinante e dalle forti tinte mediterranee. Quando Ersilia mi ha chiamato qualche tempo dopo e mi ha proposto di produrre il suo nuovo album, l’idea mi è piaciuta. Così gli OU sono venuti a Seattle ad ottobre 2013 per registrare il loro primo disco Pisces crisis. E da allora non ci siamo più separate. Da giugno ad ottobre 2014, abbiamo girato gli Stati Uniti suonando in posti deliziosi, accolti da un pubblico appassionato della musica degli OU e della loro joie de vivre”.
E adesso in quali città americane state pensando di presentare Scrambled?

Amy Denio
“Ancora non sappiamo quando riusciremo ad esibirci di nuovo negli States ma ci stiamo lavorando. Tra le nostre mete non potrà mancare New York City, che rimane un punto di riferimento per la musica indie e sperimentale di tutto il mondo. Ma prima vogliamo conquistare il pubblico europeo. Io arriverò in Italia ad inizio ottobre per iniziare il nostro tour nel Vecchio Continente”.
Secondo te, qual è il pubblico ideale degli OU?
“Durante il tour americano, abbiamo avuto modo di scoprire che il nostro pubblico ideale è composto da persone coraggiose e vivaci. Da chi ha ancora voglia di divertirsi, di ascoltare musica al di fuori dell’influenza della cultura mainstream. E poi non bisogna dimenticare che la musica americana è composta da una mescolanza di influssi europei e non solo. Così accade che qui gli ascoltatori siano più disponibili ad accogliere quei progetti, soprattutto quando si tratta di scoprire musica nuova nella quale possono scovare indizi delle loro culture d’origine”.
Com’è cambiata la musica indipendente americana?
“Io sono sulla scena della musica indipendente americana da quasi 30 anni, e non si può più parlare di un genere di nicchia. Ormai ha i suoi circuiti, il suo linguaggio, i suoi eventi e il suo enorme pubblico che cresce anche continuamente. Perché oggi più che mai si ha bisogno di musicisti in grado di smontare le convenzioni della lineare scorrevolezza tipiche dello stile commerciale e capaci di offrire prospettive provocatorie su questioni sociali, assumersi la responsabilità di fare qualcosa di coraggioso, e non farsi risucchiare dalla giostra dell’etere, come gli OU”.
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