Nel paese che eternamente rimane legato al calcio la domenica, allo sci nella stagione invernale e al ciclismo con il suo Giro d'Italia c'è spazio anche per uno sport americano: l'hockey su ghiaccio. È il 1908 quando a Torino si gioca la prima partita di hockey su ghiaccio, tra il CP Valentino Torino e la seconda squadra del Lione, ma nel 1924, con l'apertura della prima struttura al chiuso dedicata, il centro di questo nuovo sport si sposta a Milano. Tra gli anni 20 e 40 sono le formazioni meneghine a dominare quello che fu un primo abbozzo di campionato, con Cortina e Torino però che si facevano notare (addirittura nel 1941 il campionato vede anche la presenza della Juventus con un apposito team creato per cercare di contrastare il dominio milanese). La vera epoca d'oro dell'hockey, però, arriva tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90, quando squadre come Varese, Bolzano e le due milanesi (Saima e Devils) riescono non solo a farsi apprezzare all'estero, ma anche ad ingaggiare campioni come Jari Kurri e Jaromir Jagr e a strappare servizi da tutte le tv nazionali. L'Italia si scopre hockeista e nasce una generazione di appassionati.
Ad aiutare l'hockey su ghiaccio azzurro arrivano anche tantissimi figli di immigrati negli USA e gli italiani (siamo agli inizi degli anni 90) si innamorano subito di quei ragazzi così forti arrivati da lontano. In particolare si ricordano: David Delfino da Boston, Mike Mastrullo da Billerica, Frank Lattuca da Rochester, di Bob Nardella da Melrose Park e soprattutto di Chris Bartolone da Detroit e Phil DeGaetano da Roslyn.

DiCasmirro in campo. Foto: Elena Di Vincenzo
Ma da una Italia capace di stare con le grandi di questo sport si arriva presto ad un declino. Il baricentro dell'hockey si è spostato in Alto Adige e le città, tra mille problemi economici, devono ridimensionare la loro presenza nel campionato italiano. I figli che ora ritornano dall'America sono giocatori più in cerca di una occasione che veri e propri campioni, come accadeva in passato, ma la presenza degli italo-americani resta sempre viva. Da Buffalo arriva l'ex attaccante dei New York Rangers, Tony Tuzzolino, da Wakefield un altro attaccante e il tecnico Mike Souza, da Bemidji l'Italia pesca il roccioso difensore Matt De Marchi e da Morton Grove ci prova anche l'attaccante Derek Edwarson.
L'ultimo, almeno per ora, a mantenere viva la presenza degli italo-statunitensi è l'esperto attaccante Nate DiCasmirro. Anni 36 e nato ad Atikokan in Canada, ma americano, Nate è l'attaccante d'esperienza a cui si affida la Nazionale. Il coach del Blue Team, Stefan Mair, lo descrive così: "Nate rappresenta un po' la vecchia guardia, il suo curriculum parla da solo con tantissime presenze in AHL. Si tratta di un giocatore molto utile soprattutto sotto il punto di vista tattico, lo puoi schierare come ala, ma anche come centro, legge bene il gioco, bravo in inferiorità numerica, sul campo lo schiero spesso con uno o due giovani perché tatticamente adatta poi le sue scelte secondo quello che fa magari d'istinto il giovane che sta con lui in linea. Professionista al 100%, anche in spogliatoio, esempio di professionalità per qualsiasi giovane che arrivi in Nazionale".
Lui, proprio in Italia, ha trovato l'amore. La moglie Sabrina arriva dall'Austria, ma oltre ad essere una ottima giocatrice di hockey è anche italianissima.

Nate DiCasmirro con la moglie Sabrina
A La VOCE raccontano la loro esperienza nel Belpaese.
Nate, perché hai scelto l'Italia nel 2008?
Ho avuto la possibilità di giocare a Bolzano e poi avevo sentito tante cose belle sulla vita lì. Senza contare che avevo la possibilità di diventare italiano e giocare per la Nazionale.
Come descrivereste la vostra "vita italiana" dopo le esperienze tra Trentino e Piemonte?
Il Trentino, nelle sue montagne, è una zona che ti fa vivere bellissime sensazioni, un sacco di persone, in inverno, lo scelgono per lo sci e le vacanze, e poi c'è quella germanicità che si sente. In Piemonte il cibo e il vino sono davvero buoni e si respira uno stile di vita tradizionale italiano. Abbiamo apprezzato molto il tempo passato in queste due regioni, tutte e due hanno da offrire tanto. Ottimi ricordi di entrambi i luoghi.
Nate, da atleta ormai esperto della nostra Nazionale, come vedi il percorso intrapreso da questo sport nel nostro paese?
L'hockey italiano ha iniziato a fare i suoi passi nella giusta direzione. Oggi ci sono ragazzi che vanno nei camp della NHL e molti giocatori italiani che giocano in tutto il mondo. La federazione e la Lega desiderano allargare questo sport in tutto il paese e ciò è un bene. Naturalmente ci vorrà del tempo, ma se tutti lavoriamo insieme, il miglioramento dell'hockey italiano avrà un grande impatto sullo sport in Italia.
Sabrina, nella passata stagione hai giocato tra le fila delle Torino Bulls nel campionato femminile. Ci parli di questa esperienza?
Si trattava di una squadra giovane ed al primo anno. Abbiamo vinto alcune partite, e ciò è positivo, ma soprattutto scoperto giocatrici giovani e brave per i Bulls. Ho apprezzato molto lo stare con le ragazze e l'organizzazione è stata veramente grande. Mi sono veramente divertita a giocare con i Bulls.
Progetti futuri?
Siamo più che contenti di tornare in Italia per una nuova stagione.