Le ninna nanne che venivano dal mare, i suoni di una terra lontana ma familiare, i racconti, anzi i cunti del Sud. Quella Sicilia, sussurrata, misteriosa, cantata. È il dialetto la lingua madre di Michela Musolino, interprete e cantante della musica folk, popolare, mediterranea, siciliana in testa.
Nata nel New Jersey ma da genitori siciliani e calabresi, il suono del dialetto, che sente sin dal grembo materno, accompagna la sua infanzia. Poi la passione per il teatro, per il canto. Fino a quando Michela, una laurea in Lingue e una lunga formazione con i più grandi interpreti della musica popolare (Alfio Antico, Pippo Pollina, giusto per citare alcuni nomi), diventa una delle rappresentanti in America della tradizione siciliana e del Sud.
Insieme a Domenico Porco, anche lui di origine calabrese ma nato in Canada e ora residente nel New Jersey, suona nel gruppo I Vicini della Ruga, portando negli Stati Uniti le sonorità ma anche la cultura della musica tradizionale mediterranea.
Domenico, è uno dei pochissimi superstiti a suonare ancora la zampogna. È rimasto folgorato durante una delle sue visite in Calabria. Da allora, ha imparato dai pastori e dai musicisti calabresi a suonare questo strumento.
Insieme, in questa intervista doppia, ci hanno raccontato cosa affascina gli americani quando ascoltano le canzoni in dialetto e di quale patrimonio, loro, si fanno portatori.
Michela e Domenico. La musica tradizionale che voi diffondete, pensate che in Italia stia rinascendo?
Michela: “Ne sono convinta perché vedo in giro moltissimi festival. Pensiamo alla Puglia e al festival della Taranta ma anche alla Sicilia. In Italia questa musica si sta rinnovando, c’è molta ricerca, molta sperimentazione. In America, rappresenta il ponte che lega gli immigrati alle loro origini. La Sicilia ha un grande patrimonio musicale e un’importante eredità tradizionale, se pensiamo a Rosa Balistreri ma anche a Giuseppe Pitré. La musica tradizionale cambia sempre e soprattutto attraverso chi la interpreta”.
Domenico: “Negli ultimi dieci anni ho visto questa musica rinascere in Italia e molti giovani interessarsi sempre di più, riprendendo le tradizioni. La musica folk non è pura ma è soggetta a un costante rinnovamento. È ricca, non si è fermata negli anni, come erroneamente si crede”.
Come risponde il pubblico americano durante i vostri spettacoli?
Michela: “C’è sempre una grande interazione, un affetto immenso. Ci raccontano che quelle canzoni le hanno sentite dai nonni, dai bisnonni o quando tornano al loro paese. È il loro cordone ombelicale con l’italia, soprattutto con il Sud”.
Domenico: “La cosa più bella è l’affetto che ci dimostrano e i racconti che legano le canzoni ai loro ricordi. Il pubblico, di solito, partecipa sempre: balla, canta, applaude. La nostra è una musica che parla al cuore e con il cuore”.
Cosa vi ha attratto di questa musica e spinto fino a farlo diventare un lavoro?
Michela: “Il dialetto è stata la mia lingua madre. Quel suono intenso, misterioso, mi ha sempre affascinato. Volevo fare teatro, poi ho studiato lingue. Sapevo però che il palcoscenico sarebbe stato il mio destino. Ho iniziato a studiare il patrimonio musicale siciliano e per me è stato come tornare a casa, tornare alle mie origini”.
Domenico: “Ho studiato al Vermont College, arte, jazz, attivismo politico. Avevo 26 anni quando sono andato in Calabria e sentito la zampogna. Da allora sono rimasto incuriosito, folgorato. Porto avanti questa tradizione con orgoglio ma faccio anche musica alternativa. Di recente, mi hanno commissionato la scrittura della musica per la pubblicità Fiat”.
Voi tornate spesso nella vostra terra di origine. Cosa pensate dei giovani che lasciano la Sicilia e la Calabria?
Michela: “Io vedo molta speranza. Vedo molti giovani che tornano all’agricoltura, piccole imprese che in Sicilia fanno molto. Sta crescendo il ritorno alla terra. Da questo bisogna partire”.
Domenico: “I calabresi, come molti al Sud, spesso non sanno apprezzare le bellezze della loro terra. Io dico che in Calabria si potrebbe vivere solo di mare, cibo, cultura. Invece se ne vanno tutti e si lamentano”.
Pensate che gli stereotipi del Sud resistano ancora in America?
Michela: “Non come quaranta, trenta anni fa. Io ricordo che quando feci alcuni provini fui scartata perché mi fu detto che la mia bellezza era 'troppo etnica'”.
Domenico: “Nei media, nella cultura di molta gente. Le cose però stanno cambiando ed essere italiani ora è cool”.
Cosa vi manca della vostra terra che cercate al ritorno?
Michela: “Il profumo e il suono del mare”.
Domenico: “Quando torno a Belmonte Calabro mi piace camminare tra i vicoli, incontrare la gente, fermarmi a guardare il mare”.
La Sicilia e la Calabria in una canzone?
Michela: “Assanto di Pino Veneziano. Scritta in omaggio a Santo Graziano, un uomo che non vedeva. Il testo della canzone dice: 'anche se non vedo posso mostrarvi la strada giusta'. Il personaggio della canzone ha tanto amore da dare al mondo ma il mondo non è pronto ad accettare questo amore. Per me questa canzone rappresenta la Sicilia. L’Isola offre molta ricchezza ma il mondo non capisce la Sicilia. Ad esempio la bellezza naturale della Sicilia viene spesso minacciata dalle trivellazioni che ne deturpano il paesaggio”.
Domenico: “Può sembrare banale ma scelgo Calabrisella mia perché le immagini del testo son per sempre impresse nella mia mente”.
Domenico e Michela, tra vent’anni, dove vorreste essere?Michela: “Vorrei vivere vicino al mare. Un posto come Selinunte è nel mio cuore”.
Domenico: “Non in città, a New York, ma in Florida o a Belmonte Calabro.Vorrei avere dei figli che parlino l’italiano e si sentano orgogliosi delle loro radici”.