“Tappami Levante, tappami!”. Chi non si ricorda la scena del Ciclone in cui un Ceccherini in preda a bollori da ballerine di flamenco decide di farla finita e chiede al fratello Levante (Pieraccioni) di essere “tappato” in una bara. Ecco, il nome d'arte della nuova cantantessa italiana Claudia Lagona nasce proprio da là. Siamo all'incirca nel 1996 a Palagonia, un piccolo paesino dell'entroterra siciliano in provincia di Catania, senza mare e con pochi luoghi di sfogo creativo. Un'amica, scherzando, la chiama Levante, come il protagonista del film di Pieraccioni, e a lei quel soprannome piace da subito e decide di farlo diventare il suo nome d'arte. Claudia ha 9 anni, ha appena perso il padre e trova nello scrivere e musicare testi una terapia semplice e naturale non solo per affrontare il dolore di quella grave perdita, ma anche per evadere da un mondo che le va un po' stretto e che non le consente di esprimersi pienamente.
Se la canta e se la suona nella sua cameretta, fino a che un giorno la prospettiva della sua vita si ribalta completamente. Non avviene tutto per caso o per grazia ricevuta. Levante ce l'ha messa proprio tutta e finalmente riesce a sfondare con Alfonso, il singolo contenuto in Manuale Distruzione (suo primo album) che con il suo ritornello ha fatto cantare a milioni di italiani un grido tanto disperato quanto ironico e liberatorio, un ever green, come lo definisce l'autrice: "Che vita di merda".
Ora se ne va in tour per il mondo, USA compresi, dove ha fatto tappa al festival cult SXSW di Austin e poi a New York, dove l'abbiamo incontrata poco prima di un concerto intimo ma molto partecipato sul rooftop dello Standard Hotel dell'East Village.
Claudia, tanti anni di gavetta, collaborazioni e contratti andati male, dischi mai usciti poi… arrivi all'airplay radiofonico, apri i concerti di Max Gazzé e dei Negramaro, Fiorello ti invita alla sua Edicola, l'Academy Medimex premia la tua opera prima come la migliore dell'anno, sei segnalata speciale su iTunes, selezionata da MTV tra i finalisti degli European Music Awards di Glasgow e finalista al Premio Tenco. Insomma, la tua vita non è andata poi tanto di merda…

Levante in concerto allo Standard Hotel di New York, nell’East Village.
Lo dicono tutti! In realtà trovo sempre un motivo per lamentarmi (ride). Scherzi a parte, direi che la mia vita troppo di merda non è mai stata perché per quanto si possano avere problemi o mancanze, non sono le nostre delle vite di merda. Allo stesso tempo però amo lamentarmi e così è andata con Alfonso. Era solo un grido di disperazione molto circoscritto, ma per il resto le cose sono andate bene perché ci sono stati 13 anni di gavetta prima. Le cose non vanno bene all'improvviso, non se non te lo meriti o se non ce l'hai messa tutta, c'è un prezzo da pagare. Io l'ho pagato anche tanto alto e continuerò a pagarlo perché la musica è la mia passione, il mio sogno e quello che voglio dalla mia vita.
Raccontami un po' del prima. È vero che hai iniziato a scrivere canzoni dall'età di 9 anni e che rubavi la chitarra a tuo fratello per musicarti i testi?
Ma sai tutto! Sì è vero. Sono nata a Caltagirone, ma cresciuta in un paese con pochi luoghi di sfogo creativo (Palagonia, nda) quindi me la sono sempre cantata e suonata in cameretta mia. Ho iniziato a scrivere dopo la morte di mio papà, quando avevo 9 anni. La musica era per me un rifugio, la cosa più semplice e naturale che avessi potuto fare per aiutarmi. Del resto la propensione al canto, alla musica e a fare la show girl in casa ce l'ho sempre avuta per cui non è stato difficile.
Cosa scrivevi?
Scrivevo delle cose che per una ragazzina di 11, 12, 13 anni, quando ho iniziato a fare i primi provini, erano veramente spaventose perché parlavo di morte, di persone che se n'erano andate, di cose molto tristi che mediamente una ragazzina di quell'età non dovrebbe nemmeno sapere. Teddy Reno, quando mi sentì per la prima volta mi chiese “Scusa, ma tu quanti anni hai?”. Purtroppo ne ho sempre dimostrati di più per le esperienze di vita che ho vissuto, ma di cose da dire ne avevo.
A un certo punto poi ti sei trasferita a Torino…
Sì. A 14 anni ho lasciato la Sicilia e con mia mamma mi sono trasferita a Torino. I primi passi sono sempre stati molto casa-scuola e scuola-casa, andavo all'Università e arrotondavo facendo cappuccini. Poi, spronata da mia madre che mi vedeva sempre scrivere e suonare, ho iniziato a partecipare alle prime manifestazioni musicali finché poi non ho conosciuto i ragazzi di INRI, attualmente la mia co-discografica perché di recente ho firmato con la Carosello Records, ma che ancora oggi mi guarda le spalle.
Nel 2013 arriva finalmente il successo. Raccontami com'è andata.

Levante durante l’intervista con La VOCE
È stato pazzesco! Sai che c'è? Tu ci provi una vita, scrivi canzoni che ti dicono siano “belle e interessanti”, ma poi ogni volta non si è quagliato mai niente e nel momento in cui non ci credi più e pensi di tornare a fare cappuccini per il resto dei tuoi giorni succede qualcosa. Quando è uscita Alfonso mi fu detto “Guarda che Radio DeeJay sta passando il pezzo! Non sei contenta?”. Sì, ero contenta, ma pensavo che mi avrebbero passato un po' di volte e basta. Fu Linus da DeeJay Chiama Italia a passare il singolo e si sa che quando Linus dice sì è sì. Da lì sono cambiate tante cose. Io ho continuato a fare cappuccini fino a che poi sono partita in tour come spalla a Max Gazzè. Mi ha contattato tramite il suo manager, che oggi è il mio booking manager, che mi ha chiesto “Ti piacerebbe?”. Abbiamo fatto la prima data e in quel momento, quando ho visto Gazzè dal vivo che stava facendo il sound check sullo stesso palco su cui poi avrei suonato io ho capito che qualcosa nella mia vita era cambiato.
Dopo poco più di un anno da Alfonso, attraversi l'oceano e debutti negli USA. Cosa ti aspettavi e cosa hai trovato?
Sinceramente devo dire che è un sogno che non avevo mai fatto. Non avevo mai pensato di cantare in America e il fatto che la cosa si sia realizzata con questa velocità mi rende ultra felice, ma allo stesso tempo mi stranisce per cui vivo tutto come un gioco. In un certo senso è come se ripartissi da zero perché qui nessuno mi conosce e nessuno sa chi sono.

La band di Levante si prepara per il concerto allo Standard Hotel nell’East Village di New York
Chi è venuto a vederti nel tuo tour statunitense?
In Texas, ad Austin, al South by South West Festival, è stato un via vai. C'è musica a ogni numero civico della città e la gente entra ed esce dai locali in continuazione. A Los Angeles, invece, si è riempito un piccolo teatrino dietro a un ristorante cinese. Pazzesco! La situazione è stata veramente singolare, sono venuti molti amici che vivono là, altri che erano in zona e alcuni fan in vacanza che hanno saputo del mio concerto. È stato molto carino.
E New York che effetto ti ha fatto?
New York la conosco molto bene. Quando ci sono venuta la prima volta, e penso sia una sensazione comune a tanti, l'ho trovata molto familiare. Tu New York la conosci, è nella tua vita da sempre. Mi piace il fatto che sia una città molto libera e poi c'è una cosa che mi fa impazzire di New York: le scale antincendio! Adoro la scena finale di Pretty Woman.
(E anche in questo caso, a chi non viene in mente Richard Gere che tira giù la scala antincendio con l'ombrello per raggiungere Julia Roberts?).
Te ne andresti dall'Italia?
Sì, ma solo per qualche anno. Amo tantissimo il mio paese e sono molto abitudinaria. Mi piace scendere sotto casa e andare al bar da Valentina a prendere il mio cappuccino di soia. Qua non mi riconoscerebbe nessuno, non perché mi debbano riconoscere, ma perché preferisco una dimensione più piccola.
Sei diventata il simbolo di una generazione giovanissima, i neo trentenni…
Eh no bella! Ancora no, ne ho 27!
(Mi scuso per la gaffe, ridiamo insieme e vado avanti.)
Cosa ispirano i tuoi testi?
Non ne ho idea. Credo che alle persone a cui piaccio sia arrivata la mia spontaneità con la quale scrivo. Non mi perdo nel vocabolario, parlo di cose semplici: di storie d'amore, di sogni, di addii, di vita vera. Puoi anche non amare quello che faccio, ma comunque non parlo di storie lontane a nessuno. Chi non ha vissuto la fine di una storia d'amore? Credo che i miei testi siano come il diario di una persona che riesce a mettere in musica le sue parole. È veramente molto onesto quello che scrivo e quando ho provato a non essere onesta, le canzoni non sono nemmeno state scelte per la registrazione, non sono mai nate. L'onestà è l'unico mio modo e forse la mia arma vincente, anche se a volte mettendomi troppo a nudo, mostro anche la mia fragilità.

La copertina di “Ciao per sempre”, il nuovo singolo di Levante.
E come se la passano oggi quelli della tua generazione in Italia?
Non bene direi. C'è una fase di stallo in cui la gente si lamenta molto. Anch'io mi lamento molto, però nel frattempo agisco. La cosa più sbagliata che si possa fare è rimanere immobili. In un momento di crisi, emotiva, finanziaria, sociale, politica o qualsiasi essa sia, la chiave è investire, investire nei sentimenti, nei soldi o nel lavoro, non rimanere fermi a guardare cosa sta succedendo perché non cambieranno le cose. Nel mio piccolo, per esempio, nonostante le porte in faccia e le cadute, ho sempre investito nella musica.
Non sei arrivata a Sanremo, ma allo stesso tempo hai rifiutato di partecipare a un talent show (X Factor, nda)…una scelta abbastanza rischiosa?
Credo nel pubblico, non credo nel successo che ti arriva da un talent show. E non lo dico per snobismo, ma semplicemente perché quella strada non faceva per me. Ho preferito fare la gavetta da persona libera. Sanremo non mi sarebbe dispiaciuto, su quel palco sono passati i migliori d'Italia. Mi ero iscritta alle selezioni per l'edizione del 2014 con Sbadiglio – "Ah me sembrava bellissimo…" (mi intona il ritornello) – e alla fine non sono stata scelta. Ma la delusione più grande non è stata tanto la mia, quanto quella degli altri. Sono convinta che quel brano potrebbe essere adatto ancora oggi per Sanremo, ma va bene così.
Progetto archiviato o no?
Non lo so, non so quale sarà il mio percorso da qui fino al prossimo febbraio. Potrebbero cambiare molte cose per cui potrei desiderarlo tanto oppure bypassarlo a piè pari Sanremo.
Adesso a cosa ti dedicherai?
Alla promozione del mio nuovo album, Abbi cura di te, di cui il 27 marzo è uscito il primo singolo, Ciao per sempre, e i tour. Ce ne sarà uno quest'estate in tutta Italia e forse anche uno europeo e chi lo sa che non torni a New York?
GUARDA IL VIDEO DI LEVANTE CHE ESEGUE DAL VIVO "ALFONSO" A NEW YORK: