Chissà se veramente tutte le strade che partono da Staten Island portano a Palermo? Ma, nel dubbio, di certo possiamo affermare che la campagna di sponsorizzazione promossa dalla Fondazione culturale italiana “Casa Belvedere” a sostegno del progetto letterario “Trinacria: Una Saga della Sicilia Borbonica” diventa davvero una bella occasione per approfondire il tema storico della unificazione d’Italia. Argomento che si fa tanto più interessante se letto in guisa di comparazione culturale tra Italia e Stati Uniti. Autore dell’opera è Antohny DiRenzo, professore di storia italo-americana all’Ithaca College di New York, di cui ci piace ricordare l’ultimo libro “Bitter Greens : Essays on food, politics, and ethnicity from the Imperial Kitchen” edito per i tipi della New York State University nel 2010 ed entusiasticamente elogiato dal celebre giornale “Gastronomica: The Journal of Food and Culture”.
“Desideriamo fortemente sostenere il progetto Trinacria” ha dichiarato recentemente Louis Calvelli, executive director di Casa Belvedere, sottolineando ancora una volta come lo sforzo dell’istituzione culturale italiana nel terminare i lavori di ristrutturazione della propria sede, rappresenti il sogno di realizzare una “casa”, dove tutti gli artisti italo-americani abbiano la possibilità di presentare i loro lavori dedicati alla celebrazione dell’incredibile patrimonio che la cultura italiana rappresenta per tutto il mondo.
Di Renzo è un italo-americano vero, uno di quelli che, pur non rinnegando in alcun modo la propria dimensione esistenziale attuale, amano definirsi “italiani in America”, quasi a sottolineare il legame inscindibile che unisce gli oriundi alla loro amata Patria di origine.
Non v’è dubbio che, da questo amore imperituro per la “madre Italia”, abbia preso le mosse il progetto di Trinacria. Di Renzo lo ha immaginato non già come un esercizio di nostalgia, bensì come un ritorno al passato attraverso una scrupolosa indagine storico familiare dei propri avi. Lui, il professore, non solo è di chiara discendenza italiana, ma di schiatta nobile. La sua famiglia, di origini spagnole, si trasferisce nella Sicilia Borbonica (Regno delle due Sicilie) nel XVII sec. L’autore ci racconta di aver riscoperto le sue origini dopo un soggiorno terapeutico in Sicilia all’età di 3 anni, apprendendo proprio in quella occasione quella sua buona comprensione della lingua italiana che testimonia in modo vivido la sua passione per il Bel Paese. Forse, è proprio da quel suo primo “ritrovarsi”, che Anthony Di Renzo ha cominciato a tener vivo dentro di se il desiderio di realizzare il suo progetto che si è concretizzo cinque anni fa con la decisione di metter mano alla penna. Cominciare a tracciare le linee guida di quello che si potrebbe immaginare come un nuovo “Gattopardo”, è comunque un prologo interlocutorio con uno stile non troppo lontano da quello di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Appare chiaro come l’opera di Di Renzo sposi perfettamente il progetto di Casa Belvedere, e proprio in questa ottica lo scorso anno la fondazione organizzò, tra le varie manifestazioni per la celebrazione del 150th anniversario della unificazione d’Italia, un interessante dibattito sul tema “L’unificazione dell’Italia ha migliorato o peggiorato la condizione del Mezzogiorno, la parte del Paese da cui tradizionalmente provengono la maggior parte degli immigranti italiani?”
Al dibattito moderato da Vincenzo Marra, presero parte personaggi del calibro di Lorenzo del Boca e Pino Aprile, ma soprattutto nacque in Louis Calvelli l’idea che una retrospettiva seria, documentata e se vogliamo intrisa anche di sana genealogia familiare come quella proposta da Di Renzo, potesse dare una risposta esaustiva ad uno dei temi maggiormente dibattuti dalla nostra attuale dialettica sociale. La novella, la prima scritta dal professore della Ithaca University, racconta la storia di una troupe di Hollywood che si reca a Palermo, in Sicilia, per girare le scene di un film storico sulla rivoluzione italiana. Il regista del film si appassiona al tema e comincia a girare per le strade della città alla ricerca di testimonianze del passato. Un giorno, come tanti altri, si reca a visitare le catacombe dei frati Cappuccini dove scopre esservi conservate oltre ottomila mummie. Tra queste, una in particolare attira la sua attenzione, si tratta del corpo perfettamente conservato della Marchesa Spinelli. Il regista si sofferma ad osservare il corpo della nobildonna, morta da ottanta anni, ed ha come l’impressione che quella “donna” sia ancora pervasa dalla memoria del suo complicato rapporto con il padre, dal tanto sospirato e mai celebrato matrimonio con un mercante di vini inglese, dal suo amore per il ribelle e patriottico nipote, dalla sua passione letteraria per il tanto condannato poeta romantico Giacomo Leopardi.
La novella di Di Renzo va oltre i contenuti di un semplice romanzo, ma rivanga abilmente un passato in cui tutti i fondamentali dell’opera si declinano con sapiente matrice storiografica. Il titolo del libro prende le mosse dal nome che gli antichi greci avevano dato alla Sicilia, per la sua particolare forma triangolare oltre che per le tre gorgoni che la legenda raccontava vivessero sull’isola e rappresentate ancora oggi sulla bandiera regionale. Il personaggio di Zita Valanguerra Spinelli ( 1794 – 1882), Marchesa di Scalea, è realmente esistito, e la sua turbolenta vita riflette in qualche modo la complicata transizione della storia siciliana dal feudalesimo al capitalismo.
Dopo aver iniziato la stesura del romanzo, Di Renzo ci racconta di essersi messo alla ricerca di un editore statunitense disponibile a valutare il progetto dell’opera per la successiva pubblicazione, ma nonostante gli sforzi dell’autore nessuna casa editrice prese in considerazione il progetto.
Lo scrittore decise quindi di esperire un ulteriore tentativo rivolgendosi oltre confine, in Canada, dove trovò la Guernica Edizioni, una casa editrice indipendente di Toronto che dopo aver valutato l’opera definì i contenuti del romanzo come “l’analisi perfetta del dialogo interculturale tra i due aspetti convergenti della ‘Sicilia americana’ e di quella italiana”. La campagna per la raccolta dei fondi sta proseguendo con successo e terminerà il 13 dicembre 2012, mentre con una anticipazione l’autore ha dichiarato che la pubblicazione del libro è prevista per il novembre 2013.