Li chiamano Giusti e nel giardino dello Yad Yashem di Gerusalemme ognuno ha il suo nome abbinato a un albero. Sono i protagonisti – spesso solida silenziosi – di un mondo eroico che seppe opporsi alla barbarie disumana dello sterminio nazista. Uomini che pagarono anche con la propria vita la scelta di nascondere e proteggere amici, conoscenti o perfetti estranei dalle mani rapaci dell’orrore antisemita o che operarono sotto false spoglie per aiutare decine di inermi ebrei rei soltanto di appartenere alla tribù di Davide.
Tra i tanti protagonisti che la storia ha riportato alla luce, quella di Giorgio Perlasca rappresenta una pagina importante del riscatto umano nei confronti del genocidio. E la Rai, dieci anni fa, seppe magistralmente tratteggiare la figura di quest’uomo che per quasi cinquanta anni aveva nascosto il proprio gesto eroico nelle pieghe della vita quotidiana, celandone gran parte perfino alla moglie.
Il CTIM Nord America con il Comites di Houston in occasione della giornata della Memoria hanno organizzato una serie di eventi culturali attraverso la proiezione del Film Perlasca ,10 anni dopo la prima uscita su RAI1. Gli italoamericani del Texas hanno deciso di rendere omaggio alla storia di Perlasca attraverso una serie di iniziative che ne ricorderanno le gesta. A Dallas i rappresentanti delle comunità ebraiche hanno messo a disposizione il Cinema 3 Star Angelika Room. A Houston il Consolato Generale d’Italia, a San hanno ricordato, in occasione della Giornata della Memoria (27 gennaio) l’azione eroica di Giorgio Perlasca.
Ho promesso al figlio Franco e alla Fondazione Perlasca – spiega il presidente del COMITES di Houston Vincenzo Arcobelli – che mi sarei dato da fare assieme ai rappresentanti dei Comites, del Ctim, in collaborazione con le altre Associazioni, con il Consolato e gli Istituti Italiani di Cultura, nel fare conoscere alle comunità la figura di un uomo semplice e straordinario eroe, di grande esempio, coraggio e di un elevato senso di solida rietà ed altruismo che fa onore all’Italia, agli Italiani ed alla comunità mondiale .
Giorgio Perlasca riuscì a strappare a morte certa oltre 5200 ungheresi di religione ebraica inventandosi un ruolo non suo, quello di diplomatico spagnolo, lui che non era né spagnolo né diplomatico. Per i successivi 45 anni di vita non raccontò a nessuno la sua vicenda e se non fosse stato per alcune donne ebree ungheresi che lo ritrovarono nel 1988 a Padova, pensionato ottantenne, la sua vicenda sarebbe andata dispersa. Ma il destino dispose diversamente. Perché non raccontò nulla – si chiede oggi Franco Perlasca, il presidente della fondazione intitolata al padre – nemmeno in famiglia?
Perché si limitò a scrivere e consegnare nel 1945 un memoriale, che andò disperso, al Governo italiano e spagnolo? Perché non rivendicò nell’Italia del dopoguerra meriti, onori e ricompense?
Esiste un racconto della tradizione ebraica che secondo me dà il vestito su misura a Giorgio Perlasca ma in fondo a tutti i “giusti”.
“Esistono sempre al mondo 36 Giusti, nessuno sa chi sono e nemmeno loro sanno d’esserlo ma quando il male sembra prevalere escono allo scoperto, si prendono i destini del mondo sulle loro spalle e questo è uno dei motivi perché Dio non distrugge il mondo”.
Terminato questo periodo tornano tranquillamente alla vita normale, alla quotidianità di tutti i giorni, dimenticando quasi quanto fatto perché ritengono di avere solamente il loro dovere.
“Ma lei cosa avrebbe fatto al mio posto vedendo delle persone uccise, perseguitate solo per un diverso credo religioso?”, era la risposta che Giorgio Perlasca dava a chi gli chiedeva perché lo aveva fatto, perché aveva rischiato la vita quando poteva andarsene tranquillamente in Svizzera attendendo lì la fine della guerra.
Il testamento spirituale di Giorgio Perlasca è racchiuso in una semplice frase detta a Giovanni Minoli (Mixer 1990) che gli chiedeva il perché questa storia doveva essere ricordata; lui rispose senza pensarci troppo, con immediatezza:
“Vorrei che i giovani si interessassero a questa mia storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe accadere e sapere opporsi, eventualmente, a violenze del genere”.