Sono trascorsi molti anni da allora: da turista ho visitato Harvard, con molta invidia per chi si poteva permettere di studiare in quella prestigiosa università e per chi vi insegna. Lì sono passati ben otto presidenti degli Stati Uniti, un centinaio di premi Nobel, premio Pulitzer e Oscar; vi hanno studiato Bill Gates, Mark Zuckerberg e una sessantina di miliardari. Harvard è famosa per essere la sede di alcuni prestigiosi musei: il Peabody Museum, specializzato in archeologia ed etnologia, e l’Harvard Museum of Natural History. Nel corso del tour mi hanno mostrato la statua di John Harvard, conosciuta come “statua delle tre bugie”: chi l’ha scolpita non è Harvard, ma uno studente scelto a caso dallo scultore nel 1884. John Harvard non è, come si può credere, il fondatore dell’università, ma un benefattore che le ha lasciato il suo cospicuo patrimonio e una pregevole collezione di libri; infine, Harvard non è stata fondata nel 1638, ma due anni prima, nel 1636. Per fortuna che il motto di Harvard è: “Veritas”.
C’è poi una storia a cui sono legato. Un italiano che in Italia non è molto conosciuto e comunque non apprezzato come merita. Si chiamava Gaetano Salvemini. È stato e ha fatto tante cose: storico, giornalista, politico; ha insegnato a Palermo, Messina, Pisa, Firenze. Tra i suoi allievi Carlo Rosselli, Federico Chabod, Ernesto Rossi, Camillo Berneri.
Socialista, radicale, federalista, meridionalista Salvemini era avversario del protezionismo e delle tariffe doganali, del latifondo; favorevole alla formazione di una piccola proprietà contadina. Antifascista, nel 1925 è tra i firmatari del “Manifesto degli intellettuali antifascisti” redatto da un padre del liberalismo europeo, Benedetto Croce. Con i fratelli Carlo e Nello Rosselli, Rossi, Nello Traquandi e Dino Vannucci fonda a Firenze un giornale antifascista clandestino, il “Non Mollare”. La polizia fascista lo arresta l’8 giugno del 1925; condannato può beneficiare di un’amnistia. Si rifugia in Francia, è tra i fondatori del movimento Giustizia e Libertà, nato per iniziativa dei Rosselli, Emilio Lussu, Alberto Tarchiani, Francesco Fausto Nitti e Alberto Cianca, Rossi, Ferruccio Parri, Leone Ginzburg.
Quando la Francia viene invasa da Hitler è esule in Gran Bretagna; infine, Arthur Meier Schlesinger Sr., presidente del dipartimento di storia dell’Università di Harvard lo invita a insegnare in quell’università. Dal 1929 al 1933 Salvemini è membro a pieno titolo del dipartimento, ottiene una cattedra di storia della civiltà italiana e prende, alla fine del 1940, la cittadinanza statunitense.
A partire dal 1943 pubblica “Le lezioni di Harvard” sulle origini del fascismo in Italia. Destinate a suoi studenti americani, chiarificavano e rendevano più comprensibili situazioni e fenomeni della storia italiana, con un’esposizione di straordinaria nitidezza, uno strumento prezioso per chi non conosceva il fascismo. Un’opera che costituisce il pensiero salveminiano più maturo intorno al fascismo.
In quel tour ad Harvard ho pensato a Salvemini, che camminavo dove forse anche lui aveva camminato, quei luoghi e quelle atmosfere che anche lui, molti anni prima aveva frequentato e vissuto: grazie Harvard per aver accolto e protetto Salvemini e persone come lui. Altri tempi; che non sia un illusione sperare che possano tornare.