Giorgia Meloni è sicuramente una delle più affezionate lettrici di Tolkien e appena può cita Il Signore degli Anelli, forse per fare sfoggio di cultura. “Ma non è l’unico libro che ho letto, giuro”, ha precisato mesi fa senza tuttavia dire quali sono le altre sue letture fondamentali. “Purtroppo non riesco a leggere un libro che non sia il PNRR da circa due anni”, si è invece premurata di far sapere per sottolineare così che il lavoro a Palazzo Chigi è totalizzante e che le impegna tutte le ore in cui rimane sveglia. Un suo predecessore di nome Benito, per far intendere agli italiani che si dedicava a loro anche nottetempo, lasciava accesa la luce dello studio a Palazzo Venezia mentre in realtà si trovava in qualche alcova.
La presidente del Consiglio evita questo escamotage, così si concede qualche ora di sonno e risparmia sulle bollette. Stando così le cose, viene spontanea una domanda: quando ha trovato il tempo per leggere Il Manifesto di Ventotene, per tradire l’amato Frodo? In realtà non l’ha letto, si è limitata a estrapolarne alcune frasi, come avrebbe fatto Selezione dal Reader’s Digest. E con quelle frasi si è presentata alla Camera per sostenere una falsità e una verità. Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni erano pericolosissimi sovversivi fautori di una dittatura europea rossa, la prima. L’idea di Europa degli autori del Manifesto di Ventotene non è la sua, la seconda.
Alla falsità ha risposto magistralmente Roberto Benigni su Rai1, che casualmente ha mandato in onda nello stesso giorno la lezione civile del premio Oscar registrata in precedenza. L’ignoranza e la faziosità della leader del governo e di FdI sono risaltate ancora di più. Si può forse condannare la Bibbia perché sostiene tra le altre cose la lapidazione? ha detto Benigni. “Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte”, si legge per esempio nel Levitico. Erano altri tempi, come lo erano quelli in cui Spinelli, Rossi e Colorni – confinati nel 1941 nell’isola perché socialisti e azionisti e irremovibili antifascisti – hanno elaborato il loro documento.
A quella che è invece la verità meloniana ha dedicato poche ma chiare parole Renata Colorni, figlia di Eugenio e allevata da Spinelli dopo la morte del padre per mano fascista: “Non ho mai creduto nella fede democratica della signora Meloni. Con le sue parole su Ventotene ha finalmente gettato la maschera”. È stato come risentire l’urlo sguaiato “yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana”, e ovviamente soy anche anti-europeista. È evidente ora a tutti che la presidente del Consiglio rimane ancorata a un’idea di Europa agli antipodi rispetto a quella del tre saggi e che il suo tiepido europeismo di questi mesi era un’operazione di facciata. No a un’Europa federalista, sì a un’Europa delle Nazioni e dei nazionalismi. Ed è stato proprio quando ha avvertito che la prima – davanti alle minacce di Trump – stava raccogliendo consensi tra l’opinione pubblica che ha scagliato il suo attacco dai banchi del governo. In perfetta linea con il pensiero del presidente americano, secondo il quale l’Ue è nata per fottere l’America – seguendo questa logica assurda, si potrebbe anche sostenere che gli Stati Uniti d’America sono nati per fottere l’Inghilterra e non assicurarsi l’indipendenza – . La Meloni si mostra come paladina di un Occidente governato dalle ubbie di Trump, ancorata sì alla Nato – segno distintivo della destra italiana anche ai tempi della ‘strategia della tensione’ pilotata dall’organizzazione militare in nome dell’anticomunismo – ma pronta anche qui a condividere le decisioni dell’imprevedibile presidente Usa. Pronta anche a ostacolare i progetti di difesa europea, primo passo verso un federalismo consapevole.
È il nazionalismo (nascosto sotto il termine patriottismo) il fulcro attorno a cui Giorgia Meloni intende far girare l’Italia e l’Europa. Si spiega così la sortita contro uno dei testi fondanti dell’Unione europea, una sortita per sfregiare la storia, l’idea di una federazione libera, unita e democratica, e anche il presidente della Repubblica Mattarella, che nel 2021 è andato a Ventotene per rendere omaggio ai tre ‘padri fondatori’ e che da lì ha esortato tutti quanti “a vigilare in difesa della democrazia contro le derive che mettono in pericolo la libertà”.
Il Varieties of Democracy, principale centro studi mondiale in materia, afferma nel suo rapporto 2025 che per la prima volta negli ultimi vent’anni i regimi autocratici hanno superato quelli democratici. Chiede inoltre, alla luce dei primi mesi della presidenza Trump: “La democrazia degli Stati Uniti è sulla via del collasso?”. Una domanda che rischia di riguardare anche Europa e Italia.