A leggere i giornali, a vedere i media e a girare per i social network italiani ci sono pochissimi dubbi su chi abbia avuto torto, e chi ragione, nella disfida di venerdì scorso nella Stanza Ovale tra i due presidenti. L’ucraino – eroico dal momento in cui respinse con dignità non comune la proposta di Joe Biden di fuggire con un aereo USA da Kiev assediata dall’aggressore Putin (“mi servono le armi, non un passaggio”) – è uscito dalla Casa Bianca rincuorato dalla simpatia degli anti Trump globali. Ma a mani vuote. Cioè senza alcun documento firmato Donald Trump. Il quale, dopo aver congedato bruscamente Zelensky con un “torni quando vuole, ma deve essere pronto a fare la pace ed oggi non lo è”, ha ripreso gli affari suoi (tariffe e ordini esecutivi).
Il presidente USA era convinto che un accordo di cooperazione economica-finanziaria-industriale tra i due Paesi (flusso di armi a parte) sarebbe stato, tre anni e un milione di morti dopo, una garanzia implicita di assistenza all’Ucraina, ossia un’offerta da non rifiutare. Trump voleva inviare in Ucraina minatori, ingegneri, manager delle società da creare in partnership con Kiev per estrarre le terre rare. Zelensky invece pretendeva, di fatto, una sorta di articolo 5 della Nato, quello che protegge i Paesi membri. Ma l’idea di Trump, bollato come predatore dai soliti noti, non suona affatto male alle orecchie ucraine. Tutti hanno visto che nelle ore immediatamente successive alla frattura diplomatica, Zelensky si è fatto in quattro per rimettere in moto la corsa alla firma di quel documento. E infatti nel giorno del Discorso al Congresso di Trump, gli ha mandato una lettera dicendo “sono pronto”. Anche per lui avere come socio d’affari Trump, e migliaia di yankee a lavorare sul territorio attorno a Kiev, è apparsa una soluzione da non perdere.
E allora? Abbondano i retroscena su chi sia stato il cattivo maestro che ha allontanato l’inevitabile accordo. Si va da Macron, regista occulto con mire da numero uno europeo (per far dimenticare i fiaschi domestici), al senatore Democratico Chris Murphy del Connecticut, che la fronda l’ha fatta alla luce del sole. Un’ora prima che Zelensky andasse nella Stanza Ovale, Murphy lo ha incontrato e poi ha detto: “Ho appena finito un meeting con il presidente Zelensky qui a Washington. Ha confermato che il popolo ucraino non sosterrà un falso (fake) accordo di pace dove Putin ottiene tutto quello che vuole e non ci sono garanzie di sicurezza per l’Ucraina”. Così “spronato”, Zelensky è andato a giocare a poker alla Casa Bianca, e tutti hanno visto come è finita. In Ucraina, dove dovrà prima o poi essere rieletto o cacciato con un voto, si vedrà se la gente ha preso con orgoglio, o con paura vera, la piazzata con l’unico politico sulla Terra che ha la statura, e i mezzi, per aiutare il loro Paese.
E Trump? Lui non risponde a chi sventola (sacrosanti) ideali, purché pagati in dollari. Lui ha un popolo a cui ha promesso di tamponare i buchi nei conti pubblici, e promuovere l’ “America first”. David Burrell di Wick Insights, leggo su FreePress, ha intervistato mille americani scelti tra GOP e DEM nella percentuale in cui hanno votato, e solo un terzo ha fortemente disapprovato Trump dopo aver visto gli 11 minuti della lite. Quasi la metà ha detto che Trump e Vance avevano argomenti più forti di Zelensky, e per il 62% Zelensky è stato “offensivo”. Infine, il 69% degli intervistati crede che gli USA abbiano la maggiore leva negoziale per porre fine al conflitto.
Per la CNN, nel febbraio 2022, il 72% di americani aveva fiducia che Zelensky “farà la cosa giusta quando si tratta di affari mondiali”; nel febbraio 2025 la percentuale è scesa al 48%. Nel frattempo, il 78% dell’elettorato è per un accordo di pace negoziato tra Russia e Ucraina, con solo il 16% contrario.
Odiate pure Trump, ma sappiate che rappresenta gli americani.