Le elezioni del 5 novembre hanno evidenziato come l’America sia cambiata. La vittoria di Donald Trump non solo è la dimostrazione della mancanza di presa della visione liberal sul Paese, ma anche come il partito democratico non sia stato in grado di intrepretare i sentimenti dell’elettorato trincerandosi in una sterile ideologia che ha demotivato la base elettorale.
Il crollo del partito democratico alle elezioni del 5 novembre non può essere attribuito solo a Biden o Harris, ma di un intero sistema ideologico che si è presentato all’elettorato senza offrire nulla in termini di idee o di sostanza. Il ritornello di Biden che “l’economia va a gonfie vele” si è scontrato con la realtà dei fatti perché, se è vero che l’economia americana è trainante, è altrettanto vero che tutto costa molto di più di 4 anni fa. Il risultato è stato che 10 milioni di democratici che avevano votato per l’attuale presidente nel 2020 non si sono presentati alle urne.
Trump ha battuto un Partito Democratico che ha investito tutto ciò che aveva e ha fallito, nonostante i miliardi di dollari a disposizione e una pioggia di cause e processi penali contro di lui. Il Partito Repubblicano, invece, ha accettato la voglia di cambiamento imposta da Trump tollerando tutto, anche le grossolane bugie dell’ex presidente e il tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021.
Il “woke”, la “cancel culture”, il dogmatismo intollerante e censorio della sinistra dem, di New York, di Harvard, della California hanno allontanato gli elettori democratici del main stream americano.

Come è cambiato il “Grand Old Party”
Il mantra repubblicano di essere il partito della legge e dell’ordine è stato sconfessato: per la prima volta alla Casa Bianca andrà un pregiudicato. Una condanna penale per soldi pagati in nero dalla sua società (e camuffati come spese legali) a una pornoattrice che voleva rivelare la loro relazione a poche settimane delle elezioni del 2016. Una condanna che il presidente eletto ha definito “politica” e che i repubblicani, che in altri anni hanno affossato candidati per molto meno, hanno invece fatto quadrato intorno a lui e lo hanno difeso e imposto. Questo perché Trump è riuscito a creare quei consensi personali all’interno del GOP che nessun altro presidente era mai riuscito a creare con una base elettorale a lui devota, stanca dell’immobilismo del Congresso, ma soprattutto fedelissima.
Di sicuro gli elettori non si sono stancati di lui. Lo dimostra il fatto che, nonostante tutti gli scandali e il caos del suo primo mandato, culminato con il tentativo di restare al potere dopo aver perso le elezioni del 2020, è stato nuovamente eletto.
A cosa si deve questa straordinaria forza politica? Inizialmente molti commentatori e politici democratici hanno dato la colpa al razzismo, alla misoginia e alla xenofobia, favoriti da disinformazione e bugie. Con il passare dei giorni i politologi hanno messo l’accento sull’importanza delle istituzioni, gli economisti hanno sottolineato le condizioni materiali e i sociologi hanno evidenziato la spaccatura culturale tra élite e popolo.
La prima spiegazione, quella più politica, vede Trump come un astuto opportunista del sistema politico. Una volta che è riuscito a ottenere il controllo del partito con le sue benedizioni o con le sue scomuniche ai candidati, la sua corrente ribelle, anche se minoritaria, è stata favorita dal sistema bipartitico, che ha costretto la maggioranza ad accettarne la nuova leadership. Lo si è visto quando Kevin McCarthy, che aveva la maggioranza, è stato trombato come speaker della Camera dalla minoranza. Poi durante il primo mandato di Trump l’economia americana ha vissuto un periodo di grande crescita, fino alla pandemia. Anche se gli elettori non hanno apprezzato la gestione del tycoon (e soprattutto i fatti del 6 gennaio 2021), la rabbia per l’aumento dei prezzi e le posizioni estreme dei dem li hanno spinti a votare per i repubblicani.

Inoltre l’ossessivo bipolarismo politico che da dieci anni caratterizza l’immobilismo al Congresso ha portato la voglia di cambiamento. Rispetto al passato, infatti, le posizioni politiche sono determinate meno dall’etnia e dal reddito: la nuova frattura riguarda il livello d’istruzione. I democratici attirano sempre di più il sostegno dei professionisti e delle classi benestanti dei sobborghi, che disprezzano Trump e lo ritengono inadatto a guidare il paese. Le classi meno ricche e meno istruite apprezzano invece il fatto che Trump si scagli apertamente contro i nemici, parli come loro, parli con loro e gli prometta un futuro in cui riceveranno dignità e una condizione finanziaria migliore, anche se molti sanno benissimo che questo scenario difficilmente si realizzerà.
Poi c’è il fatto fondamentale che il Partito Repubblicano ha molti generali, ma Trump ha i soldati. Questo è stato capito dalla Heritage Foundation, il think tank conservatore guidato da Kevin Roberts, che ha puntato su di lui e ha preparato Project 2025, un manuale intitolato “Mandate for Leadership: The Conservative Promise”. Novecento pagine che delineano gli obiettivi che Trump, come capo della Casa Bianca, dovrebbe raggiungere durante il suo secondo mandato. La missione generale del piano è consolidare il potere esecutivo, conferendo al presidente un’autorità molto maggiore di quella che finora i suoi predecessori hanno avuto.
Durante la campagna elettorale Trump ha preso le distanze da Project 2025, ma ora, dopo che è stato eletto, ha scelto gli autori del manuale. Si tratta di Tom Homan, l’ex poliziotto e capo dell’Ice, nominato “border zar” per portare avanti la deportazione dei migranti; John Ratcliffe, l’ex deputato del Texas che fu capo della National Intelligence della prima amministrazione, ora scelto a capo della Cia; Brendan Carr, che ha scritto su Project 2025 un intero capitolo della Fcc, l’agenzia delle comunicazioni che ora è stato chiamato a guidare, e Pete Hoekstra, nominato ambasciatore in Canada. E poi Russ Vought, autore del capitolo in cui si propugna la necessità che la prossima presidenza usi in modo più aggressivo il suo potere esecutivo, che con molta probabilità sarà chiamato a guidare l’ufficio bilancio della Casa Bianca.
Ora, grazie a Trump, i repubblicani hanno conquistato la Casa Bianca e hanno la maggioranza sia alla Camera che al Senato e hanno dalla loro parte anche la Corte Suprema. Per i democratici almeno per i prossimi due anni, fino alle elezioni di Mid Term del 2026, è notte fonda!