È questa la “bizzarra” (weird, che è la parola del momento) storia di due vicepresidenti, balzati ai vertici dell’attenzione mediatica da qualche settimana. Il primo, JD Vance, è stato nominato al ruolo di numero due da Trump durante la Convention del GOP di luglio. La seconda, Kamala Harris, è la vice di Joe Biden dal 2021, ma si può considerarla già di fatto promossa alla nomination del partito Democratico.
Quindi meritano la copertina dei giornali e delle reti televisive. E qui torna in auge la collaudata tecnica dei grandi media del mainstream – al 90% di sinistra e pro Democratici – di creare le “narrazioni” funzionali alla causa politica da propugnare.
Partiamo da Vance. Il suo passato è un libro aperto. Libro in senso proprio, perché la sua fama se l’era costruita con un bestseller diventato film. Dentro c’era la rappresentazione spietata delle sue origini, delle vergogne umane di una famiglia dell’America misera e miserevole. Senza censure, ma con un messaggio di redenzione: ci si può trovare nelle condizioni sociali più difficili e negative, però ci si può riscattare, individualmente, ognuno con la propria forza di volontà.
Che cosa sappiamo di lui, leggendo un articolo in prima pagina del New York Times? Che anni fa aveva offeso le donne con una battuta in tv sulle “gattare senza figli” e che lui non voleva offendere i gatti. Silenzio però sul vero allarme: l’America, con il tasso di 1,6 figli per donna, è ormai lontana dal 2,1 che assicura almeno il mantenimento della popolazione. Per combattere questo trend, Vance aveva anche ventilato l’idea di punire fiscalmente le famiglie senza figli. “Vuoi farmi pagare più tasse per prenderti cura dei figli di altri? Siamo sicuri che è un Repubblicano? Per me è un imbecille” è il commento che il Times ha affidato al fondatore di un sito di tifoseria sportiva presentato come la “personificazione della ‘cultura’ maschilista che popola molta parte del movimento di Trump”. Quindi: senza dire che i politici, Democratici e Repubblicani, hanno appoggiato da anni misure di sconti fiscali a favore di chi ha più figli (giusta o sbagliata, l’idea è in sostanza la stessa di Vance, solo capovolta), la conclusione per il lettore è netta: Vance è un imbecille e anche i Repubblicani, divisi, lo detestano.
Il trattamento riservato a Kamala è meno rozzo, ma con la speranza – per me ardita – d’essere efficace. Quanto ha detto e quanto ha fatto lei, ovviamente, è nel mirino dei Repubblicani, che hanno l’imbarazzo della scelta circa le sue posizioni da attaccare. Che fare, allora? Negare che siano mai esistite. Siccome è un fatto che Harris è una ultra liberal che ha sempre incarnato posizioni – legittime, per carità – ma radicali, ogni sforzo deve essere dedicato oggi a negarle. Del resto, sono inconciliabili con una campagna che vuole i voti moderati per vincere.
Aveva twittato, Kamala, un messaggio a favore del Minnesota Freedom Fund, il fondo che – nel pieno dei violenti disordini BLM e Antifa del 2020 dopo l’omicidio di George Floyd – raccoglieva soldi per aiutare i manifestanti arrestati per aver commesso atti illegali nelle strade? Oggi: ma Kamala non aveva versato nulla, che cosa volete che sia un tweet (replicato 15mila volte) ?
Aveva detto nel 2020, in TV, “Sono assolutamente per il bando del fracking”? Oggi: dalla prima pagina del sito politico.com impariamo che “La campagna di Harris si impegnerà a non vietare il fracking dopo le accuse di Trump”. Cioè, non è che Kamala vietava, è che Trump si è inventato l’accusa.
Aveva scritto Govtrack, sito che monitora i politici “per rendere il governo più aperto e accessibile”, che Harris nel 2019 era il senatore “più liberal” per i suoi voti in Senato, anche più a sinistra di Sanders? Oggi: quel commento è stato semplicemente cancellato dal sito.
La chicca più gustosa è la storia della “zarina del confine”. Usa Today, CNN, Axios, Time e altri, in processione, tutti a giurare che non lo è mai stata. I lettori che hanno vissuto per quattro anni sapendo, grazie a queste stesse testate, che quella era la semplice e indubbia realtà, dovrebbero farsi ridare i soldi degli abbonamenti.