Nel pomeriggio di venerdì, mentre i combattimenti sul fronte ucraino si intensificano e nuove città vengono colpite da droni e missili russi, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito in sessione straordinaria. Ma questa volta, tra i discorsi istituzionali e le dichiarazioni diplomatiche, è stata la voce dell’ambasciatore ucraino a bucare il cerimoniale e scuotere l’aula.
Verso la fine della riunione, il nuovo rappresentante permanente dell’Ucraina, l’ambasciatore Andrii Melnyk, ha preso la parola con tono fermo ma visibilmente commosso. Dopo aver denunciato i continui attacchi russi, tra cui quello devastante del 16 giugno su Kyiv — il più letale da un anno a questa parte, con almeno 28 morti civili e oltre 130 feriti — ha condiviso un episodio personale: la chiamata della madre, dopo che un missile era caduto vicino a casa sua nella capitale ucraina.
“Mi ha detto,” ha raccontato, “che forse era l’ultima volta che mi parlava. Che, se il prossimo missile colpiva il palazzo, non ci sarebbe stato più nulla da dire”.
L’ambasciatore ucraino ha implorato i Quindici: “Trovate almeno la via per una tregua. Fate in modo che le madri ucraine non siano costrette a dire ai figli che potrebbero non rivederli mai più”.
Un appello che ha toccato molti presenti, anche tra i delegati dei Paesi che finora avevano mantenuto una posizione più distante sul conflitto.
A introdurre la riunione è stato Miroslav Jenča, Vice Segretario Generale per gli affari politici, che ha tracciato un quadro drammatico. Solo nelle prime due settimane di giugno, la Russia ha lanciato oltre 3.300 droni e 135 missili a lungo raggio sull’Ucraina. Il bilancio dei civili uccisi in tutto il conflitto, secondo l’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani (OHCHR), ha superato quota 13.400, tra cui 713 bambini.
“Questi livelli di morte e distruzione rischiano di spegnere ogni speranza per un cessate il fuoco immediato e minacciano le prospettive di una pace duratura,” ha detto Jenča.
Pur riconoscendo alcuni sviluppi diplomatici recenti — come il secondo incontro diretto tra delegazioni russa e ucraina a Istanbul e nuovi scambi di prigionieri e resti umani — Jenča ha invitato a “raddoppiare gli sforzi per rendere il processo diplomatico non solo sostenibile, ma irreversibile”.
Edem Wosornu, direttrice operazioni dell’OCHA, ha descritto un Paese in pieno collasso: 3,7 milioni di sfollati interni, 6 milioni di rifugiati, quasi 13 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria. Solo tra gennaio e oggi, 60.000 persone sono state evacuate da villaggi sul fronte.
“Ci sono aree in cui gli attacchi sono talmente frequenti che anche evacuare diventa un rischio estremo,” ha detto. “Le famiglie sono costrette a scegliere tra restare sotto le bombe o morire tentando di fuggire”. La Wosornu ha anche denunciato la mancanza di fondi: dei 2,6 miliardi di dollari richiesti per l’assistenza nel 2025, solo 816 milioni sono stati ricevuti. “Se non arriveranno altri aiuti, non potremo continuare”.
Se la Russia è stata al centro delle critiche — per le violazioni del diritto internazionale e l’uso crescente di armi a lungo raggio — alcuni interventi, come quello della Cina, hanno invitato il Consiglio a promuovere un dialogo “non polarizzato”, insistendo sul ritorno a una mediazione “bilanciata”. Gli Stati Uniti hanno riaffermato il pieno sostegno all’Ucraina, così come Regno Unito e Francia.
L’ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha respinto le accuse e denunciato la “strumentalizzazione del Consiglio a fini geopolitici occidentali”. “Queste delegazioni bloccano le riunioni con narrazioni già pronte, a senso unico, che non apportano alcun valore aggiunto” ha detto Nebenzia attaccando l’“eccessiva politicizzazione” delle dinamiche del Consiglio, criticando soprattutto l’atteggiamento di alcune delegazioni europee – accusate di “ripetere sempre le stesse storie” – che, secondo lui, degradano il ruolo operativo del Consiglio di Sicurezza.

Oltre all’Ucraina, tra i pochi Paesi non membri del Consiglio intervenuti c’era anche l’Italia, rappresentata dall’Ambasciatore Maurizio Massari, che ha pronunciato uno dei discorsi più netti della sessione. “Siamo riuniti oggi dopo gli ultimi attacchi brutali della Russia, un’ulteriore chiara violazione del diritto internazionale. Serve un cessate il fuoco immediato per avviare negoziati credibili,” ha dichiarato il diplomatico italiano.
Massari ha riaffermato che l’Italia non è in guerra con il popolo russo, ma “si oppone a una decisione sconsiderata e non provocata di invadere un Paese sovrano”. Il diplomatico italiano ha sottolineato che “la pace non è un’opzione astratta: è l’unica via per porre fine alla sofferenza di milioni di civili innocenti, vittime di una guerra che non hanno scelto” ribadendo che “solo una soluzione diplomatica, fondata sulla Carta delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale, potrà portare a una pace giusta, duratura e globale”.

Massari ha poi annunciato che Roma ospiterà il 10 e 11 luglio la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, con focus su economia, diritti umani e integrazione europea. “Insieme, porremo le basi per un’Ucraina prospera e indipendente, parte della nostra famiglia europea”.
La riunione di venerdì al Palazzo di Vetro ha mostrato da un lato, la volontà ancora viva di alcuni Paesi — Italia inclusa — di cercare la via diplomatica. Dall’altro, l’impotenza di un Consiglio di sicurezza che, mentre civili muoiono sotto le macerie a Kyiv, continua a riunirsi senza riuscire ad agire.
Ma a restare scolpito, più di ogni altra cosa, è stato il volto e la voce implorante dell’ambasciatore ucraino per scuotere i Quindici a imporre una tregua “cercata dalla mediazione del Presidente americano Trump e che l’Ucraina ha già accettato 100 giorni fa ma che la Russia continua a ignorare”, mentre ricordava la voce di sua madre, dall’altra parte del telefono, terrorizzata dalla possibilità che forse quella era l’ultima volta che sentiva la voce del figlio.