La Corte Penale Internazionale (ICC, CPI in italiano) ha condannato venerdì l’ordine esecutivo firmato giovedì dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che impone sanzioni punitive contro i suoi procuratori, sostenendo che l’ordine mirava a “danneggiare il suo lavoro giudiziario indipendente e imparziale”. Sempre venerdì, 79 paesi membri dell’ONU hanno firmato al Palazzo di Vetro una dichiarazione a sostegno della CPI e di condanna dell’ordine esecutivo di Trump. Tuttavia, a risaltare è stata l’assenza della firma dell’Italia. Ma andiamo con ordine.
La Corte penale internazionale dell’Aja è stata istituita dallo Statuto di Roma, negoziato sì all’interno delle Nazioni Unite, ma che resta un tribunale completamente indipendente dall’ONU. La CPI, che fu raggiunta soprattutto grazie agli sforzi diplomatici guidati dall’Italia che a sua volta seguivano gli anni di lotta politica del radicale Marco Pannella che ne aveva per primo configurato la necessità al Palazzo di Vetro, è stata creata per giudicare i crimini “senza più confini” più gravi, inclusi i crimini contro l’umanità.
L’ordine esecutivo di giovedì firmato da Trump ha dichiarato che il governo degli Stati Uniti avrebbe “imposto conseguenze tangibili e significative” ai funzionari della CPI che lavorano su indagini che minacciano la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei suoi alleati – inclusa Israele.

Sono ben 125 gli Stati parte dello Statuto di Roma, firmato nel 1998 ed entrato in vigore nel 2002, ma né gli Stati Uniti né Israele riconoscono la giurisdizione della CPI. La direttiva dell’amministrazione Trump è la ritorsione americana alla decisione dei giudici della CPI di emettere mandati di arresto a novembre per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della difesa Yoav Gallant, accusandoli di presunti crimini di guerra in relazione alla condotta della guerra con Hamas a Gaza. La CPI allora aveva inoltre emesso un mandato di arresto per un ex comandante di Hamas, Mohammed Deif.
L’ordine esecutivo degli Stati Uniti afferma che le azioni della CPI contro Israele e le indagini preliminari contro gli Stati Uniti “creano un pericoloso precedente, mettendo direttamente in pericolo il personale attuale e passato”. L’ordine prevede possibili sanzioni, tra cui il blocco dei beni e delle proprietà dei funzionari della CPI e il divieto di ingresso negli Stati Uniti per loro e le loro famiglie. C’era stato già un tentativo del Congresso degli Stati Uniti di imporre sanzioni alla CPI a gennaio, prima del cambio di amministrazione tra Biden e Trump, ma non aveva ottenuto abbastanza sostegno al Senato.

“La CPI condanna l’emissione da parte degli Stati Uniti di un Ordine Esecutivo che cerca di imporre sanzioni ai suoi funzionari e di danneggiare il suo lavoro giudiziario indipendente e imparziale,” ha dichiarato la Corte in un comunicato stampa. “La Corte difende fermamente il proprio personale e si impegna a continuare a fornire giustizia e speranza a milioni di vittime innocenti di atrocità in tutto il mondo, in tutte le situazioni di sua competenza.” La Corte ha inoltre invitato tutte le parti della CPI, insieme alla società civile e ad altre nazioni, a “restare unite per la giustizia e i diritti umani fondamentali.”
Anche il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, attraverso una dichiarazione del suo vice portavoce Farhan Haq, durante il briefing giornaliero di venerdì ha rio adito che “il diritto penale internazionale è un elemento essenziale nella lotta contro l’impunità, che purtroppo è diffusa nel mondo di oggi. La Corte Penale Internazionale ne è un pilastro fondamentale e deve poter operare in piena indipendenza”.
Quando ad Haq venerdì è stato chiesto se le sanzioni imposte dagli Stati Uniti potessero intaccare l’Accordo sulla Sede delle Nazioni Unite e, in particolare, se e quando queste sanzioni potrebbero colpire alti funzionari del CPI che devono recarsi a New York per lavori all’interno dell’ONU, il portavoce di Guterres ha risposto: “Confidiamo che qualsiasi restrizione imposta nei confronti di individui venga attuata in conformità con gli obblighi del paese ospitante ai sensi dell’Accordo sulla Sede delle Nazioni Unite. Ovviamente, tale accordo implica determinati obblighi per il paese ospitante, e ci aspettiamo che questi vengano rispettati”.
Intanto in Italia divampano le polemiche dopo che il governo di Roma non ha appoggiato l’iniziativa di 79 paesi membri dell’ONU che hanno firmato una dichiarazione di supporto al CPI e di condanna dell’ordine esecutivo di Trump. Il tutto avviene mentre il governo Meloni continua ad essere preso di mira dall’attacco delle opposizioni in Parlamento per il caso del libico Osama Almasri Najim, l’ufficiale della polizia libica arrestato in Italia per eseguire un mandato di cattura emesso dal CPI – che lo accusa di omicidi, torture e stupri – ma poi rilasciato dalle autorità italiane e riportato in Libia con un aereo militare.
Tra le firme del documento firmato al Palazzo di Vetro di.New York in supporto del CPI c’erano quelle dei principali Paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna tra gli altri), ma appunto mancava quella dell’Italia. Le sanzioni dell’odine esecutivo di Trump contro la Corte Penale Internazionale sono un attacco di un livello inedito da parte di un Paese occidentale alla CPI e il documento firmato dai 79 paesi membri dell’ONU avverte che queste misure aumentano “il rischio dell’impunità” nel mondo..
A favore della Corte dell’Aja si è subito schierata anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che sui canali social ha precisato come la CPI garantisca “la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale”. “L’Europa – ha puntualizzato – sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale”.
Il governo Meloni, mentre scriviamo, non ha chiarito il perché non abbia firmato la dichiarazione a difesa della CPI ma a questo punto bisogna provare a interpretare: oltre al cercare di mantenere rapporti “privilegiati” con la nuova amministrazione americana, avrà avuto un peso determinante lo scontro in atto tra il governo Meloni e la Corte dell’Aja per il caso Alamari. La mancata firma dell’Italia al documento dei 79 dell’Onu aggiunge quindi benzina al fuoco delle polemiche che già da una settimana erano sulle prime pagine di tutti i giornali italiani mentre le accuse rimbalzavano tra Parlamento, Palazzo Chigi e le corti di giustizia.

Il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, rilanciando la notizia dell’opposizione annunciata da 79 nazioni, tra le quali non c’è l’Italia, alle sanzioni decise dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, contro la Corte penale internazionale, ha accusato il governo Meloni di voler trasformare “l’Italia nel Paese delle immunità e dell’impunità, danneggiando gravemente l’immagine della nazione”. Su suoi canali social l’ex premier Conte ha scritto: “Prima hanno garantito a Netanyahu che non lo avrebbero arrestato nonostante il mandato di arresto dell’Aja e la carneficina di decine di migliaia di palestinesi. Poi hanno messo su un volo di Stato e riportato a casa Almasri, un criminale con accuse anche per stupri di bambini, nonostante il mandato di arresto della Cpi. Ora l’Italia rompe il fronte e non firma la dichiarazione congiunta di 79 Paesi (fra cui i più grandi Stati europei) contro le sanzioni decise dagli Stati Uniti verso la Corte Penale internazionale, che comprometterebbero l’operatività di questo organo, con il rischio di impunità per crimini gravissimi”. “Non compromettiamo – è l’appello lanciato da Conte – l’onore del nostro Paese, non partecipiamo al tentativo di distruggere la giustizia internazionale. Il Governo firmi subito contro le sanzioni oppure spieghi di fronte ai cittadini il perché di questo inquietante passo indietro rispetto ai nostri valori tradizionali e ai nostri obblighi internazionali”, ha concluso.
Dal canto suo la segretaria del Pd Elly Schlein parlando da Bari, ha dichiarato: ”Trovo veramente una cosa di cui vergognarsi che oggi il governo italiano non abbia aderito alle firme degli stati che stanno protestando per le sanzioni di Trump alla Cpi”.
Intanto nei prossimi giorni, alla denuncia già recapitata all’Aja da un cittadino sudanese torturato in Libia, nei confronti di Meloni e dei ministri Piantedosi (Interni) e Nordio (Giustizia) per il rilascio dell’ufficiale libico, se ne potrebbero aggiungere altre, ha annunciato Omer Shatz, uno dei legali delle vittime di Almasri.