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Netanyahu dice sì al cessate il fuoco in Libano, ora si aspetta e spera per Gaza

Fonte governativa al "Times of Israel": il governo israeliano ha accettato le condizioni per stop ai combattimenti con Hezbollah, con garanzie da USA e Francia

Simone d'AltavillabySimone d'Altavilla
Netanyahu dice sì al cessate il fuoco in Libano, ora si aspetta e spera per Gaza

A plume of smoke caused by the impact of a missile strike is visible over the Haret Hreik neighbourhood of Beirut, Lebanon, on 15 November. (Photo UNHCR/Ximena Borrazas)

Time: 6 mins read

Mentre la missione dell’Onu in Libano (Unifil) continua ad essere seriamente preoccupata per i numerosi attacchi alle Forze armate libanesi all’interno del territorio, nonostante il loro dichiarato non coinvolgimento nelle ostilità in corso tra Hezbollah e Israele, il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe accettato lunedì la versione finale del cessate il fuoco con Hezbollah. Lo riporta il “Times of Israel”, sottolineando che la libertà di azione di Israele in Libano sarà garantita da una lettera firmata con gli Stati Uniti.  Secondo la fonte del “Times of Israel”, il governo israeliano accetta un cessate il fuoco, ma non la fine della guerra. “Non sappiamo quanto durerà, potrebbe essere un mese, o un anno”.

L’accordo prevede che l’esercito di Beirut entri nel sud del Libano per un periodo di 60 giorni, mentre l’Idf si ritira. Il coordinamento con la parte libanese avverrà attraverso l’ufficio del capo del Comando Centrale degli Stati Uniti, il generale Michael E. Kurilla. L’organo di coordinamento includerà la Francia, il cui coinvolgimento è stato voluto da Washington e Beirut. Secondo le notizie riportate dal giornale di lingua inglese israeliano, Israele avrebbe accettato il coordinamento di Parigi solo dopo che la Francia ha indicato di non voler procedere all’applicazione della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Netanyahu.

L’accordo prevede che l’Idf resterà libera di rispondere nel caso avvenissero altri attacchi a Israele, ma anche contro i tentativi di Hezbollah di accrescere la propria potenza militare. Netanyahu ha deciso che Israele non aveva altra scelta che accettare un cessate il fuoco per paura che l’amministrazione Biden potesse ‘punirlo’ con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, anche se gli Stati Uniti non hanno dato alcuna indicazione di volerlo fare. La fonte del Times of Israel sostiene anche che la tregua contribuirà a porre fine alla guerra a Gaza. ”Hamas voleva il sostegno di Hezbollah e di altri. Una volta tagliato il collegamento, si ha la possibilità di raggiungere un accordo… È un risultato strategico – ha aggiunto la fonte – ora Hamas è solo’’.

Intanto sempre lunedì al Palazzo di Vetro il portavoce del Segretario generale, Stéphane Dujarric, ha ribadito che la Forza ad interim delle Nazioni Unite per il Libano (UNIFIL) è seriamente preoccupata per i numerosi attacchi contro le forze armate libanesi (LAF), nonostante la loro dichiarata non partecipazione alle ostilità. Le LAF hanno riferito che almeno 45 soldati sono stati uccisi nei recenti attacchi.

Dujarric ha sottolineato che tali attacchi contro le LAF nel territorio libanese costituiscono una flagrante violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, nonché del diritto internazionale umanitario, che vieta di prendere di mira coloro che non partecipano alle ostilità. Il portavoce di Guterres ha detto che le Nazioni Unite rimangono profondamente allarmate dall’escalation delle ostilità e dalla diffusa distruzione e perdita di vite umane lungo la “Linea Blu” che separa Libano e Israele.

“Esortiamo tutte le parti coinvolte nel conflitto ad affrontare le loro differenze attraverso i negoziati – non attraverso la violenza”, ha continuato Dujarric osservando che la coordinatrice speciale delle Nazioni Unite per il Libano, Jeanine Hennis-Plasschaert, è in visita in Israele e quel giorno avrebbe dovuto incontrare alti funzionari israeliani, con colloqui incentrati sull’attuale crisi, sull’urgente necessità di un cessate il fuoco e sulla necessità di attuazione completa della risoluzione 1701.

2 months on from the widespread escalation of conflict in #Lebanon, the human toll has reached devastating levels.

Humanitarians are delivering aid, but stocks are running low as needs grow.

Urgent funding is needed to sustain life-saving support.

Our latest update ⬇️

— UN Humanitarian (@UNOCHA) November 25, 2024

L’ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite, OCHA, ha avvertito che il Libano sta affrontandouna crisi umanitaria senza precedenti che colpisce più di un milione di persone. Negli ultimi tre giorni, i sobborghi meridionali della capitale, Beirut, sono stati colpiti da attacchi incessanti, che hanno provocato ingenti danni e perdite significative, oltre a costringere le persone ad abbandonare le proprie case.  In media, 250 persone sono state uccise ogni settimana questo mese, portando il bilancio delle vittime a oltre 3.700 dall’escalation delle ostilità nell’ottobre 2023, ha affermato l’OCHA citando le autorità nazionali.

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) riferisce che complessivamente dallo scorso ottobre sono stati uccisi almeno 240 bambini. In risposta all’escalation di violenza, le autorità libanesi hanno annunciato la chiusura delle scuole a Beirut e nelle aree circostanti, passando all’apprendimento a distanza a partire da questo lunedì.

Mentre in Libano almeno sono cresciute le speranze di giungere tra poche ore al cessate il fuoco, a Gaza si resta sull’orlo del collasso. Durante una riunione del Consiglio di Sicurezza un alto funzionario delle Nazioni Unite ha rinnovato lunedì le richieste urgenti per un cessate il fuoco immediato e un’azione per affrontare la crisi umanitaria. Nel briefing con gli ambasciatori del Consiglio di sicurezza, Muhannad Hadi, vice coordinatore speciale per il processo di pace in Medio Oriente, ha delineato l’impatto del conflitto, che è ora al suo secondo anno. “Con l’avvicinarsi dell’inverno, l’orrore a Gaza continua a protrarsi senza fine in vista”, ha affermato.

Scatenato dagli attacchi terroristici dello scorso ottobre da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi nel sud di Israele, il conflitto sarebbe costato la vita a oltre 44.000 palestinesi e 1.700 israeliani e cittadini stranieri. Altre decine di migliaia sono rimaste ferite e più di 100 ostaggi israeliani rimangono a Gaza in condizioni terribili.

Hadi ha sottolineato l’impatto devastante delle operazioni delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nel nord di Gaza, che hanno portato a sfollamenti di massa e decine di vittime, tra cui donne e bambini. Anche l’assistenza umanitaria ai bisognosi è stata gravemente compromessa, con i convogli delle Nazioni Unite contenenti aiuti salvavita saccheggiati da gruppi armati palestinesi.

Un convoglio delle Nazioni Unite di 109 camion che trasportavano cibo è stato saccheggiato il 16 novembre, con la perdita di 97 camion. Giorni dopo, secondo quanto riferito, oltre 20 persone sarebbero state uccise durante le operazioni contro i saccheggiatori, guidate dalle autorità di Gaza. “Gli attacchi agli operatori umanitari e ai convogli umanitari devono cessare immediatamente. La legge e l’ordine devono essere ripristinati e la popolazione civile deve avere un accesso sicuro agli aiuti vitali”, ha affermato Hadi, che ha inoltre informato il Consiglio di Sicurezza della crescente violenza nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est.

Trentadue palestinesi sono stati uccisi durante le operazioni di sicurezza israeliane nelle ultime settimane e gli attacchi dei coloni israeliani contro le comunità palestinesi, in particolare durante la raccolta delle olive, sono aumentati. Hadi ha aggiunto che anche l’avanzamento degli insediamenti da parte di Israele e la demolizione delle strutture di proprietà palestinese sono continuati, con alcuni ministri che “ora chiedono apertamente” l’annessione della Cisgiordania occupata.

Hadi ha inoltre sottolineato l’impatto del conflitto in Israele, dove i civili continuano a subire attacchi sia da parte di Hamas che di Hezbollah. “Purtroppo la situazione resta grave in tutta la regione. Le operazioni militari israeliane sono continuate attraverso la Linea Blu con il Libano, così come il lancio di razzi da parte di Hezbollah verso Israele, incluso uno sbarramento questo fine settimana”. Hadi ha anche avvertito che gli sviluppi nei territori palestinesi occupati suggeriscono “un rischio imminente di perdere le strutture” in cui operiamo dal 1967 e 1973, quando il Consiglio di Sicurezza adottò le risoluzioni “mirate a gettare le basi per una pace giusta e duratura”. ”.

“Continuiamo a chiedere un cessate il fuoco immediato, il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi e l’allentamento delle tensioni nella regione”, ha aggiunto, facendo appello a strutture politiche e di sicurezza che aiutino a risolvere il conflitto israelo-palestinese, ponendo fine l’occupazione e il raggiungimento di una soluzione a due Stati. “Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco; dobbiamo liberare gli ostaggi; abbiamo bisogno che il supporto salvavita venga fornito in modo sicuro ora”, ha aggiunto Hadi.

Intanto, il Coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, ha parlato nella stessa riunione delle sfide che la regione deve affrontare e degli sforzi della comunità internazionale per affrontare la crisi in corso. “Abbiamo dimostrazioni sul campo e in seno al Consiglio di quanto sia difficile questa situazione in questo momento… Sono profondamente frustrato dalle mie visite a Gaza nel vedere che, nonostante tutti gli sforzi… non è stato possibile fornire aiuti e assistenza nella quantità necessaria per i civili che vivono a Gaza”.

Questa era la ultima apparizione ad una riunione formale del Consiglio di Sicurezza da parte di Wennesland prima di lasciare il suo incarico, e il diplomatico olandese ha ringraziato i 15 ambasciatori, il Segretariato delle Nazioni Unite e tutti i colleghi per la loro collaborazione e sostegno. In conclusione, ha sottolineato la necessità di un impegno internazionale sostenuto nella ricerca di una soluzione giusta e duratura alla crisi.

 

 

 

 

 

 

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