Fortissime critiche hanno accolto l’accordo trovato dopo giorno di trattative alla Cop29 di Baku, in Afghanistan. Aziende private e finanziatori internazionali, come la Banca Mondiale, si impegneranno a destinare 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035 ai Paesi in via di sviluppo per far fronte ai cambiamenti climatici e favorire la transizione a fonti di energia sostenibili. Per sapere di più sulla COP e come funziona, leggete qui.
Si stima che, in realtà, i Paesi in via di sviluppo avrebbero bisogno di circa 1.300 miliardi di dollari all’anno per tenere fede agli impegni presi sulla transizione energetica, entro il limite di temperature terrestri superiore di 1,5 gradi ai livelli dell’era pre-industriale – definito dagli accordi di Parigi del 2015.
L’accordo comunque rappresenta il triplo dei finanziamenti decisi dall’ultimo vertice (peraltro non versati per intero.
Un recente rapporto Onu afferma che seguendo le strategie attuali, il riscaldamento salirà invece a + 3 gradi centigradi entro la fine del secolo. Secondo l’Onu l’obbiettivo di 1,5 gradi è ancora raggiungibile “tecnicamente” ma richiederebbe tagli significativi alle emissioni nocive nei prossimi dieci anni.
La cifra di 300 miliardi l’anno entro il 2035 è stata stigmatizzata come “ridicola” e “una via di fuga” per i Paesi più ricchi, che già non avevano rispettato l’accordo precedente di stanziare 100 miliardi di dollari. La rappresentante Onu dell’India ha decretato: “È una somma misera che non possiamo accettare. Chiediamo un obiettivo più alto”. Della stessa idea anche gli ambasciatori di Bolivia, Nigeria, Fiji e di altre nazioni in via di sviluppo.
I negoziati si sono svolti ben oltre la data di chiusura prevista perché la bozza prevedeva “solo” 250 miliardi di dollari e tralasciava dettagli, quali sovvenzioni e prestiti.
Qualsiasi accorso raggiunto alla Cop29 deve essere adottato con il consenso di tutti i Paesi. Il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres aveva spinto sul dialogo e sull’urgenza di adottare subito “un ambizioso obiettivo di finanza climatica”.
L’ombra dell’elezione di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti è stata il convitato di pietra della COP29. Lo scetticismo del presidente eletto nei riguardi del cambiamento climatico lo ha già portato a dire che alla Casa Bianca farà uscire gli Usa dall’accordo di Parigi del 2015. “Le altre nazioni sviluppate sanno benissimo che Washington non tirerà più fuori un centesimo e sanno che dovranno colmare la differenza” dice alla BBCJoanna Depledge, esperta di negoziati sul clima della Cambridge University.
I paesi del sud del mondo sono attualmente quelli più indietro nell’adozione di politiche per l’energia pulita e il loro sviluppo non può prescindere dall’uso di combustibile fossile, a meno di aiuti finanziari dal nord del mondo. La promessa di maggiori finanziamenti è un riconoscimento doppio: da un lato si ammette che sono proprio i paesi del sud del mondo a patire di più il cambiamento climatico, dall’altro, che storicamente sono quelli che hanno meno contribuito alla crisi e all’inquinamento.