Il contesto in cui la COP29 avrà inizio a Baku, in Azerbaigian, l’11 novembre è più critico che mai mentre appaiono sempre più scarse le probabilità di poter invertire la rotta che sta portando il nostro pianeta alla catastrofe. Un rapporto sul clima delle Nazioni Unite pubblicato pochi giorni prima della conferenza ha confermato che l’aumento della temperatura media globale si sta avvicinando a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, il che metterebbe il mondo verso un aumento catastrofico di 2,6-3,1°C in questo secolo, a meno che non vi siano tagli immediati e consistenti alle emissioni di gas serra.
La mancata azione porterà a eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e pericolosi, come abbiamo appena visto con le inondazioni da record in Spagna, le tempeste distruttive in Florida e gli incendi in Sud America, tutti eventi meteorologici estremi che accelerano e si intensificano in tutto il mondo.
La crisi climatica trascende i confini e risolverla richiede una cooperazione internazionale senza precedenti, uno accordo multilaterale spinto dall’ONU e dal suo Segretario Generale Antonio Guterres. Le Conferenze annuali delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (altrimenti note, nel gergo Onu come COP, o Conferenze delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), sono il principale forum decisionale multilaterale mondiale sui cambiamenti climatici, che riunisce quasi tutti i paesi sulla Terra.
Questi vertici offrono l’opportunità unica per il mondo di riunirsi per concordare come affrontare la crisi climatica, limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, aiutare le comunità vulnerabili ad adattarsi ai cambiamenti climatici e raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050. Le COP sono pensate per essere questioni inclusive e, oltre ai leader mondiali e ai rappresentanti dei governi, sono coinvolte una vasta gamma di persone provenienti da tutti gli aspetti della società, dai leader aziendali e scienziati del clima alle popolazioni indigene e ai giovani, che prendono parte per condividere approfondimenti e migliori pratiche per rafforzare l’azione per il clima a vantaggio di tutti.
A pochi giorni dal vertice di Baku, è stato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres a lanciare un ennesimo appello ad agire subito, prima che si raggiunga il punto irreversibile di non ritorno. L’aumento della temperatura rispetto ai livelli pre-industriali si sta rapidamente avviando a superare 1,5 gradi, che era stato fissato come obiettivo da non superare in occasione dell’accordo di Parigi nel 2015, proprio per evitarne le conseguenze catastrofiche. Guterres ha ricordato in un’intervista al Guardian che l’umanità si sta avvicinando a punti di non ritorno irreversibili come il collasso della foresta pluviale amazzonica e della calotta glaciale della Groenlandia e ha evidenziato che i governi non stanno facendo i tagli profondi alle emissioni di gas serra necessari.
Con l’imminente ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, dello stesso presidente cioè che aveva svincolato gli Stati Uniti dagli impegni dell’accordo di Parigi (poi riaffermati dall’amministrazione Biden), si teme la paralisi dell’intero processo, e il Segretario Generale dell’ONU sollecita un maggiore coordinamento sulle crisi ambientali interconnesse del 21 secolo. E’ impossibile, ha detto Guterres, agire sul riscaldamento globale senza preservare la biodiversità per proteggere le foreste e gli altri “magazzini” naturali di carbonio. “Il mondo sta ancora sottovalutando i rischi climatici – ha detto Guterres – Stiamo per giungere a una serie di punti di non ritorno che accelereranno drasticamente gli impatti del cambiamento climatico. E’ assolutamente essenziale agire ora e ridurre drasticamente le emissioni”.
Il ritorno di Donald Trump alla presidenza Usa complica la situazione rendendo tutto più incerto: “Gli Stati Uniti sono tra i primi esportatori di petrolio e gas, sono impegnati nella diplomazia climatica ma non stanno facendo abbastanza nella finanza climatica, quindi la risposta ha più sfumature” dicono fonti diplomatiche europee, riportate dalle agenzie di stampa alla vigilia del vertice.
A quanto trapela la situazione sarebbe diversa da quella della Cop22 di Marrakech del 2016, la prima dopo l’elezione di Trump e anche la prima dopo la firma degli accordi di Parigi di 2015. Potrebbe arrivare quindi una dichiarazione come fu quella di Marrakech, in cui si affermava che i Paesi sarebbero rimasti uniti nell’impegno per il clima una risposta indiretta all’elezione di Trump. Allo stesso tempo qualcuno spinge per non far nulla che possa prevenire decisioni diverse dalla futura amministrazione Trump e un suo possibile impegno positivo.
A Baku, i negoziatori dovranno fra l’altro fissare un nuovo obiettivo finanziario per sostituire l’impegno di 100 miliardi di dollari in scadenza il prossimo anno, stabilendo quali paesi contribuiranno a fornire il denaro necessario per decarbonizzare l’economia mondiale. Le pressioni saranno soprattutto sugli Emirati Arabi Uniti (EAU) e Arabia Saudita, le cui economie sono però basate proprio sullo sfruttamento dei combustibili fossili.
Intanto molti Stati ritengono che la Cina non debba più essere classificata come paese in via di sviluppo nel processo climatico delle Nazioni Unite a causa del suo potere economico e che si debba quindi pretendere che contribuisca ai finanziamenti. Secondo un sondaggio del Guardian fra centinaia di scienziati del clima, la maggior parte si aspetta che il riscaldamento globale superi 1,5 gradi, raggiungendo almeno 2,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali di questo secolo e suscitando avvertimenti di distruzione sociale su larga scala. Le organizzazioni ambientaliste rappresentate a Baku sottolineano che “l’urgenza di affrontare la crisi climatica è più pressante che mai”.
“Nonostante i risultati delle elezioni statunitensi – hanno spiegato in un briefing pre-Cop29 le associazioni riunite nel Climatenetwork – l’imperativo scientifico e morale di affrontare le emissioni globali e costruire la resilienza climatica rimane”. In particolare, la rete delle Ong ambientaliste si aspetta che “l’Unione Europea svolga un ruolo attivo per contribuire a raggiungere un accordo per un nuovo obiettivo finanziario che sposti realmente le risorse dai paesi ricchi ai paesi più vulnerabili al clima, in particolare nel sud del mondo”. Però intanto si nota l’assenza di Ursula Von der Leyen alla Cop29, non un bel segnale da parte dell’Europa. Ha cancellato la sua venuta a Baku anche il leader tedesco Olaf Scholz impegnato nella crisi profonda in cui è precipitato il suo governo, mentre ci sarà la premier italiana Giorgia Meloni.
Fra gli ambientalisti è evidente il malcontento anche per la scelta di Baku per la Cop29, cioè della capitale di uno Stato non democratico e la cui economia è basata sullo sfruttamento delle risorse di combustibili fossili, per guidare negoziati che difficilmente porteranno a decisioni nocive per i suoi interessi.
Con il costo dell’inazione più chiaro che mai, il finanziamento di alternative pulite ai combustibili fossili che stanno guidando il cambiamento climatico sarà in cima all’agenda della COP29. Le Nazioni Unite chiedono un’azione collettiva urgente, guidata dal gruppo G20 delle economie sviluppate e dei maggiori inquinatori, per realizzare i tagli alle emissioni di gas serra necessari per limitare il riscaldamento globale.
Una delle massime priorità per i negoziatori di Baku sarà quella di concordare un nuovo obiettivo di finanza climatica, che garantisca a ogni Paese i mezzi per intraprendere un’azione climatica molto più forte, ridurre le emissioni di gas serra e costruire comunità resilienti.
L’obiettivo è che la conferenza aiuti a sbloccare i trilioni di dollari di cui i paesi in via di sviluppo hanno bisogno per mitigare le emissioni nocive di carbonio, adattarsi ai cambiamenti climatici e far fronte alle perdite e ai danni che hanno causato. Guterres ha descritto l’attuale sistema come “del tutto inadatto allo scopo” e impreparato per affrontare le sfide odierne: molti paesi poveri si trovano ad affrontare livelli di debito insostenibili che li rendono incapaci di investire nella protezione sociale e nella sanità. Per non parlare delle misure che porterebbero alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Come sempre, a Baku ci sarà un fitto programma di trattative, discorsi, conferenze stampa, eventi e tavole rotonde presso la sede della conferenza, divisa in una Zona Verde – supervisionata dalla Presidenza della COP29 e aperta al grande pubblico – e una Zona Blu, gestita dall’ONU. È qui che si svolgerà il nocciolo dei negoziati, poiché i rappresentanti delle nazioni del mondo cercheranno di raggiungere un accordo entro la fine dell’evento. Di solito si raggiunge un accordo, ma non senza drammi, con disaccordi dell’ultimo minuto che spingono i colloqui oltre la scadenza ufficiale.
L’importanza delle COP risiede nel loro potere di convocazione: le decisioni prese in ciascuna di esse potrebbero non andare così lontano come alcuni potrebbero sperare, in termini di affrontare la crisi climatica, ma sono prese per consenso, unendo i paesi del mondo in accordi internazionali, accordi che stabiliscono standard e promuovono l’azione in aree critiche.
Nel 2015, alla COP21 di Parigi, è stato raggiunto un accordo storico sul clima in cui i paesi hanno deciso di ridurre il riscaldamento globale ben al di sotto di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 gradi. L’accordo di Parigi si basa su un ciclo quinquennale di azioni climatiche sempre più ambiziose da parte dei paesi. I prossimi piani d’azione nazionali aggiornati per il clima, noti come contributi determinati a livello nazionale o NDC, sono previsti per il 2025. Questo processo ha portato a miglioramenti incrementali ma importanti, in termini di riduzione delle emissioni e misure per promuovere l’adozione di fonti energetiche rinnovabili. Ogni anno, i negoziatori si basano sui progressi compiuti alla COP dell’anno precedente, rafforzando le aspirazioni e gli impegni e spingendo per nuovi accordi, basati sulle più recenti scoperte scientifiche sul clima e sul ruolo delle attività umane nella crisi.
Non mancano i segnali positivi che dimostrano che la transizione verso l’energia pulita sta accelerando e sta già pagando enormi dividendi, in termini di creazione di posti di lavoro e di rilancio delle economie che la stanno abbracciando. Le energie rinnovabili stanno entrando nel sistema energetico a un ritmo senza precedenti, e l’elettricità proveniente dalla nuova energia eolica e solare è ora più economica nella maggior parte dei luoghi rispetto all’elettricità proveniente dai combustibili fossili. Un futuro alimentato dalle energie rinnovabili è ormai inevitabile. Si prevede che coloro che intraprendono azioni decisive e investono in tecnologie pulite oggi raccoglieranno i maggiori frutti negli anni a venire.
Anche prima della fine della COP29, i delegati definiranno i dettagli dei loro piani nazionali migliorati sul clima, che tra gli altri obiettivi si concentreranno sulla transizione dai combustibili fossili e sul mantenimento del mondo sulla buona strada verso un aumento della temperatura globale non superiore a 1,5 gradi. temperature.