Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiamato a raccolta i giornalisti corrispondenti dal Palazzo di Vetro per rivelare di aver scritto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, esprimendo “profonda preoccupazione” per la proposta di legge che potrebbe impedire all’UNRWA, l’agenzia dell’Onu che assiste i rifugiati palestinesi dal 1948, di continuare il suo lavoro essenziale nei Territori occupati. “Una tale misura soffocherebbe gli sforzi per alleviare la sofferenza umana e le tensioni a Gaza, e, in effetti, in tutto il Territorio Palestinese Occupato. Sarebbe una catastrofe in quello che è già un disastro senza precedenti”, ha detto il capo dell’Onu parlando allo stake-out fuori dal Consiglio di Sicurezza.
“Sarebbe una catastrofe in quello che è già un disastro assoluto” ha insistito Guterres, spiegando: “Chiariamo in termini pratici cosa significherebbe una misura del genere. Sul piano operativo, la legislazione assesterebbe probabilmente un colpo terribile alla risposta umanitaria internazionale a Gaza. Le attività dell’UNRWA sono parte integrante di tale risposta. Non è possibile isolare un’agenzia delle Nazioni Unite dalle altre. Porrebbe effettivamente fine al coordinamento per proteggere i convogli, gli uffici e i rifugi delle Nazioni Unite che servono centinaia di migliaia di persone. Senza l’UNRWA, la fornitura di cibo, alloggio e assistenza sanitaria alla maggior parte della popolazione di Gaza si fermerebbe”.
Quindi Guterres ha avvertito: “Senza l’UNRWA, i 660.000 bambini di Gaza perderebbero l’unica entità in grado di riavviare l’istruzione, mettendo a rischio il destino di un’intera generazione. E senza l’UNRWA, molti servizi sanitari, educativi e sociali finirebbero anche nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est”.
Guterres ha messo in guardia il governo israeliano, perché “se approvata, tale legislazione sarebbe diametralmente opposta alla Carta delle Nazioni Unite e violerebbe gli obblighi di Israele ai sensi del diritto internazionale. La legislazione nazionale non può modificare tali obblighi. E politicamente, tale legislazione rappresenterebbe un enorme ostacolo agli sforzi di pace sostenibili e alla soluzione dei due Stati, alimentando ancora più instabilità e insicurezza”.
Nella sua dichiarazione il Segretario Generale dell’Onu ha anche rinnovato l’appello per la sicurezza dei caschi blu della missione di pace UNIFIL in Libano: “Tutti gli attori devono assicurare la loro incolumità”, ha detto ringraziando i caschi blu per il lavoro che stanno facendo in una situazione difficilissima. La forza di pace ONU è composta da più di diecimila soldati tra i quale oltre un migliaio di militari italiani, tutti schierati a Sud del Libano.
Ad un certo punto una giornalista irlandese ha chiesto a Guterres quanto fosse preoccupato del fatto che l’esercito israeliano ha allestito una posizione di fuoco proprio adiacente all’avamposto 652 dove sono attualmente di stanza i caschi blu irlandesi. I combattimenti ormai si spostano verso nord verso i campi UNIFIL più grandi…
“Naturalmente siamo molto preoccupati” ha risposto Guterres. “Ieri ho avuto la possibilità di parlare con il vostro primo ministro e successivamente ho intrapreso una serie di iniziative con diverse entità. E ora posso dirvi che i carri armati israeliani e gli altri elementi armati che si trovavano intorno alla posizione 652 se ne sono andati”.
Intervenendo al Consiglio di Sicurezza la scorsa settimana, Guterres aveva sottolineato che “le forze di pace dell’UNIFIL rimangono in posizione, e la bandiera delle Nazioni Unite continua a sventolare nonostante la richiesta di Israele di trasferirsi”. A questo punto andrebbe anche chiesto al Segretario Generale dell’ONU – ma dopo due domande il suo portavoce ha tagliato ogni possibilità – se i caschi blu dell’UNIFIL schierati in Libano possano ancora essere chiamati “peace-keepers” (mantenitori della pace). Forse sarebbe meglio chiamarli “testimoni di guerra”? O, magari, ultima speranza di protezione e salvezza per i civili.