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Guterres a Tonga lancia “S.O.S.” ai leader per oceani : ma chi ascolta in USA?

Intanto Donald Trump urla "drill baby drill" e Kamala Harris per ora tace

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Guterres a Tonga lancia “S.O.S.” ai leader per oceani : ma chi ascolta in USA?

UN Secretary-General António Guterres (left) meets with Peter Thomson, UN Special Envoy for the Ocean, at the event entitled Dialogue with Pacific Island Forum Leaders. (UN Photo/Kiara Worth)

Time: 6 mins read

Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha lanciato martedì, dall’isola di Tonga nel Pacifico, un “SOS globale” ai governi per intensificare l’azione sul clima e “Salvare i nostri mari”. Altri due nuovi rapporti hanno infatti rivelato come l’innalzamento dei livelli del mare stia minacciando non solo quella regione vulnerabile ma anche il resto della terra.

Parlando durante una conferenza stampa nella capitale dell’arcipelago di Tonga, Nuku’alofa, Guterres ha chiesto ai leader mondiali di ridurre drasticamente le emissioni globali, eliminare rapidamente i combustibili fossili e aumentare massicciamente gli investimenti per l’adattamento climatico per proteggere le persone dai rischi attuali e futuri.

“Questa è una situazione folle: l’innalzamento dei mari è una crisi creata interamente dall’umanità. Una crisi che presto raggiungerà una scala quasi inimmaginabile, senza una scialuppa di salvataggio che ci riporti in salvo”, ha avvertito. “Ma se salviamo il Pacifico, salviamo anche noi stessi. Il mondo deve agire e rispondere all’SOS prima che sia troppo tardi”.

Ma non sembra che i leader mondiali fremino dall’ansia di raccogliere il suo appello, almeno quelli visti nella sfida per occupare la “stanza dei bottoni” della nazione più potente ed essenziale nella corsa contro il tempo per salvare il pianeta.

Alle recenti convention repubblicana e democratica, il tema ambientalista del “Climate Change” non è risultato in cima al dibattito tra i candidati. Addirittura per Trump e i suoi sostenitori, uno degli slogan più urlato a Milwaukee dai delegati del GOP è stato “Drill, Baby, Drill” (trivella, baby, trivella), a indicare lo scetticismo di Trump nei confronti del problema e che al contrario incita gli USA a continuare a estrarre petrolio e carbone, nonostante gli avvertimenti degli scienziati e dell’ONU sulle conseguenze che le fonti d’energia fossili hanno sul cambiamento climatico.

Ma anche il ticket Harris-Walz non è sembrato alla convention di Chicago spellarsi le mani per la questione ambientale. Per carità, ogni tanto in qualche discorso, compreso quello finale di Kamala, si è accennato ai pericoli del cambiamento climatico, ma l’attuale vicepresidente di Joe Biden e i delegati che ora la sostengono non hanno coniato alcun “slogan” che potesse controbilanciare quello trumpiano di scatenare le trivella. Quindi si aspettava Guterres che la delicata questione con cui la dirigenza dell’ONU cerca di scuotere il mondo, non ricevesse la dovuta attenzione anche tra i Dem?

Guterres a Tonga ha affermato che i livelli medi globali del mare stanno aumentando a tassi senza precedenti negli ultimi 3.000 anni. “Il motivo è chiaro: i gas serra, generati in modo schiacciante dalla combustione di combustibili fossili, stanno cuocendo il nostro pianeta. E il mare sta prendendo il calore, letteralmente”, ha continuato.

I mari hanno assorbito oltre il 90 percento del riscaldamento globale negli ultimi cinque decenni. L’acqua si espande quando diventa più calda e lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali ha aumentato il volume del mare, causando così l’esondazione dell’oceano.

A few days in Tonga offered me a front row seat to how people here have to endure the impacts of the climate crisis on a regular basis:

From torrential rains & flash floods to rising sea levels forcing families to relocate.

The world must take urgent #ClimateAction now. pic.twitter.com/tNdmJP35WW

— António Guterres (@antonioguterres) August 27, 2024

Nel frattempo, due documenti delle Nazioni Unite pubblicati quel giorno “mettono in risalto la situazione”, ha affermato.  Lo studio dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) sullo stato del clima nel Pacifico sud-occidentale, insieme a un rapporto dell’UN Climate Action Team sui mari in aumento in un mondo che si riscalda, “mostrano che i cambiamenti nell’oceano stanno accelerando, con impatti devastanti”.

Insieme, delineano come le temperature mensili del mare continuino a infrangere i record. Allo stesso tempo, le ondate di calore marine sono diventate più intense e durature, raddoppiando la frequenza dal 1980, mentre l’innalzamento dei mari sta amplificando la frequenza e la gravità delle mareggiate e delle inondazioni costiere. “I rapporti odierni confermano che i livelli relativi del mare nel Pacifico sud-occidentale sono aumentati persino più della media globale, in alcune località, di oltre il doppio dell’aumento globale degli ultimi 30 anni”, ha affermato il Segretario generale dell’ONU. Poi ha spiegato che “le isole del Pacifico sono esposte in modo unico” poiché l’altitudine media è di soli uno o due metri sopra il livello del mare, circa il 90 percento delle persone vive entro cinque chilometri dalla costa e metà di tutte le infrastrutture si trova entro 500 metri dalla costa.

“Senza drastici tagli alle emissioni, le isole del Pacifico possono aspettarsi almeno 15 centimetri di ulteriore innalzamento del livello del mare entro la metà del secolo e più di 30 giorni all’anno di inondazioni costiere in alcuni luoghi”, ha affermato.

Guterres ha ricordato come il mondo è attualmente sulla traiettoria verso un aumento della temperatura di tre gradi rispetto ai livelli preindustriali, il che significa che l’innalzamento del livello del mare avverrebbe molto più rapidamente, decretando un disastro per Tonga e ben oltre.

UN Secretary-General António Guterres (center) joins other participants at the opening ceremony of the 53rd Pacific Islands Forum in Tonga. (UN Photo/Kiara Worth )

“I mari in piena stanno arrivando per tutti noi, insieme alla devastazione della pesca, del turismo e dell’economia blu”, ha detto Guterres, ricordando che circa un miliardo di persone in tutto il mondo vive in aree costiere, che includono “megalopoli” come la capitale del Bangladesh, Dhaka; Los Angeles negli Stati Uniti; Mumbai, India; Lagos, Nigeria e Shanghai, Cina.

Senza nuove misure di adattamento e protezione, il danno economico potrebbe ammontare a trilioni di dollari, ha aggiunto, esortando i leader mondiali a farsi avanti ora.

Guterres ha sottolineato la necessità di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C, il che significa “tagliare le emissioni globali del 43 percento rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030 e del 60 percento entro il 2035”. Guterres ha chiesto ai governi di presentare nuovi piani nazionali di azione per il clima, noti come Contributi determinati a livello nazionale (NDC), entro il 2025, come promesso alla conferenza sul clima COP28 delle Nazioni Unite tenutasi a Dubai lo scorso anno.

Il Segretario generale  dell’ONU ha nuovamente ribadito il suo appello di lunga data alle nazioni del G20, “i maggiori emettitori”, affinché assumano un ruolo guida in questi sforzi. Guardando alla conferenza ONU sul clima di quest’anno, Guterres ha esortato i paesi a “promuovere finanziamenti innovativi”.

Affrontando la giustizia climatica, il Segretario dell’ONU ha anche sottolineato la necessità di “contributi significativi” da apportare al nuovo “Loss and Damage Fund” per supportare le isole del Pacifico e altri paesi vulnerabili. Lo stesso vale anche per le iniziative annunciate durante l’ultimo Pacific Islands Forum, che si è aperto a Tonga lunedì. “Infine, dobbiamo proteggere ogni persona sulla Terra con un sistema di allerta precoce entro il 2027”, ha affermato Guterres. “Ciò significa rafforzare le capacità di elaborazione dei dati dei paesi per migliorare il processo decisionale sull’adattamento e la pianificazione costiera”.

Poche ore dopo l’ennesimo appello di Guterres, questa volta lanciato dall’Oceano Pacifico, per evitare la “catastrofe”, al briefing giornaliero al Palazzo di Vetro di New York abbiamo chiesto al suo portavoce se il suo boss ritenesse che in queste importanti elezioni USA la questione “cambiamento climatico” riceva abbastanza attenzione e a proposito, come giudicasse sulla questione le due convention che hanno ufficializzato le candidature di Donald Trump e Kamala Harris. Prima che potessimo finire la domanda, Stephane Dujarric ha risposto con un secco: “Non comment sulle elezioni USA”. Quando ho cercato di replicare che la domanda per conoscere l’opinione del Segretario Generale riguardava come la questione climatica… la risposta è rimasta tale: “Ho già risposto”.

Quando ci ha riprovato con un “follow up” un collega dell’agenzia tedesca questa volta il portavoce ha aggiunto qualche parola in più. La domanda di Benno Schwinghamme è stata formulata così: “Non voglio che tu ti occupi della politica statunitense, ma è abbastanza ovvio, credo, che in America e anche in Europa, le campagne che cercano di farsi eleggere non stanno mettendo il cambiamento climatico al centro dell’attenzione. Il SG pensa che l’argomento sia in secondo piano per i politici di tutto il mondo perché non è abbastanza attraente per essere eletti?”

La risposta del portavoce Dujarric è stata: “Penso che il messaggio del Segretario generale sul cambiamento climatico, non potrebbe essere più chiaro e diretto, se si guarda a ciò che ha detto ieri. Penso che per noi, ci stiamo concentrando su ciò che i leader fanno o non fanno una volta che sono al potere, in contrapposizione a ciò che dicono o non dicono mentre sono in campagna elettorale per arrivare al potere”. 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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