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L’endorsement di Mosca a J.D. Vance: “In Ucraina cerca la pace, come noi”

Le affinità tra l'America First del vice-Trump e la politica estera del Cremlino

Gennaro MansibyGennaro Mansi
L’endorsement di Mosca a J.D. Vance: “In Ucraina cerca la pace, come noi”

Russian Foreign Minister Sergei Lavrov attends a press conference after a meeting of the United Nations Security Council at the United Nations Headquarters in New York City, U.S., July 17, 2024. REUTERS/Eduardo Munoz

Time: 4 mins read

Sono oltre 8.000 i chilometri che separano Middletown, nel sud-ovest dell’Ohio, da Mosca, in Russia. Ma le distanze si riducono significativamente se, dalla geografia, si passa alla politica estera. E se si confrontano le posizioni di J.D. Vance – 39enne nativo di Middletown, recentemente incoronato vicepresidente di Donald Trump nel ticket repubblicano per le elezioni di novembre – e quelle del leader russo Vladimir Putin sul destino dell’Ucraina.

Il senatore dell’Ohio, esponente dell’ala isolazionista del GOP, chiede da tempo l’interruzione degli aiuti militari a Kyiv. Secondo Vance, il Paese aggredito non è nelle condizioni di riconquistare i territori che la Russia ha occupato dall’inizio del conflitto il 24 febbraio 2022, così come della Crimea annessa da Mosca nel 2014. Washington dovrebbe perciò fare i conti con la realtà spingendo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a fare concessioni a Mosca per mettere fine a un conflitto divenuto insostenibile per tutti.

Una posizione che ha più di un’assonanza con quella di Putin, il cui piano di pace prevede il ritiro delle truppe ucraine dalle regioni orientali di Donetsk, Luhansk, Cherson e Zaporizhzhia, in aggiunta all’impegno a impedire l’adesione di Kyiv nella NATO.

In quale misura le idee di Putin e Vance siano affini è stato possibile misurare mercoledì con l’endorsement ufficioso arrivato dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.

“(Vance) è a favore della pace e della fine degli aiuti, e noi non possiamo che accogliere la cosa con favore perché è ciò di cui abbiamo bisogno: smettere di dare armi all’Ucraina, solo allora la guerra finirà”, ha detto Lavrov ai giornalisti a margine di una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a New York.

Come da protocollo, Lavrov ha chiarito che Mosca lavorerà con qualsiasi inquilino della Casa Bianca che si impegni a instaurare con il Cremlino un “dialogo equo e reciprocamente rispettoso”, specificando che i contatti ad alto livello tra i due Paesi si sono di fatti azzerati dallo scoppio della guerra. Sotto questo aspetto, pur non puntando direttamente il dito contro l’attuale amministrazione Biden, il capo-diplomatico russo ha elogiato la capacità di Trump di “mantenere un dialogo bilaterale ai più alti livelli“, malgrado anche il magnate newyorkese avesse a suo tempo bersagliato Mosca con sanzioni economiche e diplomatiche.

Non è la prima volta che le strade di Vance e del Cremlino si incrociano. Nel 2021 l’autore del bestseller Elegia americana (racconto dell’America profonda che ha ispirato l’omonimo film del 2020 diretto da Ron Howard) ha investito 300.000 dollari nella piattaforma di condivisione video Rumble. Con l’ascesa di Trump il sito, fondato nel 2013 come alternativa indipendente a YouTube, si è rapidamente avvicinato alla galassia MAGA ed è tutt’ora uno dei rari spazi online che continuano ad ospitare i contenuti di RT, network finanziato dal Governo russo e oscurato da Facebook, Instagram, YouTube e X per la diffusione di materiale filo-russo.

Senator from Ohio JD Vance (C) is introduced as Vice Presidential nominee in Milwaukee, Wisconsin, USA, 15 July 2024. ANSA/EPA/SHAWN THEW

Se le idee di politica estera di Vance sembrano piuttosto chiare, quelle di Trump rimangono in parte nebulose. Non è un mistero che il 78enne repubblicano sia contrario alla politica degli aiuti a pioggia verso Kyiv: su indicazione del tycoon, i deputati MAGA hanno rimandato per tre mesi l’approvazione dell’ultima tranche da 61 miliardi di dollari, prima del definitivo via libera della Camera ad aprile. Ma dallo staff dell’ex presidente non è finora uscito un indirizzo politico chiaro, a parte una generica convinzione di poter riuscire a risolvere il conflitto ucraino “in appena 24 ore”.

Nel primo dibattito presidenziale trasmesso dalla CNN, dopotutto, Trump ha giudicato “inaccettabili” le condizioni di Putin per una tregua – ossia la cessione da parte dell’Ucraina di quattro regioni attualmente occupate dalla Russia. Il nodo gordiano riguarda però fino a che punto Trump sia disposto ad abbandonare l’Ucraina al suo destino. La maggioranza dei suoi consiglieri è convinta che si tratti di un passo necessario. Alcune indicazioni potrebbero provenire dal piano messo a punto da due consiglieri senior dell’ex presidente – il generale in pensione Keith Kellogg e l’ex analista della CIA Fred Fleitz, entrambi membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale durante l’amministrazione Trump (2017-2021).

Dalla strategia emerge la volontà di spingere Kyiv e Mosca a sedersi al tavolo negoziale attraverso una doppia minaccia speculare: per Kyiv, quella di interrompere il flusso di aiuti; per Mosca, quella di aumentarlo. Kellogg e Fleitz sostengono che la Russia vada persuasa a negoziare con la promessa di rinviare sine die l’adesione dell’Ucraina alla NATO (contraddicendo le promesse fattele al vertice dell’Alleanza la scorsa settimana), mentre Kyiv potrebbe dover rassegnarsi all’irreversibilità di fatto delle conquiste russe.

Intorno al candidato repubblicano è insomma sempre più folta la presenza di chi concepisce la dottrina dell’America First come abbandono del protagonismo statunitense nel mondo per concentrare attenzione e risorse sui problemi della classe operaia (soprattutto bianca). Passare dall’idealismo di Biden a una politica estera realista – ad eccezione di casi particolari, come il fermo supporto a Israele e il contrasto alle politiche commerciali della Cina.

Per Mosca, da tempo promotrice di un ordine globale multilateralista che vanifichi l’egemonia USA, si tratterebbe di un’evoluzione assai gradita. E sono perciò molti a credere che il Cremlino faccia il tifo per Trump, nonostante l’imparzialità ufficiale. Una tesi confermata in forma anonima da diversi funzionari e imprenditori russi al Moscow Times ma anche dalla comunità di intelligence USA, che pur non nominando espressamente Trump ritiene che Mosca avrebbe già iniziato a “promuovere narrazioni divisive e denigrando politici specifici” per influenzare gruppi specifici di elettori negli Stati in bilico (dove già ora il GOP è avanti). Quelli che a novembre potrebbero sgombrare la strada che separa Trump e Vance dalla Casa Bianca.

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Gennaro Mansi

Gennaro Mansi

Giornalista, si occupa principalmente di affari internazionali e di rapporti tra Occidente e Oriente A journalist with a background in comparative law, Gennaro mainly covers world affairs and West-East relations

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