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Tajani: Italia ha chiesto “garanzie” all’ONU sui caschi blu italiani in Libano

Il ministro degli Esteri in audizione alle commissioni del Parlamento ammette "preoccupazione" per situazione UNIFIL; per l'ONU c'è "regolare dialogo"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Tajani: Italia disponibile a missione di pace Onu con suoi caschi blu a Gaza

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani tra i soldati italiani dell'UNIFIL nel dicembre del 2022 (Photo Unifil)

Time: 4 mins read

Che la situazione in Libano per gli attacchi tra Israele e Hezbollah stesse preoccupando molto l’Italia che ha oltre mille caschi blu italiani nella missione UNIFIL al confine tra i due paesi, si sapeva. Meno si sapeva che Roma, anche recentemente, avesse interpellato l’ONU (Il Segretario Generale Antonio Guterres? Il capo delle missioni di pace Jean-Pierre Lacroix?) per avere “garanzie”. Garanzie? Cosa esattamente intendeva dire oggi il Ministro degli Esteri e vice premier Antonio Tajani  quando ha parlato di “garanzie Onu” in audizione alle commissioni Esteri congiunte di Camera e Senato? Seguiamo la risposta di Tajani ad una domanda secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa: “Ovvio che siamo preoccupati. Durante la mia missione in Israele e Libano insistetti molto per creare una frontiera con una zona blu, individuata per la parte marittima ma non terrestre. La situazione non sta migliorando affatto, siamo preoccupati anche per i nostri militari Unifil e (il ministro della Difesa) Crosetto ha recentemente sollecitato l’Onu per avere garanzie per i nostri militari. Seguiamo con preoccupazione”. Poi Tajani ha aggiunto: “Stiamo sostenendo l’iniziativa americana ma non è facile perché la situazione è di grande tensione. Noi abbiamo cercato anche nel sostenere l’esercito regolare libanese di far sì che ci sia presenza sempre più statuale e meno militare di Hezbollah”.

Quando oggi al Palazzo di Vetro dell’ONU, durante il briefing giornaliero, abbiamo chiesto al vice portavoce di Guterres, che “garanzie” avesse chiesto l’Italia recentemente all’ONU sullo stato della missione UNIFIL che ha in forze i soldati italiani, il portavoce Farhan Haq, ha risposto: “No, tutto quello che posso confermare è che manteniamo un dialogo regolare con tutti i paesi che apportano truppe, compresa l’Italia, per rassicurarli sulle condizioni di base sul terreno. E questo fa parte di un dialogo regolare che è parte integrante del processo con cui interagiamo con tutti gli Stati membri”. (vedi video sopra dal min 25:02).

Quando poi alla fine del briefing lo abbiamo riavvicinato per chiedergli cosa sarebbero le “garanzie” chieste dal governo italiano per i caschi blu italiani, Farhan ha replicato: “Non mi soffermerei sul significato di questo aspetto, ripeto l’ONU mantiene continuamente un dialogo con tutti i paesi che contribuiscono con truppe per le sue missioni di pace”.

Intanto, durante la sua audizione alle commissioni congiunte di Senato e Camera, il ministro Tajani ha dovuto rispondere a molte domande sul ruolo dell’Italia in questo momento nell’infuocato conflitto israelo-palestinese. Così a chi accusava l’Italia di non aver “evitato” il peggioramento del conflitto, Tajani ha replicato: “Abbiamo sempre detto che eravamo contrari all’attacco a Rafah e abbiamo invitato il governo israeliano a non attaccare la città. Non si può accusare il governo italiano di non essere stato determinante, perché non ci è riuscito nessuno a fermare l’attacco a Rafah. Quindi non è colpa dell’Italia se l’attacco c’è stato. Perché, se non sono ci sono riusciti gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, le Nazioni Unite, il Vaticano e il mondo intero, non si può pretendere che l’Italia sia il dominus che risolve i problemi del mondo”. “Noi siamo parte dell’Occidente – ha aggiunto Tajani – siamo parte dell’Unione Europea e siamo parte del G7, abbiamo fatto la nostra parte, ma non siamo in grado di risolvere i problemi del mondo se non ci riescono le prime potenze mondiali. Quindi, per carità, io comprendo le critiche, ma non è che si può pensare che l’Italia risolva tutti i problemi che esistono nel mondo. Ma possiamo lavorare sempre per la de-escalation”.

Tajani ha dovuto anche difendere lo status delle relazioni tra ltalia e Israele, che “con tutti i difetti che può avere, è una democrazia. Ci sono manifestazioni contro il governo e a favore, ma non è l’Italia che può dire a un governo straniero ‘dimettiti’, dobbiamo rispettarlo, non è una dittatura”. Poi Tajani ha aggiunto: ”Si può essere in disaccordo con il capo del governo – ha spiegato Tajani – ma è un governo eletto dal popolo di Israele. E questo è il tema, cioè è una democrazia, l’unica in quell’area e dobbiamo rispettarla. Poi, uno può condannare, non essere d’accordo. Abbiamo detto che la nostra posizione non è stata affatto tiepida, è stata ferma per quanto riguarda l’attacco a Rafah”.

28 marzo, 2024: in Libano, la premier Giorgia Meloni saluta i militari italiani dell’UNIFIL (Foto Palazzo Chigi)

Tajani quindi ha chiarito anche lo stato dell’esportazioni di armi italiane verso Israele: “Dal 7 di ottobre non è mai più stato autorizzato l’invio di armi a Israele. Non sono state più concesse autorizzazioni per vendita di armi, cosa che ha provocato anche una polemica forte nei miei confronti da parte del governo e sulla stampa israeliani”.  “Detto ciò – ha precisato Tajani – le licenze autorizzate prima del 7 di ottobre sono state analizzate tutte caso per caso. In base alle caratteristiche dei materiali, sono stati inviati in Israele solo quelli che non possono essere utilizzati contro la popolazione civile, come pezzi di ricambio radio, perché formalmente sono ausili militari, ma non sono bombe antiuomo”. “Credo che tutte le istituzioni internazionali abbiano apprezzato il rigore dell’Italia – ha aggiunto il vice premier – Non abbiamo mai negato di essere amici di Israele, ma anche durante gli incontri che ho avuto in Israele ho ricevuto molte critiche da parte del governo israeliano, anche direttamente dal ministro degli Esteri che mi chiedeva di rivedere la posizione italiana, e io gli ho risposto che la legge italiana non prevede la possibilità di vendere a un Paese che è in guerra materiale bellico”.

Displaced Palestinians live in a destroyed UNRWA school after the Israeli army asked them to evacuate the city of Rafah, in the Khan Yunis camp in the southern Gaza Strip. 19 May, 2024. Since 07 October 2023, up to 1.7 million people, or more than 75 percent of the population, have been displaced throughout the Gaza Strip, some more than once, in search of safety, according to the United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA), which added that the Palestinian enclave is ‘on the brink of famine’, with 1.1 million people (half of its population) ‘experiencing catastrophic food insecurity’ due to the conflict and restrictions on humanitarian access. EPA/HAITHAM IMAD

Infine Tajani ha ricordato che nei confronti dei palestinesi, l’Italia ha preso una decisione importante di cui in passato aveva ricevuto delle critiche, incluse dall’ONU. “L’Italia ha ripreso a corrispondere fondi all’Unrwa, l’Agenzia Onu per i profughi palestinesi, per 5 milioni di euro per progetti specifici in Cisgiordania, e per i profughi palestinesi presenti in Siria, Libano e Giordania”. Tajani ha assicurato che l’Italia ritiene “valida l’inchiesta indipendente” condotta sull’operato dell’Agenzia Onu, ma ha chiarito che “i progetti finanziati saranno sottoposti a attento vaglio per far sì che i progetti vadano a beneficio della popolazione civile”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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