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Atroce rapporto ONU sui bambini nei conflitti: Virginia Gamba delude ancora

La funzionaria argentina delle Nazioni Unite presenta ai giornalisti i terribili dati che accusano anche Israele, ma nel suo ruolo è sempre più inadeguata

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

Al Palazzo di Vetro è stato presentato giovedì uno dei rapporti “emotivamente” più attesi dell’anno: quello che misura i dati sulla violenza contro i bambini coinvolti nei conflitti armati. Nei dati – che riguardano lo scorso anno – emerge un aumento “scioccante” del 21% delle violazioni estreme, ha scritto il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nel rapporto al quale lui mette la firma.

Il rapporto è redatto dalla rappresentante speciale del Segretario generale per i bambini e i conflitti armati, la funzionaria argentina Virginia Gamba. Dopo anni di carriera in vari dipartimenti dell’ONU, Gamba è arrivata ad occuparsi con la massima responsabilità della questione forse più scottante, almeno per quanto riguarda le eventuali reazioni dell’opinione pubblica mondiale quando con quel rapporto si indicano i paesi responsabili di atroci sofferenze contro i bambini fino alla loro morte. 

A young boy recovers in hospital in Gaza after the shelter he was living in with his family was bombed. (Photo UNICEF/Tess Ingram )

L’anno scorso, secondo il rapporto annuale sui bambini e i conflitti armati  che verrà consegnato al Consiglio di Sicurezza che lo discuterà in una sessione dedicata, i bambini sono stati uccisi e mutilati in un numero senza precedenti in paesi come Israele e i territori palestinesi occupati, in particolare Gaza; Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Ucraina.

Secondo il rapporto, l’aumento allarmante è dovuto alla natura in evoluzione, alla complessità e all’intensificazione dei conflitti armati, nonché all’uso di armi esplosive nelle aree popolate.  L’ONU ha verificato quasi 33.000 gravi violazioni che hanno colpito più di 22.500 bambini, soprattutto ragazzi, in 26 situazioni in tutto il mondo.  I numeri più alti riguardano gli omicidi e le mutilazioni, con 11.649 bambini colpiti, un aumento del 35% rispetto al rapporto dello scorso anno.  Successivamente sono stati reclutati e utilizzati 8.655 bambini e rapiti altri 4.356.

Sebbene più della metà delle violazioni siano state commesse da gruppi armati non statali, compresi quelli designati come terroristi dalle Nazioni Unite, le forze governative sono state le principali responsabili di uccisioni e ferimenti, attacchi a scuole e ospedali e negazione dell’accesso umanitario.

Il rapporto rileva che il conflitto in Israele e nei territori palestinesi occupati ha portato ad un aumento del 155% delle gravi violazioni contro i bambini.  “Sono sconvolto dal drammatico aumento e dalla portata e intensità senza precedenti di gravi violazioni contro i bambini nella Striscia di Gaza, in Israele e nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, nonostante i miei ripetuti appelli alle parti affinché attuino misure per porre fine a gravi violazioni” Guterres ha scritto nella presentazione del rapporto, che è stato presentato in conferenza stampa ai giornalisti del Palazzo di Vetro da Virginia Gampa, colei che quel rapporto ha la responsabilità di prepararlo.

Il rapporto annuale contiene un allegato dei soggetti che commettono gravi violazioni. Come è già stato ampiamente riportato, per la prima volta le forze armate e di sicurezza israeliane sono state coinvolte nell’uccisione e nel ferimento di bambini e nell’attacco a scuole e ospedali.  Anche Hamas e la Jihad islamica palestinese sono stati aggiunti alla lista per la prima volta per aver ucciso, ferito e rapito bambini.

Il rapporto rileva che la guerra in Sudan ha portato a un aumento “sconcertante” del 480% delle gravi violazioni.    L’esercito sudanese e l’esercito rivale, le Forze di supporto rapido (RSF), combattono da più di un anno ed entrambi sono sulla lista nera per aver ucciso e mutilato bambini e per aver attaccato scuole e ospedali.  Le RSF hanno anche reclutato e utilizzato bambini, oltre a commettere stupri e altre violenze sessuali contro di loro. Nonostante il moltiplicarsi e l’escalation delle crisi descritte nel rapporto, l’anno scorso più di 10.600 bambini precedentemente associati a forze o gruppi armati hanno ricevuto protezione o sostegno al reinserimento.

“No bullets. One rose for each child.” These were the powerful words of 10-year-old Majd during a psychosocial session delivered by the UN Children’s Fund (UNICEF) and partners in Sudan. (Photo Unicef)

Le Nazioni Unite hanno avviato o continuato il dialogo con le parti in conflitto in luoghi come Burkina Faso, Camerun, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Iraq, Israele e territori palestinesi occupati, Mali, Mozambico, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Siria, Ucraina e Yemen.  In alcuni casi, questo impegno ha portato all’adozione di misure volte a una migliore protezione dei bambini.

Gamba, nel presentare il rapporto ha affermato che è “un campanello d’allarme”.  “Stiamo deludendo i bambini”, ha affermato, ma almeno al Palazzo di Vetro a deludere i bambini è soprattutto lei, che ha delle responsabilità pesanti per essere stata sempre in ritardo o peggio latitante quando invece serviva essere al centro dell’attenzione. “Chiedo alla comunità internazionale di impegnarsi nuovamente a favore del consenso universale per proteggere i bambini dai conflitti armati e invito gli Stati ad adempiere alla loro responsabilità primaria di proteggere le proprie popolazioni e di rispettare tutte le norme e gli standard applicabili nella gestione delle situazioni di conflitto armato”, ha detto Gamba.

Virginia Gamba, Special Representative of the Secretary-General for Children and Armed Conflict, briefs reporters at UN Headquarters. (UN Photo/Mark Garten)

Quando è stata la volta delle domande, Gamba è stata messa sotto dai giornalisti presenti, che l’hanno accusata di aver coperto o ritardato la divulgazione di certi dati e quindi di parzialità o semplicemente non essere all’altezza del compito. La funzionaria dell’ONU argentina si è difesa, dicendo più volte che lei ha seguito le “procedure” (era stata accusata per esempio di non aver parlato della situazione a Gaza nei suoi interventi al Consiglio di Sicurezza ma lei ha detto che quel giorno “spettava ad altri”). Nel difendersi e cercare scuse, Gamba ha mostrato continuamente un irritante atteggiamento “burocratico”, come volesse dare l’impressione che alla fine il suo lavoro fosse solo quello di “monitorare”, mettere insieme dei dati, per poi compilare il rapporto.

I giornalisti israeliani così come quelli palestinesi, l’hanno attaccata con accuse di parzialità (gli israeliani) per aver contestato al governo d’Israele azioni che non vengono mai contestate ad altri, o di latitanza (i palestinesi), per non essersi mai recata finora a Gaza, dopo il 7 ottobre, per vedere con i suoi occhi le sofferenze dei bambini.

Gamba ci è sembrata soprattutto inadeguata al suo delicato compito per l’atteggiamento che ha avuto in tutti questi mesi con l’informazione verso il pubblico in generale. Chi dovrebbe suonare le campane d’allarme grazie all’autorevolezza che le viene dall’incarico di monitorare per il Segretario Generale dell’ONU cosa accade ai bambini nei conflitti, dovrebbe essere pronta a svergognare pubblicamente e prontamente, mentre i crimini stanno ancora accadendo, i colpevoli che affliggono l’infanzia e l’umanità. Invece Gamba è apparsa una “desaparecidos”.  Mai una conferenza stampa al momento e nel luogo giusto, mai un video rilanciato su internet quando sarebbe servito forse a salvare vite, mai un segnale da parte sua che scuotesse il Palazzo di Vetro e soprattutto i governi dei 193 stati membri. 

Certo, il rapporto pubblicato oggi e presentato alla stampa, è pieno di dettagli e dati che non lasciano dubbi. Ma la prima a darsi una scossa con quel rapporto deve essere Virginia Gamba – se resterà ancora in quel posto – che dovrà subito dare segnali di possedere una sensibilità che va oltre il suo ruolo di funzionaria diplomatica, dando un segnale forte di voler essere coinvolta non solo nel “monitorare”, ma soprattutto nella difesa dei bambini con ogni mezzo mediatico, pronta a svergognare chi li vuol far diventare i principali obiettivi dei conflitti in corso. 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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