C’era una volta l’ISIL, quello stato islamista che si espandeva come una piovra tra Iraq e Siria. Quello Stato non esiste più, apparentemente è stato sconfitt e i suoi leader sono stati uccisi, sono in prigione o in fuga, ma il pericolo delle azioni terroriste di quella ideologia islamista in Medio Oriente e nel mondo, resta alto. Così il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha ascoltato il rapporto annuale sullo stato di questa lotta anti-terrorismo contro il terrorismo islamista in cui un’azione multilaterale risulta decisiva.
“La sola forza non è la risposta”, ha detto agli ambasciatori del Consiglio di Sicurezza Vladimir Voronkov, sottosegretario generale per l’Ufficio antiterrorismo dell’ONU. “Sono indispensabili risposte globali, saldamente ancorate alle strategie politiche, ancorate al diritto internazionale e basate su approcci che coinvolgano tutto il governo e tutta la società”.
Riferendosi al rapporto del Segretario generale sulla continua minaccia rappresentata dal Da’esh – noto anche come ISIL o ISIS – Voronkov ha sottolineato che il gruppo rimane una minaccia, in particolare nelle zone di conflitto, nonostante i recenti progressi compiuti. In particolare, c’è stata una sostanziale riduzione delle capacità operative di Da’esh. Il prolungato ritardo nell’annuncio di un nuovo leader dopo l’uccisione del suo predecessore è indicativo di sfide interne al gruppo, ha affermato.
Inoltre, gli sforzi degli Stati membri per contrastare il finanziamento del terrorismo hanno prodotto risultati tangibili, con le attuali riserve finanziarie del Da’esh stimate tra i 10 e i 25 milioni di dollari, significativamente inferiori rispetto agli anni precedenti, ha aggiunto Voronkov che ha inoltre sottolineato importanti progressi nella lotta agli affiliati Da’esh in Afghanistan, Indonesia, Malesia, Egitto e Mozambico.
Nonostante questi risultati, il rischio di una rinascita del Da’esh rimane, come evidenziato dall’aumento degli attacchi in Iraq e Siria, a dimostrazione della resilienza del gruppo, ha continuato. Da’esh e i suoi affiliati rimangono una forza nell’Africa occidentale e nel Sahel, con la vasta regione che sperimenta un deterioramento e un ambiente di sicurezza sempre più complesso a causa delle controversie locali unite all’agenda e alle operazioni di questi gruppi estremisti.
In conclusione, Voronkov ha ribadito l’impegno delle Nazioni Unite negli sforzi antiterrorismo, esortando gli Stati membri a considerare le conseguenze indesiderate che derivano da alcune misure. Ha inoltre sottolineato l’importanza di radicare gli sforzi antiterrorismo nel diritto internazionale, compresi i diritti umani e il diritto umanitario, e ha citato l’importanza della prevenzione. “Affrontare il conflitto stesso rimane la nostra migliore speranza per mitigare la minaccia rappresentata da Da’esh e da altri gruppi terroristici”, ha affermato.
Prima della riunione, il segretario generale dell’Interpol, Jürgen Stock, è andato allo stake-out per anticipare ai giornalisti cosa avrebbe detto al Consiglio di Sicurezza. In sostanza, che seppur di molto indebolito, “non si può abbassare la guardia contro Da’esh” e si deve continuare a “diminuirne” le sue potenzialità di attacco. Quando gli è stato chiesto se il tentativo di Israele di eliminare completamente Hamas, fosse tanto vano quanto quello di Da’esh, che come lui aveva detto come pericolo si può solo “diminuire” ma non “eliminare totalmente”, Stock ha risposto che era venuto per parlare di Da’esh, per il quale “bisogna tenere alta la pressione”. Si tratta, ha concluso il capo dell’Interpol, di una “ideologia”, con quel pericolo terroristico del “lupo solitario” sempre in agguato nel mondo.