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In Libano è iniziata la resa dei conti tra Israele e Hezbollah

Altri scontri con vittime al confine dove l'ONU ha dislocati diecimila caschi blu

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
In Libano è iniziata la resa dei conti tra Israele e Hezbollah

UN Under-Secretary-General for Peace Operations Mr. Jean-Pierre Lacroix (left) visited UN Position 1-31 located on the Blue Line near Alma Chaab, south Lebanon. 12 January, 2024. (Photo by Pasqual Gorriz/UN)

Time: 3 mins read

La guerra tra Israele e Libano può essere ancora evitata? Ci spera il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, nel giorno in cui si contano ancora una volta le vittime al confine tra i due Paesi, dopo un attacco di Hezbollah e la rappresaglia della Idf. “La recente escalation è pericolosa e deve essere fermata”, ha detto il suo portavoce Stephane Dujarric, che cita poi un rapporto di UNIFIL su “un cambiamento preoccupante negli scontri a fuoco tra le Forze armate israeliane e i gruppi armati in Libano”, con attacchi anche “lontani dalla Blue Line”, il confine demarcato dall’Onu nel 2006 dopo il ritiro di Israele dal sud del Libano. “L’UNIFIL, la missione di mantenimento della pace, continua a essere pienamente impegnata con le parti per ridurre le tensioni e continua ad attuare il suo mandato. Le forze di pace rimangono operative sul terreno nonostante i crescenti rischi e sfide” ha detto Dujarric durante il briefing.

Del resto il portavoce dell’UNIFIL Andrea Tenenti, già il 2 febbraio, in un’intervista al nostro giornale, ci aveva avvertito di ritenere ormai probabile una escalation tra Israele e Hamas, aggiungendo che la missione dell’ONU (che conta in totale diecimila caschi blu tra cui mille italiani) sarebbe rimasta operativa.

La dislocazione dei caschi blu dell’UNIFIL in una mappa del 2018

Ormai la resa dei conti tra Israele ed Hezbollah appare imminente e rischia di trascinare in guerra anche il Libano e agire, ancor più di Gaza, da detonatore in un conflitto allargato in Medio Oriente.

I miliziani sciiti alleati dell’Iran mercoledì hanno colpito nuovamente il nord di Israele, nelle località da dove sono già sfollati migliaia di civili israeliani dal 7 ottobre scorso. In questo attacco, è stata centrata una base militare, dove è stata uccisa una soldatessa di 20 anni, Amer Sarah Benjo, mentre altri militari sono stati feriti. Israele ha reagito subito, bombardando nel territorio libanese, ben oltre la frontiera e il fiume Litani, “compound militari, centri di controllo operativi e strutture terroristiche”, ha riferito un portavoce dell’IDF.

Fonti dei media libanesi – legati agli Hezbollah – hanno riferito di quattro morti civili negli attacchi israeliani, tra cui una donna e i suoi due figli.

An armored vehicle of the United Nations Interim Forces in Lebanon (UNIFIL) patrols in Khiyam plain, near the border with Israel, in Lebanon, 29 December 2023. Tensions are rising on the border between Israel and Lebanon as the Israeli-Palestinian conflict continues. EPA/STR

Durante il briefing al Palazzo di Vetro abbiamo anche chiesto al portavoce Dujarric se, continuando a bombardare villaggi libanesi uccidendo civili, come risposta agli attacchi di Hezbollah, Israele non stia violando il diritto internazionale. “Attaccare i civili, attaccare le infrastrutture civili in qualsiasi parte del mondo non è legale” ha risposto il portavoce di Guterres, che ha aggiunto: “Sembra essere un fatto basilare, giusto? Quindi non dovremmo mai giustificare l’uccisione di civili, ovunque si trovino nel mondo. I nostri colleghi di peacekeeping stanno facendo del loro meglio per cercare di calmare la situazione. Esiste un meccanismo attraverso il quale le forze di difesa israeliane e le forze armate libanesi in presenza delle Nazioni Unite possono provare a ridurre la tensione, e noi vogliamo che questo meccanismo venga utilizzato”.

Quando abbiamo replicato che il governo libanese già settimane fa aveva inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza – e anche al Segretario Generale dell’ONU – per far tenere al più presto possibile una riunione specifica su questa escalation con Israele, Dujarric ha replicato: “Spetta al Consiglio decidere quando si riuniranno. Ovviamente, e penso di averlo già detto, una voce unitaria e il sostegno del Consiglio di Sicurezza nei confronti dei nostri sforzi di mantenimento della pace sono sempre benvenuti”.

Israele da tempo chiede – in base alla risoluzione 1701 dell’Onu – che Hezbollah si ritiri oltre il fiume Litani e la Francia infatti sta lavorando ad un piano di mediazione basato su questo.

Intanto si teme per le operazioni di terra israeliani a Rafah, dove sono ammassati oltre un milione di sfollati. Netanyahu anche oggi ha minacciato un attacco finale contro Hamas appena saranno sgomberati i civili. Ma l’ONU come altre agenzie umanitarie non hanno ricevuto dagli israeliani alcun piano per assicurare la salvezza dei civili. Il presidente francese Emmanuel Macron, in una telefonata con il premier israeliano, ha affermato che il bilancio dei morti a Gaza è “intollerabile” e che le operazione israeliane devono “cessare”. La Francia ha sottolineato l’urgenza di concludere un accordo su un cessate il fuoco che garantisca finalmente la protezione di tutti i civili e l’accesso massiccio degli aiuti.

Intanto al Palazzo diVetro, tra i diplomatici dei paesi membri del  Consiglio di Sicurezza,  circola da giorni una bozza di risoluzione preparata dall’Algeria che chiede il cessate il fuoco immediato a Gaza, ma gli Stati Uniti, tramite l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield, hanno fatto sapere che non possono appoggiare la risoluzione così come è formulata. Anche il Regno Unito avrebbe espresso dubbi. Si prevede che la risoluzione verrà messa ai voti tra pochi giorni, mentre si continua a trattare tra i Quindici per evitare il veto di USA e UK.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023 I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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