Il 44% delle 1189 specie migratorie che i Paesi membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a proteggere sono in declino. Ancora peggio: il 20% di queste rischia l’estinzione. A rivelarlo, durante la conferenza delle Nazioni Unite sulla conservazione della fauna selvatica, è stato il report “State of the World’s Migratory Species” dello United Nations Enviroment Program (UNEP), che dal 1972 si occupa di studiare il cambiamento climatico per tutelare l’ambiente e usare in modo sostenibile le risorse naturali. È il primo documento ufficiale che offre una valutazione così completa sullo stato delle specie migratorie.
Dagli elefanti africani alle tartarughe marine, milioni di animali alla ricerca di cibo attraversano mari e monti. Particolarmente a rischio estinzione quasi tutte (97%) le specie di pesci protette dall’UNEP. Più della metà dei siti ritenuti come “importanti per gli animali” non si trovano sotto l’ala di protezione e anche più della metà di quelli che vi si trovano stanno subendo conseguenze gravissime a causa dell’azione dell’essere umano. Inoltre, all’appello UNEP mancano 399 spiecie migratorie in procinto di estinguersi.
Sono “creature che non solo agiscono come indicatori del cambiamento ambientale, ma svolgono un ruolo integrale nel mantenere la funzione e la resilienza dei complessi ecosistemi del nostro pianeta”, ha detto Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’UNEP. Andersen ha poi ammonito i Paesi membri delle Nazioni Unite: “La comunità globale ha l’opportunità di tradurre queste ultime conoscenze scientifiche sulle pressioni cui sono sottoposte le specie migratorie in azioni concrete di conservazione. Non possiamo permetterci ritardi”.
Solo l’essere umano, che da decenni costringe interi branchi a spostarsi o a dividersi a causa del sovrasfruttamento del terreno e dell’inquinamento, può sovvertire questa terribile tendenza.